Capitolo 35

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Entrai in casa, e mi appoggiai con la schiena sulla porta, tirando un sospiro di sollievo. Un'altra mattinata odiosa era finita, per fortuna.                                                                                                          Tornare alla routine non era stato facile, anche se ci eravamo presi solo pochi giorni di pausa. E in più il clima di Roma che piano piano stava diventando caldo, non era molto d'aiuto. Muoversi con i mezzi diventava ancora più odioso, e soprattutto puzzolente. Andare all'università in macchina non l'avevo preso nemmeno in considerazione, visto che il traffico sarebbe stato meno puzzolente ma più infernale. Così, tra turisti da tutto il mondo, lavoratori frettolosi e studenti ansiosi come me, ero arrivata in aula e avevo dato io meglio di me stessa. Quell'esame non era stato così facile da affrontare, ma mi ero armata di pazienza e soprattutto di concentrazione, e alla fine ne uscii vittoriosa, con un bel trenta in saccoccia.
Sorrisi, realizzando di aver superato l'ennesimo ostacolo che all'inizio mi sembrava così insormontabile.

Sbadigliai stanca, e poi mi staccai dalla porta ed andai in cucina. Notai Spettro che dormiva beato sotto il tavolo, e mi presi qualche secondo per contemplarlo in tutta la sua bellezza e serenità. Ridacchiai tra me e me del mio cane, poi aprii il frigo in cerca di qualcosa di buono.
Mi meritavo un bel piatto di pasta, anche un po' creativo, ed iniziai a perlustrare la cucina per farmi venire qualche idea. Non appena presi la pentola per mettere l'acqua della pasta, il mio telefono squillò.

Sbuffai, pensando fosse mia madre che voleva complimentarsi con me per l'ennesima volta da quando ero uscita dall'aula. Aggrottai le sopracciglia però quando mi accorsi che fosse un numero non salvato in rubrica.

- Pronto? - risposi frettolosa, pronta a mandare a quel paese quella che sicuramente era una compagnia telefonica.

- Ciao Emma, sono Bianca. - la voce della segretaria di Marco mi fece spalancare gli occhi, e il mio battito cardiaco iniziò ad accelerare.

- Cosa è successo? - chiesi mordendomi l'interno guancia, facendomi subito assalire dalla preoccupazione.

- Spero di non averti disturbato... e credimi, non l'avrei fatto se non fossi seriamente preoccupata. - disse seria, e la pausa che si prese aumentò ancora di più la mia ansia.

- Marco è andata via di corsa dall'ufficio, era furioso... fuori di sé. Credo che se ne sia andato a casa ora, ma ho paura che possa combinare qualcosa. - continuò la signora, ed io misi subito a posto la pentola che avevo tirato fuori.

- Ma che è successo? - le chiesi non capendo. Intanto aprii il frigo e presi del prosciutto crudo.

- Lorenzo è venuto qui stamattina, e credo che abbiano avuto una discussione. - mi rispose lei, ed io appena sentii il nome del padre di Marco chiusi la chiamata. Presi del pane che era rimasto dal giorno prima e ci infilai il prosciutto. Ripresi la borsa e le chiavi, diedi un'ultima occhiata a Spettro ed uscii di nuovo di casa.

- Merda. - imprecai mentre salii in macchina ed addentai quel panino che era duro come la pietra. Mi ero andata ad infilare nell'ennesima situazione incasinata, ma in quel momento il corpo estraneo nel petto che avevo cercato di ignorare per mesi, aveva preso il totale controllo del mi corpo, e mi aveva fatto uscire di casa senza pensarci un attimo.

Mi attaccai letteralmente al campanello, facendo girare verso di me tutti i passanti. Sbuffai, ma non mi arresi. Dopo due minuti continuando a suonare quel coso odioso, Marco venne ad aprire.

Fece capolino dalla porta, aprendola di poco, in modo da far sbucare solo sua faccia piegata in un'espressione nervosa.

- Perché sei qui? - mi chiese scorbutico, stringendo gli occhi come se la luce del sole non l'avesse vista da anni.

Ad maioraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora