Capitolo 14

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Mi ero alzata presto, la mattina seguente. Ero andata a prendere il pane al fornaio che da piccola amavo, e con l'occasione mi feci una passeggiata.

Diciamo che lo feci principalmente per evitare mia madre a colazione, e il suo sguardo accusatorio che mi metteva davvero paura. Speravo che con il fatto che le fossi andata a prendere il pane, mi avrebbe risparmiato almeno un pochino. Di certo però non sarei scampata al suo interrogatorio, per cui, mentre camminavo, cercavo di pensare alla storia che avrei potuto raccontarle.

Non sapevo perché, ma c'era qualcosa dentro di me che mi urlava di non dirle proprio tutta la verità della storia tra me e Marco. Forse era ancora troppo presto e tutto troppo incerto.

Dopo aver preso il pane, entrai, senza neanche pensarci troppo, nella libreria della via principale. Respirai a pieni polmoni i profumo dei mille libri, come avevo sempre fatto.
Non avevo un libro in mente che volevo assolutamente comprare, e facevo così anche negli anni precedenti. Entravo perché volevo entrare, e volevo passeggiare un po' fra gli scaffali. Mi piaceva stare in quella libreria, tutto qui.

– Emma Guerra. – sussurrò una voce alle mie spalle.
Tutto d'un tratto sentii il mio cuore riscaldarsi, e mi si formò un sorriso enorme sul viso.
Quella voce sapeva di casa. Mi voltai, e lo vidi, con il suo viso simpatico che non era cambiato di una virgola.

– Leo! – esclamai, abbracciandolo contenta.

– Allora? Che ci fai qui? – gli chiesi, curiosa di quello che avesse da raccontare.

Si era trasferito al Nord d'Italia per studiare, ma evidentemente era tornato anche lui a casa per Natale.
Leonardo era uno dei miei amici più stretti, era secondo solo a Marta.
Il nostro legame non era facile da spiegare: eravamo l'uno la spalla dell'altro, e tra noi c'era una connessione incredibile. Leo era colui che mi illuminava la giornata con le sue battute che facevano ridere solo me, ma spesso aggiungeva le sue ansie alle mie, facendomi uscire fuori di testa. Litigavamo spesso, ma lo facevamo perché ci divertiva, la maggior parte delle volte.
Erano tre anni ormai che non stavamo a contatto per sei ore di fila tutti i giorni, ma ogni volta che lo sentivo era come se niente fosse cambiato.

– Che ci fai tu qui, piuttosto! Avevo paura che ora che fai la modella non ti saresti mai più fatta vedere da noi comuni mortali! – disse, facendo spallucce.
Io lo guardai male e lui mi fece l'occhiolino.

– Lo sai che non diventerei mai quel tipo di persona. – gli dissi, scuotendo la testa.

– Era una battuta. – sbuffò lui, e io ridacchiai.
Mi mise un braccio attorno alle spalle ed uscimmo dalla libreria. In quel momento mille ricordi mi investirono, e mi sentii di nuovo come una diciassettenne piena di domande. Il profumo di Leo era sempre lo stesso, e anche la nostra piccola città era rimasta uguale.

– Come vanno le cose? – gli chiesi, notando degli accenni di barba che stavano ricrescendo sulla sua guancia.
Lo avevo sempre preso in giro perché a diciotto anni non aveva nemmeno un pelo, mentre altri della nostra classe avevano una barba da trentenni.

– Alla grande, a dire il vero! Mi trovo bene all'università, e devo dire che le cose odiose di matematica che facevamo a scuola mi stanno tornando utili. – disse con un sorriso, ed io sbarrai gli occhi, ricordandomi della disperazione che avevo prima di ogni compito in classe.

– Beh, non ne avevo dubbi. Te l'ho sempre detto che saresti andato lontano. A scuola facevi finta di non sapere niente, ma sei un genietto infondo. – gli diedi un colpetto dietro la nuca, e lui mi sorrise con gli occhi.

– E con le ragazze? – gli chiesi, sperando che avesse una storia interessante da raccontarmi.

Leo si meritava tutto il bene del mondo, e di incontrare qualcuna alla sua altezza. Non era stato molto fortunato in amore, infatti, l'unica storia che aveva avuto era stata una tragedia.
Si era messo con una mia amica, nostra compagna di classe, ma le cose non erano andate molto bene. Lo aveva lasciato con una scusa, solo perché in realtà lei si era innamorata di un altro.
Avevo passato tutta l'estate a consolarlo, e forse quello servì a legarci ancora di più. Ma ci erano voluti anni prima che lui la perdonasse e che dimenticasse la cosa.

Ad maioraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora