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Mi sentì rimboccare le coperte e una carezza sulla testa. -Amore mio sto andando, ci vediamo a pranzo.- sussuró la voce angelica di mia madre e mi lasció un bacio sulla testa. Solo perché fu lei a disturbarmi il sonno non mi arrabbiai.

La seconda volta quella mattina che fui svegliata ero in dormiveglia. E sentivo un rumore assillante e insistente. Dopo un po' capì che si trattava del citofono e molto lentamente e controvoglia andai a rispondere. -Chi è?- nonostante io fossi in piedi la mia voce dormiva ancora. -Buongiorno scema.- la sua voce. Sorrisi automaticamente e aprì. Andrea era tornato. Intenta a godermi la felicità di quella notizia non mi resi conto di indossare soltanto una maglietta e di avere i capelli sparati e la faccia con i segni del cuscino. Ma non importava. Andrea era tornato, il resto era futile

Non gli diedi il tempo di entrare che gli saltai addosso. Le braccia strettissime intorno al collo. Ero sulle punte dei piedi e avevo troppa energia. -Piano piccola.- disse dall'incavo del mio collo. Le sue grandi mani erano sui miei fianchi e sentivo il loro calore. Mi era mancato essere sfiorata in quel modo. Ancora attaccata a lui entramo dentro casa. Mi stacai e lo guardai. Era l'Andrea di sempre: capelli scuri e leggermente arricciati, occhi chiari luminosi, labbra invitanti e scarpe bianche. Il mio petto si alzava e abbassava ad un ritmo un po' troppo veloce ed un calore si diffuse nel mio corpo. -Che bel benvenuto. Dovrei andarmene più spesso se mi accogli così.- scherzó lui divertito mentre mi avvicinó nuovamente a lui. Non riuscivamo a tenere le mani al loro posto. -Ora stai esagerando. Guarda che dobbiamo parlare noi due.- dissi tornando seria. Lui sospiró ma continuó a sorridere. Nascose la testa nel mio collo e il suo respiro, a così stretto contatto con la mia pelle, mi fece venire i brividi. -Non voglio parlare. Voglio le coccole.- e mi lasció un bacio nell'incavo del collo. Le mie guance furono colorate dal rossore. Gli sorrisi timidamente. -Sei bella.- mi guardó negli occhi e disse serio. Io guardai per terra imbarazzata. -Se devi mentire così almeno dillo quando non sembro un cesso.- andai in cucina e lui mi seguì. -Ma che stai dicendo. Se lo dico è perché lo penso veramente.- mi accarezzó la pancia con le dita. Alzai gli occhi al cielo. Accettai quel complimento, anche se incerta. -Come sono andati li show?- gli offrì un bicchiere di succo al ace e mi sedetti di fronte a lui. -Emozionante. È una cosa che mi piace veramente. Tutte quelle persone che cantano le mie canzoni mi danno forza.- parló con passione e mi sentí fiera di lui. -Non stare così lontana che non ti vedo da troppo tempo. Vieni qui.- e fece segno di andargli in braccio. -Vorrei che parlassimo.- per quanto fossi tentata di accettare cercai di darmi un contegno. -Stiamo parlando.- ridacchió. -Sai cosa intendo.- dissi severa mentre i flashback dei momenti precedenti al suo ritorno si fecero spazio nella testa. -Quindi niente coccole.- e porse il labbro al di fuori. -Se proprio dobbiamo ho bisogno di questo.- e da dentro i pantaloni di tuta dell'Adidas uscì una bustina trasparente di fumo. -Non qui assolutamente.- mi alzai. Mia madre già non sapeva che fumassi figuriamoci quello. -E dove vuoi che andiamo? Andiamo da me?- propose. Ci pensai bene e poi mi venne un idea proprio carina. -Andiamo sul terrazzo.-

La vista era mozzafiato. Non ci ero mai stata lì. Tutto sembrava piccolino e insignificante mentre io mi sentivo invincibile. -Allontanati da lì Andrea.- lo ripresi preoccupata vedendolo affacciarsi incurante. Avevo paura delle altezze e vederlo così mi fece tremare tutta. -Tranquilla baby, sono abituato.- mi sorrise felice. Sembrava effettivamente a suo agio, nel suo habitat. -Amo Milano.- disse mentre si sedette accanto a me, lontano dai bordi. -Vuoi fare tu?- mi chiese porgendomi la busta. -Non lo so fare, mi brucio tutta.- ammisi. Lui rise e prese l'accendino iniziando a sciogliere il fumo. -Ma come ti bruci?- continuò a ridere. Una risata spensierata che il venticello si portò con sé. -Non so neanche da dove iniziare a parlare.- cercai di aprire il discorso. Solo che provavo imbarazzo. -Da dove vuoi, io ti ascolto.- stava allineando la cartina. -Non voglio sembrarti pesante o scema o altro ma quando te ne sei andato senza dire niente ci sono rimasta molto male.- cazzo che vergogna. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi. -Guardami.- disse autoritario ma non severo. Io obbedì. -Non è mai il mio obbiettivo farti stare male quindi mi scuso. Non so dirti il perché ma non trovavo le parole giuste e non pensavo ti importasse.- stava parlando senza mai lasciare i miei occhi. Io annuì. -Pensavo che a te non importasse.- la voce sempre leggera e timida. -Ho fatto avere una caricata ad uno per te e pensi ancora che non mi interessi?- ridacchió mentre si accesse la canna. -Non dovevi. Hai proprio sbagliato. Non si reagisce così.- ora ero seria. Non era certamente da ridere ciò che aveva fatto a Francesco. -Se l'è meritato e per essere venuto da te e averti minacciato ha avuto le altre e quando lo avrò davanti lo finisco definitivamente.- aveva gli occhi cupi e l'espressione seria. Faceva paura ma non avevo timore di lui. -Non voglio che lo fai.- non volevo che si mettesse nei guai o che si facesse male. Mi accarezzó il viso. -Non pensarci, stai tranquilla. Hai altro da rinfacciarmi?- la sua mano continuava a girovagare sulla mia faccia e sul collo mentre mi mise la canna tra le labbra e io tirai. Morivo dalla voglia di chiedere spiegazioni sulla ragazza con cui fu visto ma non volevo che pensasse che fossi gelosa. Lo ero sì, ma non ne avevo alcun diritto. -Dai si capisce che c'è dell'altro. Forza dimmi.- mi incitó. Chiusi gli occhi e mi feci forza. -Chi era la ragazza di Venezia?- appena la domanda lasciò la mia bocca ero tentata di buttarmi giù. Lui mi guardò in silenzio. -Non so nemmeno come si chiama.- aveva spezzato il contatto visivo. E io mi sentì a disagio. -Oh.- dissi solo quello. -Ero ubriaco e fatto. Non è significato niente.- continuò e tornò a guardarmi. Cazzo. Non ebbi la reazione che mi aspetai. Diciamo che me lo sentivo già. -È ok non devi darmi spiegazioni.- e mi misi i capelli dietro le orecchie. -Sì invece. Ho pensato per tutto il tempo a te. Magari ti sembrerà strano e forse  sarebbe meglio se non te lo dicessi ma avrei voluto che ci fossi tu al suo posto.- e i miei occhi si fecero grandi e il respiro pesante. Questa cosa certamente andava oltre l'amicizia. Era strano sì, ma mi faceva piacere. Ero felice che volesse me e non lei. Solo me.
Avvicinai la testa a lui e la poggiati sulla sua spalla. Tutte le mie incertezze svanirono e al loro posto tornó l'affetto e la gioia che provavo grazie ad Andrea. -Giuro che stavo impazzendo quando ti ho vista nella storia di quel coglione.- disse mentre giocava con i miei capelli. Io ridacchia. -Sì è proprio un coglione.- e rise anche lui.

Quando si fece sera io ero lì già tutta pronta. La stavo aspettando da quando Andrea se n'era andato. Disse che saremmo usciti insieme agli altri suoi amici. E insistette sulla mia presenza. Quella sera mi ero messa un vestitino nero con una scollatura azzardata. Dopo le confessioni di Andrea volevo apparire bella ai suoi occhi. Mi ero anche truccata per bene e allisciata i capelli. Mamma mi riemí di complimenti e continuava a chiede se io e Andrea avessimo un appuntamento. Il pensiero mi faceva arrossire. Sarebbe un sogno un appuntamento con Andrea, ma mi accontentavo della sua compagnia.

La sua macchina aveva tracce del suo profumo. Andrea era sempre bello ma con le luci soffuse dei lampioni era una cosa inspiegabile. -Vuoi tentarmi oggi piccolina?- disse malizioso guardandomi e soffermandosi sul petto. Fui contenta della scelta d'abito. -Chi io?- sorrisi innocente. E lui si morse il labbro inferiore e si avvicinó per darmi un bacio umido sulla guancia. Si staccó di poco e scese e ne piazzò altri due sul collo. Le mie gambe erano diventate gelatina. Il mio corpo desiderava sentirlo ancora così vicino. -Dove andiamo?- chiesi una volta partiti. Andrea alla guida era sexy, ma poi pensai che io lo dicevo per ogni cosa che faceva. -Andiamo con gli altri a mangiare qualcosa e poi al locale.- spiegò mentre poggió la sua mano sulla mia coscia scoperta. Il gesto mi fece sorridere e misi la mia mano sulla sua. Vidi un flash e il ghigno di Andrea.

I ragazzi erano entusiasti di rivedere Andrea. Alcuni erano andati in tour con lui altri invece erano rimasti qui. Ormai mi stavo abituando ai loro modi di divertirsi. Erano dei ragazzi forti e tosti ma facevano cose da bambini per ridere. Era in corso una lotta tra Alessandro e Zack quando, vedendo storie a caso su Instagram mi scontrati con quella di Andrea e notai che eravamo noi. Non mi aveva taggata e non si vedeva il volto. Immediatamente mi innamorai di quella foto. Mi voltai verso di lui che era in piedi di fronte a me e gli sorrisi. Lui ricambió e mi abbracció facendomi poggiare la testa sul suo stomaco. Intorno a me tutto il resto sparì.

Cuci i miei tagli -ShivaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora