Mancavano poche ore, almeno a detta di mia madre che guardava concentrata la strada mentre altre macchine sfrecciavano affianco alla nostra. Non mi ha mai infastidita il silenzio ma quella volta sì. Pensavo a tutto tranne a quello che stava succedendo. Osservavo i campi e le nuvole poggiata al finestrino, incurante della testa che ogni tanto ci sbatteva contro. Mordichiavo le unghie e giocavo con la cintura di sicurezza che avevo sul petto. -Andrà tutto bene tesoro. Sai che non abbiamo altra scelta- a spezzare quel silenzio opprimente furono le parole rassicuranti di mia madre. Mi provocò un nodo alla gola che provai a buttare giù. -Sì mamma, tranquilla- le sorrisi e le strinsi la mano con forza cercando di essere io quella tranquilla e trasmetterle sicurezza perché come io stavo male anche per lei non era facile.
Quando mi svegliai la macchina era ferma e mi madre non c'era. Mi stiracchiai e abbassai lo specchietto per darmi un occhiata. Un viso stanco ,segnato da profonde occhiaie, e circondato da capelli sparpagliati mi guardava. Ero in un autogrill e non molto lontano riuscivo a intravedere una citta: Milano. Scesi dall'auto e fui sollevata nello stendere finalmente le gambe. Dentro l'autogrill tra tanta gente vidi mia madre con i suoi ricci biondi e occhiali da sole, bersi un caffè. -Buongiorno dormiglione! Siamo quasi nella nuova casa! Non sei contenta? Vuoi qualcosa da mangiare?- diciamo che la sua ansia aveva lasciato spazio al entusiasmo. Mentre io non ci ero neanche lontanamente vicina e nemmeno ci provavo. -Voglio un cornetto vuoto, caldo-
Ormai non potevo più sperare che fosse tutto uno scherzo, che magari stavo sognando o che sarebbe cambiato qualcosa. Non con le palazzine sovrastanti di fronte a me. Non con le signore che sbirciavano dai balconi per vedere le nuove arrivate. Non con mia madre che aveva le chiavi della nuova casa in mano.
L'entrata era semplice e si poteva notare come il tempo e le persone abbiano lasciato il segno.
Un foglio scritto a mano avvisava che l'ascensore era guasto. Per fortuna i scatoloni del trasloco erano arrivati il giorno precedente.Farsi tre piani di scale a piedi non fu il miglior benvenuto in un posto dove non volevo trovarmi ma poi pensai che nemmeno un buon benvenuto avrebbe cambiato il mio pensiero. L'appartamento era stranamente accogliente e tirai un sospiro di sollievo quando vidi che la mia nuova camera a livello di spazio era addirittura più grande della mia vecchia stanza. Dal salotto sentivo mia madre fare commenti di apprezzamento verso l'arredamento e su come ci saremmo trovate benissimo qui, a Milano.
Passai tutto il resto del giorno a mettere apposto i miei vestiti e la mia roba. Non avevo lasciato indietro nulla. Stavo stirando i vestiti che si erano stroppicciati nel viaggio quando mia madre, Elena, mi disse che dovevamo uscire per fare un po' di spesa e magari iniziare a familiarizzare con il posto. Non potevo dire no.
Mi stavo stringendo nella mia grande felpa rosa e mi incaminavo verso la Lancia grigia di mamma quando sentii delle voci pesanti e vivaci. Vidi un gruppo di ragazzi e mi chiesi se vivessero nelle palazzine adiacenti o addirittura nella mia. Ridevano e dalle loro bocche si alzavano nuvole di fumo. Quella scena mi fece pensare al lato peggiore della mia situazione: ero completamente sola. Mi passarono accanto e io cercai di non guardarli ma nonostante i miei tentativi feci contatto visivo con degli occhi verdi.