Capitolo 41

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Passeggiavamo mano nella mano, al chiaro di luna, proprio come facevano vedere nei film. Si era alzato un vento freddo ed io mi aggrappavo al braccio di Marco per rubargli un po' di calore dal suo corpo. Intorno a noi c'era assoluto silenzio, fatta eccezione per il rumore del mare. Era tutto così perfetto da non sembrare reale.

- Vi prego, lasciatemi qui. - sospirai, dando voce ai miei pensieri.
Marco si girò verso di me e alzò le sopracciglia con fare sorpreso.

- Non sei credibile per niente. So che questo posto sembra il paradiso, ma tu non rimarresti qui per sempre, in realtà. - disse sicuro, come se mi conoscesse alla perfezione.

- E perché ne sei così sicuro? - gli chiesi, mettendomi a braccia incrociate e guardandolo con sfida.

- Per lo stesso motivo per cui non sei andata a Los Angeles e non hai colto l'opportunità della vita. Sei ancorata alla tua città, alla tua famiglia, e anche al tuo futuro lavoro come medico. Non rimarresti qui nemmeno se ti pagassero. - ridacchiò lui scuotendo la testa.
Io alzai gli occhi al cielo, anche se in effetti aveva ragione.

- Oh avanti, così mi fai sembrare la mammona di turno, noiosa, e che ha paura di buttarsi nelle avventure. - gli dissi io contrariata, dandogli uno spintone che non lo mosse nemmeno di un millimetro.

- Ah, perché tu non sei così? - mi chiese con una smorfia, e quando vide la mia faccia arrabbiata scoppiò a ridere e mi restituì lo spintone.

Io poi mi sciolsi e risi con lui. Per un attimo avevo pensato che facesse sul serio.

- A parte gli scherzi... mi piace questa cosa di te. - ammise il pallone gonfiato dopo che smise di ridere di me.
Io lo guardai con gli occhi sgranati per la sorpresa, e gli sorrisi dolcemente. Ci parlavamo molto raramente in quel modo, preferivamo comunicare i nostri sentimenti attraverso i piccoli gesti che però erano importanti.

- Ah sì? E cioè? Dimmi cosa ti piace di me. - gli dissi sogghignando sulle sue labbra.
Lui se le morse e poi mi baciò con passione.

Camminammo all'indietro senza staccarci, e dopo aver raggiunto un posto appartato, Marco si lasciò andare all'indietro sulla sabbia. Io caddi sul suo corpo e lui mise le mani sotto il pareo che indossavo.

- Mi piace il modo in cui lotti per ciò che ti sta a cuore. - mi sussurrò tra un bacio e l'altro. Io chiusi gli occhi, beandomi delle sue parole e anche del suo tocco.
Fece scorrere le sue mani forti con le sue dite affusolate lungo il mio interno coscia, ed io nel frattempo gli baciavo il collo nei punti che sapevo ormai lo facessero impazzire.

- E poi? - gli sussurrai contro la pelle bollente, incitandolo a dirmi di più.

- Mi piace anche quando mi insulti con quella faccia da saputella. Ormai ti so leggere, ti so decifrare, Emma Guerra. - disse serio, ed io mi fermai.
Lo guardai dritto negli occhi, curiosa di quello che avesse da dire.

- E cosa riesci a leggere? - gli chiesi, mentre lui mi accarezzava la guancia.

- Che quando fai così, quando mi tratti come un cretino e vorresti uccidermi, mi stai solo trasmettendo quello che provi realmente per me. Lo hai sempre fatto, fin dall'inizio. E non mi interessa se è strano, se è sbagliato, voglio che questa cosa tra di noi continui. Preferisco litigare per chi pulisce il ripiano della cucina o per chi ha dato delle medicine a Spettro per sbaglio, ma voglio farlo con te. - mi incorniciò il viso con le mani, e appoggiò la fronte alla mia mentre io ero ancora sdraiata su di lui.
Io sorrisi come una bambina, e quelle sue parole mi scaldarono il cuore.

- Sei solo un figlio di papà, viziato e arrogante. - gli dissi puntandogli il dito contro, poi scoppiammo a ridere e tornammo a baciarci.











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