-19-

1.9K 127 16
                                    


«Oiii, T/n! Ci sei?»
Isaac stava sventolando una mano di fronte al mio volto cercando di risvegliarmi dai miei pensieri.

«È da giorni che sei strana, è tutto ok?»
Domandò lui avvicinandosi meglio, cercando quasi di trovare qualche risposta sul mio volto.

«Isaac, devi sapere che T/n si è invaghita di un uomo. È in quella fase in cui vede il
mondo rosa, i cuoricini e gli unicorni svolazzare in cielo come se nulla fosse.»
Esclamò Kovu ad un tratto, facendomi sobbalzare.

«D-davvero?»
Chiese interdetto il biondo, guardandomi con un'espressione esterrefatta.
Stavo per controbattere quando Kovu iniziò a ridere.

«Certo! Si è infatuata del tizio che odora le persone. Mika-Mike come si chiama! Sta riflettendo sulle parole da usare quando gli dichiarerà tutto il suo amore.»
A quel punto anche il più piccolo iniziò a ridere assieme a lui e un lieve sorriso misto tra il divertito e il sollevato mi si formò sul volto.

«Sta sorridendo. È davvero persa.»
Iniziarono nuovamente a ridere.
Ridere a tal punto da tenersi lo stomaco.

«Smettetela immediatamente, non fa ridere!»
Smisero nel lasso di un instante, sotto il mio sguardo animalesco, per poi abbracciarsi l'un l'altro dalla paura.

«È spaventosa!»
Esclamarono all'unisono.
Schioccai la lingua sul palato continuando a camminare quando, per mia mancanza d'attenzione, andai a scontrarmi contro qualcuno.

«Oi, guarda dove metti i piedi.»
Proruppi nonostante la colpa fosse mia.
Alzai lo sguardo e mi scontrai contro la figura di Mike. Isaac e Kovu ricominciarono a ridere più forte di prima, accasciati a terra, con una mano a nuovamente poggiata tenersi lo stomaco e l'altra ad asciugarsi le lacrime.

«Siete dei bastardi..»
Sussurrai comprendo un sorriso.

«Ha sorriso di nuoovooo HAHAHAH bastaa non ce la posso fareee»
Esclamò il più grande con le lacrime agli occhi.
La situazione non poteva che andare di male in peggio.

«Mocciosi, vi sembra il modo di comportarvi?»
Alzai lo sguardo e mi scontrai con quello di Levi. Istintivamente lo distolsi, coprendo sotto i miei c/c un velo di imbarazzo.

«Ci scusi capitano, è solo che-che-mpdfh»
Il bruno si stava trattenendo per non scoppiare a ridere nuovamente difronte al corvino.
Normalmente ero sempre io quella che prendeva parola in questi casi, ma quella volta non ci riuscì. Ero paralizzata, non riuscivo neppure a guardarlo in faccia senza arrossire o distogliere lo sguardo.

«Chiedete scusa, immediatamente.»
Imposi ai miei amici senza neanche guardarli.
La cosa, difatti, non sfuggì ai due che acconsentirono senza indugiare.Infine, quando facemmo per andarcene la voce del corvino ci bloccò.

«Church, per averti beccato a girovagare nel cuore della notte per la sala comune, per aver picchiato a sangue un cadetto, ed esserti avventata contro di me, lanciandomi un coltello a sfregio della mia posizione nettamente superiore alla tua, il comandante Smith ha deciso che dovrai pulire le stalle per una settimana. Non accetto repliche, considerando che sei stata graziata e questa è la minore delle pene.»
Non risposi, feci solo un misero cenno di capo.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua? E poi girati quando un superiore ti parla.»
Mi rimproverò con la voce più roca e autoritaria del solito, il che mi fece sobbalzare.

«Sì, Capitano Ackerman.»
Mi portai una mano alla bocca.
Mai e poi mai parole di quel genere avrebbero potuto uscire dalla mia di bocca.
I miei amici accanto a me spalancarono gli occhi in un'espressione incredula, come se quello che avessero appena sentito fosse stato solo frutto della loro immaginazione.
Anche il corvino rimase per qualche secondo interdetto, successivamente, senza spiccicar più parola, girò i tacchi e riprese la sua strada seguito a ruota da Mike.

«T/n, è t-tutto ok?»
Prese parola titubante Isaac e di tutta risposta rimasi zitta e silenziosamente tornai in camera pervasa dai miei pensieri.

Chiusa la porta mi lasciai cadere al suolo poggiata su di essa.
«C-che cosa mi succede?»
Domandai a me stessa rompendo il silenzio che riecheggiava nella stanza.

«Io sono più forte di così..»
Mi portai un pugno sugli occhi cercando di tirare in dietro le lacrime. Quella sensazione di impotenza mi faceva venire in mente persone, eventi, luoghi... che avrei voluto dimenticare.
Uscì di fretta dalla stanza dirigendomi verso i bagni femminili.
Pensai che una doccia calda sicuramente mi avrebbe aiutato a riflettere e rilassarmi.

Arrivata sul posto iniziai a togliermi maglietta, pantaloni, scarpe e infine la fascia che mi sorreggeva il seno. Mi sciolsi i capelli ed entrai definitivamente in doccia.
Chiusi gli occhi, facendo dei respiri profondi per poi portare il mio sguardo sul mio corpo ricolmo di cicatrici, le stesse che avevano segnato la mia infanzia.

Sarai tu la causa della morte delle persone che ami.

Io li proteggerò, perché sono la mia ragione di vita e non lascerò che mi portino via la felicità. Pensai passandomi una mano tra i miei l/c c/c, ravviando alcune ciocche all'indietro.
Poggiai la fronte contro la fredda parete della doccia respirando rumorosamente.

Più forte è il tuo amore per la vita e più le persone attorno a te moriranno.

«FANCULO!»
Urlai tirando un pugno alla parete mandando giù respiri più profondi dei precedenti. Dovevo calmarmi.

«T/n? Sei tu? Sono Hanji, tutto ok?»
Imprecai nella mia mente verso quella quattrocchi di merda dal tempismo impeccabile. Capitava sempre nei momenti migliori.
Ancora una volta non degnai di alcuno strascico di risposta a chi mi stava attorno.
Uscì senza pudore e mi misi un semplice accappatoio bianco a coprirmi intimità e seno.

«Quante cicatrici...»
Si lasciò sfuggire la quattrocchi, probabilmente pensando a voce alta senza neanche accorgersene.
La cosa mi alterò a dir poco e senza pensare alle conseguenze la afferrai con una mano da terra tirandola per il colletto della maglia.
I nostri volti erano vicini e aprivo e chiudevo la mano libera tentando di non tirarle un pugno. I miei denti erano incollati tra loro, mentre mi mordevo la lingua nella speranza di poter tornare il prima possibile cosciente delle mie azioni. Sarebbe stata veramente la fine se non ci fossi riuscita.

«T/n..»
Proruppe la donna, alleviando, in brevi dimensioni, la tensione creatasi.

«Ti sanguina la mano.»
Mi informò e il mio sguardo si posò su di essa, era la stessa con cui avevo tirato il pugno al muro. Avevo esagerato e per la rabbia non avevo neppure avvertito il dolore.

«Andiamo, vestiti che ti disinfetto così facciamo due chiacchiere.»
Mi sorrise a trentadue denti porgendomi i vestiti, sembrava quasi che quanto accaduto qualche secondo prima non fosse mai successo.

Furlan's sister -LevixReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora