Capitolo 19

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- È uno scherzo vero? – chiesi alla mia amica, facendo un sorriso isterico.

– No, Emma. Sentivo di doverlo fare, e l'ho fatto. – mi rispose Marta mentre mi guardava dritta negli occhi.
Non era minimamente pentita di quello che aveva fatto, forse proprio perché non si rendeva conto della gravità della cosa.

– Certo, magari fosse tutto sempre così facile. Ti sei sentita di fare una cosa e l'hai fatta. Senza pensare alle conseguenze. Ma come diavolo ti è venuto in mente? Poteva succederti qualunque cosa! – le dissi quasi in preda alle lacrime.

– Poteva farti qualunque cosa. – disse Marco duramente.
Marta scosse la testa, guardandoci come se i pazzi fossimo stati noi.

– Voi non capite. E non capirete mai. – ci disse guardandoci con occhi taglienti.

- Sentite, io ho sbagliato. L'ho detto anche a Marco l'ultima volta che ci siamo visti. Ma è stato solo uno schiaffo. Non lo rifarei mai di nuovo. – disse Tommaso con una finta faccia mortificata.

Mi avvicinai a lui, nera dalla rabbia, e con un gesto del braccio feci cenno a Marco di scansarsi, così che avrei potuto parlare in faccia a quel verme.
Lui all'inizio oppose resistenza, poi si spostò di poco. Spostava lo sguardo da me a Tommaso, con le sopracciglia aggrottante e gli occhi attenti. Aveva il corpo proteso verso il ragazzo che era ancora appoggiato al muro, come se fosse stato pronto ad attaccarlo di nuovo.

– Certo che non lo rifarai. Non ci sarà una prossima volta. Tu non vedrai più Marta. Credimi, lei non è la sprovveduta e innamorata che ti ha chiamato. Questa non è Marta. Sei tu che l'hai trasformata, l'hai modellata con le tue mani viscide e con i tuoi lavaggi del cervello. Ma ti giuro che io la riporterò indietro, e forse non riuscirò a mandarti in galera, ma un ordine restrittivo non te lo toglie nessuno. Quindi ora guardala per un'ultima volta, e renditi conto di ciò che hai perso. – dissi quelle parole con rabbia, ma anche con pura sincerità.
Dopo quello che era successo nessuno mi avrebbe più potuto fermare.

Tommaso si staccò dal muro, e in silenzio guardò Marta sempre con quella faccia da ipocrita. Lei invece aveva le lacrime agli occhi, e sembrava piuttosto arrabbiata.

– Si stancherà di voi, prima o poi. Voi due la soffocate. – disse Tommaso con una smorfia di disgusto, per poi andarsene via.

– Disse quello che non le faceva mettere i vestiti che voleva. – dissi abbastanza forte perché potesse ancora sentirmi.

– Andiamo a casa. – dissi sospirando, entrando nel palazzo seguita dagli altri due.

Non appena aprii la porta del nostro appartamento, Marta iniziò a sbraitare, proprio come avevo previsto.

– Come avete potuto?! – urlò iniziando a fare su e giù per il salotto.
Nel frattempo Spettro si alzò dalla sua cuccia dove stava dormendo beato fino ad un secondo prima. Scattò al mio fianco, come se avessi avuto bisogno di essere difesa. Peccato che nemmeno l'intervento del mio cane avrebbe potuto far ragionare Marta.

– Come hai potuto tu?! – chiesi di rimando, puntandole il dito contro.

– Non dovevate intromettervi. – disse lei, fin troppo sicura di sé.
Tommaso era veramente riuscito a mettercela contro.

– Abbiamo dovuto invece, visto che non sei più capace di ragionare prima di agire. Non sei più nemmeno in grado di essere responsabile di te stessa. – le dissi, e forse mi uscirono delle parole di troppo.

Non era il giusto approccio quello, e lo sapevo, ma in quel momento non ci vedevo più dal rabbia. E reagire così era un modo sfogare il panico e la paura che mi stava assalendo.
Mi sentivo come brancolare nel buio, non sapendo più cosa poter fare per lei.
Mi sentivo responsabile, e mi incolpavo per non essere stata più attenta, per non essermi accorta che stesse cambiando in una persona che non conoscevo.

Ad maioraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora