Capitolo 17

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Drew

-Potresti evitare di guardarmi così?-
Brian non riesce proprio a nascondere quel sorriso, non che ci stia provando.
Annaffia le piante del soggiorno come trasportato da un'ondata di spensieratezza e ogni tanto si volta per scoccarmi un'occhiata.
-Così come, signorino Drew?- il suo sorriso viene accentuato dalle rughe ai lati delle labbra.
Adesso finge pure di non sapere.
-Lo sai- taglio corto trattenendomi dal ridere.
Non lo vedevo così da tempo.
Siamo soli, e per un attimo è come se nulla fosse cambiato.

-Sto aspettando- escama picchettando le scarpe lucide sul parquet.
Sebbene gli piaccia pensarlo, Brian non è per nulla un tipo paziente, né tanto meno riesce a trattenersi quando deve esprimere un parere.
Molti amici di mia madre lo considerano invadente o presuntuoso perché parla senza essere interpellato, trattandolo come se non ne avesse il diritto. Lei ride e alza le spalle, io sono costretto a far lo stesso per salvaguardare i sentimenti dei nostri ospiti.
Brian è di famiglia, può parlare quanto vuole, nessuno gliel'ha mai proibito. Quando ero piccolo era più probabile che mi sgridasse lui che la tata.

-Per quanto mi riguarda puoi continuare ad aspettare-
E io non sono obbligato a fingere di essere un altro in sua presenza.
-Ormai mi sento parte integrante della coppia, non può tenermi all'oscuro!- il suo tono indignato sarebbe davvero credibile, se non conoscessi benissimo la sua predisposizione teatrale.
-Non c'è nessuna coppia, Brian- roteo gli occhi al cielo, non ho il coraggio di immaginarmi quali strane idee si sia fatto.
-Per ora- aggiunge subito, ma quando si volta per incrociare il mio sguardo cambia umore rapidamente.
Da anni mi sono arreso al fatto che lui sia in grado di capire cosa mi passa per la testa solo guardandomi.
Improvvisamente la conversazione sembra ergersi come un muro tra di noi, più pesante di quando si era presentata.
E non so nemmeno perché.

Poggia l'innaffiatoio di metallo a terra e si siede accanto a me con eleganza.
Non un movimento brusco, la sua schiena aderisce perfettamente allo schienale del divanetto in pelle.
Le sue buone maniere sono impeccabili anche se siamo soli.
-Signorino, qual è il problema?- il suo tono si addolcisce in fretta.
Sbuffo lasciandomi andare tra i cuscini, nella speranza di potermi nascondere da questa conversazione.
Non so nemmeno da dove iniziare.

-Credo di avere paura, Brian- confesso sottovoce. Le parole prendono vita senza l'ausilio della mia mente, senza che io possa accertarne la veridicità.
È difficile decodificare i miei pensieri, forse dovrei solo lasciarli andare.
-Insomma non voglio soffrire, e non penso di star percorrendo la strada giusta per evitarlo-
L'uomo mi guarda senza aggiungere altro, in attesa che io continui. Brian non è paziente, ma di certo non parla a sproposito.
-Non ho ancora superato il fatto che Ian mi odi- basta pronunciare il suo nome perché io avverta un fastidioso bruciore al petto.
Ho sempre sbagliato tutto con lui.
-Ian non la odia-
Sollevo le sopracciglia in risposta.
Brian sospira, a metà tra l'esasperazione e la compassione, un miscuglio per nulla desiderabile.
-Non conosco il signorino Ian quanto lei, ma in questi giorni ho capito che non ama i cambiamenti. Tutto ciò che può turbare la realtà che ha creato lo infastidisce, così come credo che lei lo spaventi- è terribilmente serio mentre dice cose assurde.
-Brian, Ian non ha paura di me, è impossibile e- mi interrompe rivolgendomi il palmo della mano.
-Penso solo che voglia proteggersi-
-Almeno uno dei due sa come si fa- commento amareggiato, e nemmeno lui sembra voler ribattere.
È questione di carattere, immagino.

Mi sollevo di scatto, scollandomi di dosso diversi cuscini che ribalzano sul pavimento.
-In tutta onestà, non penso che questo sia il momento adatto: Ian è chiuso in sé stesso, Alexa prigioniera alla Base, abbiamo una centinaia di ragazzini per casa, e io...-
-E lei cosa può fare per cambiare le cose?- mi incalza lui.
-Stavo solo dicendo che quello che provo non è una priorità, vista la situazione- scuoto il capo, più ne parliamo più mi convinco di essere un idiota.

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