Quella mattina mi dedicai alla mia macchina da cucire. Era già da un po' che lavoravo su quel abito e ci stavo mettendo tutta me stessa. Quella era una mia piccola passione. Non ero esperta ma riuscivo a creare ciò che mi mettevo in testa. Mia madre stava al lavoro e Andrea disse ieri sera che sarebbe stato in studio. Trascorsi il mio tempo lì, nella mia stanza seduta, a cucire, fino all'ora di pranzo. Riscaldai il riso fatto da mia madre e mangiai con la televisone della cucina accesa.
Il sole fuori era debole ma il clima era comunque caldo.Verso le cinque del pomeriggio mi chiamò Martina invitandomi da lei. Ero felice e di buon umore quindi fui svelta ad attraversare il piazzale e citofonarle.
-Margot mi sei mancata!- mi invitò ad entrare e mi avvolse in un abbraccio. -Anche tu sai.- eravamo sole in casa. -Voglio che oggi abbiamo una giornata tra ragazze e stasera dobbiamo uscire.- disse con un espressione serena. Mi faceva piacere vederla vera nei miei confronti. -Certo. Come mai tutto questo?- dissi incuriosita. Lei sbuffò. -Ti ricordi che ho litigato con la mia miglior amica? Beh la situazione non sembra migliorare e sai cosa? Meglio così non ho bisogno di una persona gelosa nella mia vita. - disse seria con un tono ferito. La capivo, avvolte è meglio liberarsi delle persone che ci fanno star male, anche se è dura. -Stai tranquilla che oggi ti faccio stare meglio io. - le presi il braccio e andammo in camera sua. Passammo il pomeriggio a farci trucchi estravaganti e parlare e parlare. Mi stavo divertendo e mi sentivo il cuore gioire da questa tranquillità. Ero grata di poterla chiamare amica. La mia prima amica qui, a Milano. Quando finì di farle i capelli mossi, usando la piastra, mi resi conto dell'orario. Erano le otto. -Allora ora ci vestiamo e usciamo- disse guardandosi allo specchio. -Mi sento bellissima, grazie.- e mi abbracciò nuovamente.Tornai a casa e provai molti vestiti ma nulla mi piaceva quella sera. Il mio letto era cosparso di gonne e magliettine, pantaloni e vestiti.
Ero in intimo di fronte all'armadio aperto e stavo per avere una crisi di nervi. Feci versi di disperazione e mi coprì il volto con le mani. Odiavo quando mi trovavo senza idee.
Esasperata presi de pantaloni beige leggeri e larghi e ci abbinai un body e delle sneakers.Martina mi portò in un locale elegante pieno di gente. Eravamo nel centro di Milano e rimasi stupida dalla bellezza che possedeva.
-Voglio bere.- esclamò Martina e io mi aggiunsi a lei. Un po' d'alchool non poteva che migliorare la serata.Erano già parecchi minuti che Martina rideva alle mie battute e si piegava su se stessa mentre i lunghi capelli biondi le coprivano il viso. -Basta mi stai facendo piangere.- disse tra le risate mentre si asciugava sotto gli occhi stando attenta al trucco. -Stai proprio bene sai?- le rivelai osservandola e buttando giù un'altro bicchiere di prosecco. -Anche tu! Dobbiamo farci una foto.- e non finì neanche di parlare che fermò un cameriere per farci fare una foto. Ci abbassammo gli occhiali da sole sul viso e ci mettemmo in posa. -Oddio è stupenda la devo assolutamente postare.- io la guardai e confermai. -Hai ragione sembriamo delle dive- e scoppiammo nuovamente a ridere.
Uscimmo dal bar mantenedoci l'una all'altra e dopo pochi passi decidemmo che ci serviva un passaggio viste le nostre condizioni. Prese il telefono e fece partire una chiamata. Dentro di me speravo si trattasse di Andrea ma, quando una macchina blu si fermò vicino a noi e uscì un ragazzo che non conoscevo, capì che non fosse lui. -Cazzo come state- esclamò mentre salutava Martina. -Noi ci siamo già conosciuti ieri sera. Sono Zack.- e allora mi sforzai di ricordare bene l'altra sera e il viso del ragazzo di fronte a me sembrò più famigliare.
Entrate in macchina mi riscaldati. La sera faceva freddo a prescindere che fosse estate. -Andrea sa che siete ubriache e sole?- chiese riferito anche a me infatti vidi il suo sguardo su di me attraverso lo specchietto. -No e non sono affari suoi.- rispose infastidita la mia compagna di bevute. -Io penso di sì invece.-Cercai di fare il più silenzio possibile. Mi tolsi le scarpe e le lasciai vicino alla porta e camminai in punta di piedi nella mia stanza facendomi luce con il telefono. Mamma dormiva e le luci erano tutte spente. Presi il pigiama e mi chiusi in bagno.
Una volta messa nel mio letto, al caldo tra le coperte, presi il telefono. Un messaggio da parte di mamma che mi diceva di fare attenzione e delle notifiche da instagram. Martina aveva postato la nostra foto taggandomi. Commentai il post con "M&M" e dopo pochi minuti vidi un profilo mettere like al commento per poi seguirmi. Capì che si trattasse di Andrea. Ricambiai il follow e poi poggiai il telefono sul comodino, in carica.
Stavo per prendere sonno quando sentì il telefono vibrare.
Era Andrea. Risposi sussurrando: -Pronto- mi misi seduta sul letto. -Scendi.- aveva un tono autoritario. -Non posso sono in pigiama.- mi lamentati. E poi ero appena rientrata, avevo freddo e l'effetto dell'alchool ancora addosso. -Dieci minuti. Ti aspetto.- e detto questo chiuse la chiamata. Io rimasi scioccata e pensai che avrei dovuto lasciarlo ad aspettare tutta la notte. Ma il mio era un cuore gentile quindi da sopra il pigiama misi una felpa e le mie ciabatte. Non sarei mai riuscita a rimettermi le scarpe. Girai la chiave lentamente cercando di non disturbare il sonno leggero di mia madre e uscì.Appena lo vidi di fronte al portone del palazzo mi pentì di essere scesa in quelle condizioni. Abbassai lo sguardo e cercai di non pensarci. Lui aveva dei jeans chiari stretti e una giacca nera sopra la t-shirt. Il viso era teso. -Ciao Andrea, che succede?- chiesi sussurrando. Ero di fronte a lui e mi guardava fisso negli occhi. -Non dovevi andare sola lì.- continuò a guardarmi. Io ero confusa. Mi aveva fatta scendere per questo? -Non ero sola, stavo con Martina.- gli spiegai mentre chiudevo la zip della mia felpa. -Ubriache e sole alle due di notte non è sicuro.- continuò la ramanzina. Sorprendendo me stessa per prima dissi: -Ma che t'importa non è successo niente. Perché sei arrabbiato con me.- ora non badavo più a parlare piano ma alzai la voce, arrabbiata. -Certo che m'importa Margot. La prossima volta vorrei essere avvisato. Almeno mando qualcuno se io non posso. Non sono arrabbiato con te.- disse calmo. Dopo la sua risposta mi sentì in colpa. E lo guardai pentita. -Vabene.- tornai a sussurrare. -Dai non fare così, vieni qui.- aprì le braccia e mi strinse a sé. Era caldo e temevo di addormentarmi nel suo abbraccio. Mi diede la buonanotte con un bacio sulla testa.
Quella notte, o mattina, lo sognai.
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