Capitolo 26

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Strinsi gli occhi al suono della sveglia, sperando di poter spegnerla con la forza del pensiero.
Sbuffai sonoramente quando quel rumore fastidioso continuava imperterrito. Rotolai dalla parte opposta del letto, accanto alla quale c'era il comodino.
Spensi la sveglia con rabbia, quasi dando uno schiaffo allo schermo del mio telefono. Con le ultime forze che mi erano rimaste, mi alzai.

Andai in cucina con una faccia cadaverica, brontolando lamentele come faceva mia nonna, e strisciando pigramente le pantofole sul pavimento, molto di più di come faceva mia nonna. Mi sedetti a peso morto sulla sedia della cucina, come se avessi appena corso una maratona. Dopo un secondo mi alzai di nuovo, sbuffando ancora, essendomi ricordata di dover riempire la ciotola d'acqua per Spettro.
Il mio cane mi venne incontro con il suo solito entusiasmo, e lo ringraziai mentalmente per non avermi scambiato per uno spaventa passeri.
Mi riscaldai il latte ed addentai un biscotto, nel mentre fissavo le piastrelle della cucina come in uno stato di trance.

Dei rumori provenienti dall'ingresso mi fecero tornare alla realtà, e con l'ennesimo sospiro, mi alzai per l'ennesima volta da quella sedia. Imprecai mentalmente quando vidi Spettro che tirava il guinzaglio appeso all'appendiabiti che aveva in bocca.

– Ehi, che ti prende? Spettro... guarda come sto! Non darmi del filo da torcere anche tu, per favore. – gli dissi scocciata, voltandogli le spalle.
Lui però piagnucolò ancora e grattò con la zampa sulla porta.

– Non hai mai fatto i capricci, e questo non è il momento giusto per iniziare. E poi perché vuoi uscire proprio ora? – gli chiesi confusa, visto che non era solito a voler uscire di prima mattina se non per fare i bisogni. Lui mi guardò come se tra i due fossi io quella nel torto.
Continuai a guardare i suoi occhi pieni di entusiasmo ed energia. Mi schiaffeggiai da sola, quando poi mi ricordai che giorno fosse.

– Ma certo... oggi è sabato. Mi dispiace tesoro, usciremo nel pomeriggio. Niente corsa al parco oggi, devo lavorare. – gli dissi, cercando di essere un po' più dolce e di non prendermela con l'unica gioia che mi era rimasta nella vita.
Lui si arrese a lasciò andare il guinzaglio, poi mi venne incontro e si alzò sulle zampe posteriori come per volermi abbracciare. Io lo accarezzai sulla schiena e gli diedi un bacio sulla testa. Aveva capito che quella fosse proprio una giornata no.

Lo squillo del mio telefono mi fece imprecare per la cinquantesima volta nel giro di mezz'ora. Strisciai ancora la pantofole e tornai in cucina. Il mio corpo si rilassò per un secondo dopo aver letto il nome sullo schermo.

– Ehi. – risposi, cercando di apparire normale e serena.

– Buongiorno! Come va? Che fai oggi? – mi chiese Marta con tono squillante. Lei era di certo più serena da quando era tornata a casa dei suoi.

– Io come al solito. Voglio sapere di te, piuttosto! – le dissi, sperando che avesse qualcosa di bello da raccontarmi.

– Beh, in realtà non sono io quella con la vita frenetica ed interessante. Qui ogni giorno è uguale... seguo le lezioni online, aiuto mia madre in casa, ed esco con le poche amiche che mi sono rimaste qui. – ridacchiò lei.
Sentirla così positiva e spensierata era l'unica cosa che mi permetteva di non impazzire definitivamente.

– Guarda che anche qui ogni giorno è uguale... però ognuno con una rottura di palle diversa. – dissi spontanea, e lei si accorse del mio tono apatico e stanco.

– Em, non sai quanto mi dispiace non passare con te questo sabato. Non ne avevamo passato nemmeno uno divise, durante questi tre anni. Però non dobbiamo essere tristi, perché in realtà io e te non siamo mai divise. Cosa fai oggi, quindi? – disse lei con la voce dolce e pacata. Un sorriso nostalgico mi si formò sulle labbra alle sue parole.

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