Alexa
Non so dove mi stiano portando.
Mi hanno strappato con forza da Kira, impedendomi anche solo di volgere lo sguardo nella sua direzione per l'ultima volta.
"Evans non è il tuo cognome"
In fondo l'ho sempre saputo.
Tutti alla Base ne eravamo a conoscenza, così tanto da farne un insulto.
Essere chiamati per cognome tra coetanei era come essere considerati nullità, niente di reale, proprio come quella parola.
Nessuno ha mai avuto garanzie sulla propria origine, nessuno aveva cognomi dal suono particolare, che potessero stonare.
Penso ad Ian, ai nostri soprannomi, al suo tono quando mi chiamava "Evans".
Da un lato spero che lui continui a tenerlo stretto tra le labbra, che non la smetta mai di chiamarmi così.
Non è mai stato un insulto tra noi, ma un segno di complicità.Una fitta al petto mi costringe a rallentare il passo, provocando un'occhiata contrariata del mio accompagnatore.
Mi manca.
Da quanto sono qua dentro?
Alla Base il tempo sembra non esistere.Vedo l'uomo armeggiare con un sistema nascosto nella parete apparentemente spoglia.
Delle porte impercettibili si sbloccano, rivelando un ascensore.
Non è abbastanza grande da celarmi chi contiene.
Rimango impassibile all'esterno, mentre dentro sento i nervi cedere, ogni sistema collassare.
Non so come faccio a rimanere in piedi, dritta sulle mie gambe.
Sulla mia gamba sana e l'altra ferita, deturpata dall'uomo dentro l'ascensore.
-Entra- mi ordina il mio accompagnatore, sollevato per aver portato a termine l'incarico nonostante tutti gli imprevisti.
Faccio un passo avanti, prima che per la sua impazienza possa spingermi dritta contro il mio carnefice.
Solo condividere lo spazio con lui mi disgusta.Quando le porte si richiudono, mi mordo il labbro così forte che temo possa iniziare a sanguinare.
Percepisco il suo sguardo ovunque.
Come se potesse toccarmi con la vista, spogliarmi senza le mani.
Su una cosa aveva ragione: l'umiliazione ha radici profonde, non si cancella con facilità.
Il dolore del taglio non è nemmeno paragonabile alla sensazione che sto provando.-Ho saputo della tua impresa. È incredibile come si riesca a passare da "la vita di un altro non vale più della mia" a questo; non credi?-
Vuole vedere come sono adesso, sondare il terreno in cerca del mio nuovo punto debole.
È il suo modo di avere il controllo.
-Non sono più quella persona- mormoro, cerco di sembrare decisa, ma perfino respirare sembra difficile in questa situazione.
Perché l'ascensore ci mette così tanto?
Quanto stiamo salendo?
Cosa c'è sopra la Base?Ogni mio pensiero scompare, lasciando largo ad una serie di brividi intensi.
Sento la sua mano accarezzarmi la schiena, con calma, seguendo movimenti circolari costanti.
Il battito del mio cuore accelera, incapace di sopportare tutto questo.
So che ha avvertito il mio sussulto, sta godendo di ogni mia reazione.
È come se si nutrisse della paura degli altri, sempre in cerca del tasto da toccare per soggiogarle.
Provo a parlare, ma dalla mia bocca esce solo un suono strozzato.
In un secondo il mio cervello ripercorre gli avvenimenti accaduti ore fa. O giorni?
Lo sento puntare lo guardo lì, tra i seni.
Prendermi il volto con forza fino a stritolare le guance.
Ricordo le sue parole volgari, il suo tono.
Quante altre persone hanno visto la scena dalle telecamere?
Quante hanno sperato che mi toccasse di più?
Che mi facesse quello che ha fatto suo figlio?
Jason.
Nonostante il rancore, preferirei che ci fosse lui qui con me.
Perché so che Jason non mi ucciderebbe, picchierebbe, stuprerebbe in un fottuto ascensore.
Tutto quello che mi ha fatto è stato personale, non era mosso dal sadismo.
Mi conosce, sa quando raggiungo il mio punto di rottura, sa quando fermarsi.
Per suo padre sono solo un giocattolino come tanti, se cado in pezzi dovrà semplicemente trovarsene un altro.
Quest'uomo non sembra nemmeno umano.
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Progetto 27|| Broken Soul
Science Fiction[Terzo libro della trilogia "Progetto 27"] La nostra anima è ancora intatta dopo tutto questo? Per quanto ancora durerà? Come facciamo a tenere ogni pezzo insieme? Tutti temiamo un brutto finale.