Il campanello suonò, e dopo aver sbuffato e alzato gli occhi al cielo, mi alzai dal divano, scocciata.
– Chi cavolo è di domenica mattina? – chiesi infastidita al mio cane.
Lui si alzò sulle zampe e mi seguì fino all'ingresso.Per un attimo una parte di me aveva sperato che fosse Marta, che magari avesse cambiato idea e si fosse resa conto di aver fatto una pazzia. Poi spensi subito quella speranza ricordandomi che Marta avesse portato le sue chiavi con sé, e che quindi non avrebbe suonato il campanello.
Mi portai i capelli che avevo intrecciato davanti, e mi tirai su i pantaloni larghi della tuta che mettevo a casa.
Aprii la porta facendo uno sbadiglio, poi mi prese un colpo realizzando chi ci fosse di fronte a me.Marco era appoggiato alla mostra della porta con fare annoiato, e stava facendo su e giù con il dito sul suo cellulare. Alzò lo sguardo dallo schermo e incontrò i miei occhi, che erano sgranati più del dovuto.
Mi morsi l'interno guancia e rimasi in silenzio.– Ehi, Rapunzel. Ho portato la colazione! – alzò il sacchetto che profumava di cornetti che aveva nella mano con un sorriso.
Io feci un sorriso tirato, e probabilmente abbastanza inquietante. Non mi mossi di un millimetro e non spiccicai parola.– Marta dov'è? Come sta? – mi chiese, facendosi avanti per entrare.
Io tolsi la mano dalla porta, lasciandolo entrare.– Ciao bello! – si accucciò per salutare Spettro, poi si guardò intorno come per cercare la nostra amica.
– Marco... - mormorai con voce flebile. Lui si alzò, guardandomi preoccupato, e si avvicinò di più a me. Dato che ero scalza, in quel momento risultavo un po' più bassa di lui rispetto al solito.
Marco non sapeva niente, ed io non trovavo il coraggio di dirglielo. Avevo pregato Marta di chiamarlo almeno, lui meritava di ricevere la notizia da lei.
Ma Marta non aveva avuto voglia né di passarlo a trovare né di salutarlo per telefono. Mi aveva detto che se se lo fosse ritrovato davanti o se avesse sentito la sua voce triste, non ce l'avrebbe fatta. Si sarebbe davvero sentita come se lo stesse abbandonando, dopo tutto quello che aveva fatto per lei, insieme a me.
Avevo provato a convincerla, dicendole che come era riuscita a dirlo a me senza scoppiare in lacrime ce l'avrebbe fatta anche con lui, ma non c'era stato niente da fare. Marta mi aveva detto che la cosa migliore era che venisse a sapere della sua partenza da me, e che fossi l'unica a poter contenere la sua tristezza e la sua probabile rabbia.
Ma io non ero sicura di poterlo fare. Avevo paura che Marco se la sarebbe presa con me per non essere riuscita a fermarla, e che non avrebbe capito la scelta di Marta.– Lei se ne è andata. – dissi con un filo di voce, guardando il pavimento.
– Che diavolo stai dicendo? Che vuol dire? – disse, e la sua voce era come un tuono.
Assottigliò gli occhi, e si chinò di più verso di me come per leggermi dentro. Per capire cosa fosse successo.– Vuol dire che se ne è andata, Marco! – urlai nervosa, allargando le braccia e allontanandomi da lui.
Gli diedi le spalle, e mi sfregai la faccia con la mano. Cercai di nascondermi dentro la tuta che indossavo, e di stringermi nelle spalle per nascondere il viso. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, e cercai di rimandarle indietro, senza successo.
Esse scorrevano ormai libere sulle mie guance, e mi affrettai ad asciugarle con le maniche della felpa. Tirai su con il naso, facendo finta di aver il raffreddore, e alzai la testa.
Sentivo il suo sguardo fisso su di me, e proprio quando pensai di essere pronta per girarmi a guardarlo, altre lacrime sgorgarono dai miei occhi.
Non riuscivo più a controllarmi, era come se nessuno scudo funzionasse davanti a lui.Avevo passato la notte precedente dormendo accoccolata a Spettro come se lui fosse stato un peluche, ma non avevo versato una lacrima e avevo dormito abbastanza bene.
Ma in quel momento, davanti a Marco, ero letteralmente crollata, era come se avessi realizzato solo in quel momento che Marta se ne fosse davvero andata. Non riuscivo a controllare più il mio corpo, che era percorso da spasmi dalla testa ai piedi. Avevo iniziato quasi a tremare dal dolore che avevo nel petto, e mentre le lacrime continuavano a scendere mi uscì un singhiozzo dovuto dal pianto che non riuscii a trattenere. Sotterrai la faccia nelle mani, sperando che Marco non se ne fosse accorto, ma in casa era piombato un silenzio religioso, visto che anche Spettro era immobile che ci guardava confuso e preoccupato. Sapeva che stava succedendo qualcosa di serio, e che non avrebbe dovuto fiatare.
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Ad maiora
RomanceSequel di "Odi et amo" "Verso cose più grandi." "Mi misi le mani sulla pancia, a furia di ridere mi mancava il respiro. Marco si sfregò il viso con le mani, scuotendo la testa e guardandomi divertito. - Come cavolo è successo? - chiesi, riferendomi...