Capitolo 27

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Presi un bel respiro e percorsi la scalinata che portava al portone di ingresso.

Quella settimana era veramente una montagna russa, e si sarebbe conclusa con l'ennesima festa a cui sarei dovuta andare solo per fare pubbliche relazioni e accaparrarmi l'attenzione dei fotografi e giornalisti.

Prima di arrivare in quel hotel strabiliante, avevo fissato il mio riflesso nello specchio della mia camera per mezz'ora. Mi ero truccata, vestita e profumata per bene, ma ero terrorizzata di farmi vedere dalla gente dopo quello che era successo il giorno prima.
Ad aggravare tutto ciò era l'assenza di Marta, la quale invece mi avrebbe potuto dare un consiglio, o una spalla su cui piangere. Alla fine mi feci coraggio da sola, cercando di fregarmene di più del giudizio della gente. E poi non potevo fare altrimenti, visto che Davide era stato molto chiaro: io e Marco dovevamo essere a quell'evento.
Non ero nemmeno nella posizione di rifiutarmi, non dopo quello che era successo.

La liceale che il giorno prima mi aveva mandato su tutte le furie davanti al Colosseo, aveva pubblicato in rete il video che aveva registrato durante la nostra discussione. Ovviamente nel giro di ventiquattro ore tutti l'avevano visto, e tutti non facevano altro che parlarne. Con mia sorpresa però, gli speculatori si erano divisi in due categorie diverse. C'erano quelli delusi dal mio comportamento che non se lo sarebbero mai aspettato, e quelli che invece sembravano essersi sollevati. Avevano avuto la conferma che nemmeno Emma Guerra fosse perfetta, e che forse il fuoco che avevo tirato fuori in quel video non fosse un male.
Di certo, dopo l'episodio, tutti mi avevano rivalutato, e nel bene o nel male, mi avevano ritenuta "finalmente" all'altezza di Marco.

Io non sapevo cosa pensare di tutta quella faccenda, di certo non mi interessava essere considerata degna del principino/pallone gonfiato. Però ogni tanto mi tornavano in mente le parole che mi disse Davide quando decise di assumermi: "sei vera e autentica". Il mio essere scontrosa in alcuni casi, e il mio non saper tenere a freno la lingua, erano una parte della mia personalità. E se volevo essere vera e autentica, se volevo essere diversa da quelle altre bambole di porcellana che si limitavano a sorridere e ad ancheggiare sul red carpet degli eventi, allora non mi sarei dovuta vergognare.

– Emma! – sentii chiamarmi, e in un batter d'occhio raggiunsi il mio capo. Non mi ero resa di conto di aver effettivamente percorso la scalinata senza pensarci, talmente ero immersa nei miei pensieri contorti.

– Stai bene? – mi chiese Davide, dandomi un bacio sulla guancia come faceva sempre.

– Credo di sì. – dissi annuendo, più a me stessa che a lui.

– Bene. Marco è lì. – mi disse un con mezzo sorriso, indicandomi il bancone del piano bar dove c'era il moro. Attraversai la sala, camminando sonoramente a causa dei tacchi che indossavo, e Marco mi guardò da lontano mentre gli andavo incontro.

– Uh, ciao signorina dottorina. Ti dona il verde smeraldo, non ti avevo mai visto prima indossarlo. Sembri una fatina del bosco. – disse lui con il suo solito sorrisetto, sentendosi superiore e guardandomi come se fossi una bambina. Mi sedetti accanto a lui ed iniziai con il primo dei tanti sospiri che ero costretta a fare quando ero in compagnia di Marco.

– Che hai deciso oggi? Vuoi essere più antipatico del solito? – gli chiesi nervosamente, e lui fece una smorfia dispiaciuta.

– Che è successo fatina? – mi chiese con una vocina che non gli si addiceva proprio.

– E me lo chiedi?! Hai visto il video che gira su internet? – gli chiesi ovvia.

– Sì, e quindi? Che importa? Niente. – si fece la domanda e si diede la risposta da solo. Io scossi la testa e lo lasciai perdere.

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