Capitolo 21

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Rimasi di fronte alla porta chiusa della stanza di Marta per non so quanti minuti.

Per fortuna era sabato, nessuna delle due doveva andare all'università o da altre parti. Ma sentivo comunque il bisogno di andare a svegliare la mia amica, farle fare una ricca colazione ed iniziare la giornata in modo positivo, per quanto possibile.

La sera prima l'avevo passata con lei che passava dalle mie braccia a quelle di Marco, senza mai smettere di piangere e di chiederci scusa.
Io e Marco eravamo più che felici del fatto che lei avesse finalmente aperto gli occhi, e speravamo una volta per tutte. Ma non sapevamo ancora come poterla aiutare, cosa potesse realmente tirarle su il morale e darle uno scopo per farla alzare dal letto ogni mattina.
Per questo volevo provare a rendere quel sabato il più simile possibile al nostro solito sabato.
Sicuramente non saremmo riuscite ad andare a correre al parco, purtroppo per Spettro, e di certo non saremmo andate in discoteca la sera, ma avremmo potuto cucinare qualcosa di buono e calorico, e vedere tutti i film che volevamo.

Esitai ancora, con la paura di essere troppo invadente, di starle troppo con il fiato sul collo. Mi passai una mano tra i capelli pieni di nodi, e poi mi schiaffeggiai la fronte da sola.
"O la va o la spacca" pensai.

Bussai alla porta, finalmente, e lei mi urlò di entrare.
Mi aspettavo di vederla in pigiama sdraiata nel letto a fissare il soffitto, con i capelli bruni che formavano dei disegni astratti sul cuscino bianco.

Invece era già vestita con jeans e maglione, i capelli legati in una coda ordinata, e si era già rifatta il letto.
Alzai un sopracciglio spontaneamente, sorpresa da quella vista.

Marta non reagiva come me al dolore, di solito. Lei ci sprofondava dentro, andava così giù per poi darsi la spinta per risalire in superficie. Marta aveva bisogno letteralmente di toccare il fondo, mentre io nascondevo il mio dolore e i miei problemi come la sporcizia sotto il tappeto.
Per questo ero un po' confusa, magari Marta aveva già toccato il fondo con il pianto della sera prima... ma c'era qualcosa che mi puzzava.

– Già in piedi? – le chiesi con un sorriso. Lei mi fece cenno di raggiungerla, e mi misi appoggiata con i gomiti sul davanzale della finestra accanto a lei. Guardava di fronte a sé, ed era piuttosto pensierosa.

– Hai dormito stanotte? – le chiesi, dandole un buffetto sulla guancia.
Notai in quel momento che si fosse anche truccata, e per questo non riuscivo a capire se i suoi occhi sembrassero riposati oppure no.

– No, per niente. Non ho chiuso occhio. – ridacchiò scuotendo la testa.
Io le feci un sorriso triste, e l'abbracciai con un solo braccio.

– Ma ho pensato. – mi disse ancora, mentre sfregava le mani sulle braccia come per riscaldarsi dal freddo.
La finestra davanti a cui eravamo era completamente spalancata, e tirava una brezza gelida, in contrasto con il sole di Roma che stava iniziando ad essere più caldo. La guardai curiosa, chiedendomi perché si ostinasse a tenere la finestra aperta nonostante avesse freddo.
Tirai su la zip del mio pigiama di pile a collo alto e mi misi a braccia conserte.

– La notte porta consiglio. Che ti ha consigliato questa volta? – le chiesi, impaziente di sapere cosa le frullasse nella testa.

– Non ti piacerà. – mi rispose, guardandomi di sottecchi.
Mi girai completamente verso di lei e la guardai con un sopracciglio alzato.

– Chissà perché me lo sentivo. Mi devo preoccupare? Vuoi farti suora? O diventare lesbica perché odi gli uomini? Se si tratta di questo ti capisco appieno. Vuoi cambiare facoltà? O vuoi diventare vegana? Ti prego tutto ma non questo, visto che già mi imponi la tua dieta troppo salutare fatta solo di cose verdi o che sanno di carta. – iniziai a pensare alle cose più assurde, perché sapevo che si trattasse di una cosa del genere.
Insomma, per dimenticare una storia come la sua e di Tommaso, e andare avanti sul serio, ci voleva un cambiamento radicale.

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