Quando mi svegliai ero avvolta dal buon umore. Le lenzuola arrotolate tra le gambe e il pigiama alzato sui fianchi, con l'intimo in vista. Aprì gli occhi e vidi la mia nuova stanza cosparsa di luce, fuori era alto il sole. I miei occhi andarono subito alla ricerca di Andrea. I ricordi di lui che mi teneva stretta al suo corpo quasi nudo e caldo, che mi dava i morsi sulla pelle e lunghissimi baci, lui che mi annusava e infilava le gambe tra le mie. Lui che mi fece trovare il collo viola e le labbra rossee. Ero spaesata. Andai a cercarlo in bagno ma niente. Dove poteva essere? Presi il telefono e vidi un suo messaggio, inviato alle sette di quella mattina. Diceva di avere un impegno e che si scusava. Diceva che sembro un angelo mentre dormo e che gli mancheranno i miei baci. L'iniziale tristezza per via del fatto che se ne fosse andato fu sostituita dalla felicità. Il mio Andrea. Mi sentivo le farfalle nello stomaco e una voglia di ballare. Ancora con il telefono in mano notai il caos causato dalla storia che misi ieri notte, o mattina, dipende dai punti di vista. Era Andrea, o meglio, la sua schiena nuda. La scattai mentre ci stavamo coccolando e non mi sembrava sbagliata condividerla. Era il mio ragazzo. Risposi subito a Martina e al suo shock: "Brutta zoccola, così me lo fai scoprire? Colpo al cuore, ma vi amo." Le mandai un bacino e le chiesi se quel giorno potessimo vederci. Dovevamo aggiornarci.
Scesi in cucina e vidi Angela che puliva il bancone di marmo nero. -Buongiorno signorina Margot.- Mi salutò con un sorriso caldo. -Buongiorno, non c'è bisogno di chiamarmi signorina.- le dissi perché tutta quella formalità da una persona più grande, mi metteva a disagio. Lei annuì e mi chiese cosa volessi per colazione. -Suo padre è già uscito ma torna per pranzo e ci sarà anche Valentina. Vorrebbe pranzare con voi.- mi informò mentre addentavo un muffin caldo. Non era allettante come proposta ma non potevo rifiutare. Non dovevo passare io dalla parte del torto. Dovevo mostrarmi gentile e a lei l'avrei attaccata al momento giusto.
Il silenzio in quella casa gigantesca si percepiva in modo differente. Quasi nostalgico. Per fortuna c'era Angela che dalla cucina faceva arrivare qualche suono. Accessi la televisione e mi sembró di essere in un cinema. Tutto era eccessivo e incredibilmente grande e lussuoso. Quasi mi arrabbiai al pensare come avessimo vissuto io e mia madre fino ad allora. Con mia madre non avevo ancora parlato. Continuava a mandarmi messaggi e a chiamarmi, ma la ignoravo. A quel ora non trasmettevano nulla di lontanamente interessante quindi misi su un canale di musica. Intanto avevo il telefono tra le mani: "Mi manchi anche tu." Scrissi ad Andrea e poi andai a vedere le foto che gli avevo fatto ieri. Era impossibile essere così belli. Impostai come sfondo del cellulare una di quelle foto. Era il mio ragazzo. Al pensiero sorrisi e mi coprì il viso. Questa nuova situazione mi stava rendendo immune alle aspre parole che Internet mi riservava. Secondo loro ero una escort, che andava dietro ai soldi di Andrea e che in questione di giorni mi avrebbe scaricata. Insomma, una cazzata dopo l'altra. Ma io sapevo la verità: non riuscivavamo a stare l'uno senza l'altro.
Mi ricordai che quel giorno avrei rivisto Valentina e il mio umore prese una storta. Riuscivo già a vederla camminare ticchettando, con qualche vestitino firmato e guardandomi altezzosa. Avevo una mezza idea di cosa pensasse di me: la figlia ritrovata che cercherà di prendere il suo posto e i suoi privilegi. Non era questo il mio intento ma semplicemente stavo lì dove era il mio posto. Era così superficiale. So che l'apparenza inganna ma pensare male di lei mi aiutava. Non capivo come una ragazza con quelle possibilità economiche riuscisse a vestirsi in modo così scontato. Cosa combinerei se fossi al posto suo. Insomma diciamo che lo ero già solo che mi vergognavo ad usare la carta di credito che mio padre mi diede.
Le avrei fatto vedere io a quella, solo perché la prima volta che mi ha incontrata non ero molto presentabile non voleva dire che quel giorno, a pranzo, non l'avrei fatta rimanere a bocca aperta. Ero del idea che le marche non facessero tutto lo stile ma c'era busogno ancnche di un po' di creatività propria.Era decisamente troppo per un pranzo di famiglia. A casa, con mamma, sarei rimasta in pigiama. Invece ora ero addirittura con i tacchi. Speravo di star facendo la cosa giusta. Cercai di coprire i succhiotti con il correttore ma i risultati non erano allettanti, così mi spostai i capelli sul davanti.
Riuscivo a sentire delle voci provenienti da giù quindi, facendo un profondo respiro e facendomi forza, andai da loro.