capitolo I
Come al solito mi svegliai accecata dalla luce del Sole e dal petulante suono della sveglia. Non era giornata. Scesi le scale e vidi mia madre discutere con mia sorella per una delle solite cazzate. Non era giornata nemmeno per loro. Presi coraggio e andai in cucina.
"Buongiorno anche a voi" dissi sarcastica.
Non mi degnarono neanche di uno sguardo. Ero stanca di non essere presa in considerazione da nessuno. Che due coglioni.
"Mamma credo di avere un virus" dissi tenendomi la pancia. Tutte balle. Non avevo voglia di tornare in quella merda che chiamano "scuola", avrebbero solo iniziato a prendermi per il culo e io sarei di nuovo finita con le spalle al muro e uno scimmione di due metri che mi minacciava, o ancora peggio di vedere le oche con le gonnelline, i tacchi e tanto di quel trucco che secondo me pesavano il doppio. No. Quella mattina non mi andava, così dopo aver fatto un po' di scena me ne tornai a letto.
I miei genitori e mia sorella uscirono dieci o venti minuti più tardi, e io potei finalmente godermi la casa tutta per me.
Non riuscivo a riprendere sonno e quindi mi misi le cuffie e fissai il soffitto. Mille pensieri affollavano la mia mente. Tra questi c'era l'orribile sensazione che domani il solito gorilla mi sbattesse al muro o per terra e iniziasse a prendermi per il culo. Odiavo essere trattata così. Odiavo quella scuola. Odiavo la mia vita.
Era solo per colpa loro se ero in depressione; non mangiavo, non uscivo con nessuno e specialmente non avevo amici. Stavo tutto il giorno in casa a fare i compiti o a guardare la televisone; spesso uscivo di casa da sola e andavo nel parchetto vicino a casa mia. Stavo bene in fondo da sola, non avevo niente a cui pensare, stavo solo con le cuffie e il cappuccio sulla dondola amngiando qualche caramella. Certo, mi mancava avere una persona che si abbuffasse con me di caramelle o patatine o qualsiasi cosa, o comunque una persona che ci fosse per dire una stupidata, ma in effetti "Meglio da soli che mal accompaganti" e le tipe e i tipi della mia scuola non erano una gran compagnia, quindi meglio stare da sola.
A volte riuscivo ad auto convincermi.
I miei pensieri furono interrotti dal telefono che squillava. Non avevo voglia di andare a rispondere ma ci andai, tanto non riuscivo a dormire.
Tirai su la cornetta del telefono e ciò che ottenni in cambio fu silenzio. Continuavo a chiedere chi fosse ma quel silenzio fastidioso persisteva. Mi stavo incazzando.
"Senti brutta testa di cazzo non ho tempo da perdere con della gentaglia come voi, quindi rompete i maroni a qualcun altro invece di prendere per il culo una persona che non vi ha fatto assolutamente niente." Chiusi la telefonata e con le lacrime agli occhi tornai a letto.
Cinque minuti dopo il telefono squillò nuovo. Non avevo nemmeno un secondo di pace.
"Pronto?" dissi con la voce, stanca di come venivo trattata.
Silenzio. La storia si ripeteva. Ormai ogni giorno succedeva: dei brutti ceffi chiamavano e poi stavano zitti, a volte sentivo ridere o altre ruttare. Quella volta però sentì una voce.
"Di che colore è la tua maglia?" disse una voce che sembrava avere un orgasmo.
"Cazzi miei" ero incazzata come una belva.
"Scommetto che è rossa. Rosso sangue." E poi risate.
"Complimenti vi siete superati questa volta." Dissi già con gli occhi bagnati. Misi giù e mi nascosi nella vasca da bagno. Aprì l'acqua e iniziai a piangere. Ero stanca di come mi trattavano; ma cosa gli avevo mai fatto di così sbagliato? Perché se la prendevano con me? In fondo quello che facevo nuoceva solo a me stessa, che cazzo gliene fregava a loro di cosa facevo con il mio corpo?
Il telefono squillò per la terza volta e così, bagnata fradicia e con gli occhi gonfi e rossi, andai a rispondere, pregando che non fossero loro, ancora.
"Pronto?"
salve a tutte! è la mia prima storia quindi siate buone, se potete commentare (e magari segnalarmi eventuali errori) o votare ve ne sarei molto grata.
P.S. scusate il capitolo corto, i prossimi saranno più lunghi.
-Giorgia

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Lost in the ocean || Luke Hemmings
FanfictionSara è una ragazza timida e impacciata, perseguitata dalle sventure della sua vita. A soli quindici anni si trasferisce da suo cugino in Australia per cambiare vita, stanca di come tutti la trattano. Lì incontrerà Maria, la sua futura migliore amica...