Presi il cappotto, la borsa, ed aprii la porta di casa.
– Oh no, quando cammini in quel modo facendo tremare tutto il palazzo con i tuoi stivali mi metti paura. Vuol dire che sei incavolata con il mondo e che stai per fare attentato terroristico. – mi disse Marta con voce seriamente preoccupata, correndo dalla sua camera per raggiungermi appena sentì i miei passi molto rumorosi.
– Esatto! – esclamai, con un sorriso da psicopatica che fece agitare Marta ancora di più.
Avevo fatto passare l'Epifania, non avevo fatto chiamate, non avevo disturbato nessuno. Non mi ero nemmeno vista con Marco perché volevo lasciarlo godersi gli ultimi giorni con la madre. Ma ora era riiniziato tutto, ed era quindi arrivato il momento di agire.
Non sarei mica rimasta a guardare mentre quella gente insignificante parlava di me in quel modo.– Ti prego non farlo. Riflettiamoci ancora un po' su. Quando ti arrabbi puoi seriamente perdere il controllo, e non voglio che con il tuo terremoto crolli il Colosseo. Per cui, te lo chiedo per favore... non fare stupidaggini. – la mia amica mi prese il braccio, guardandomi con quegli occhioni color del cioccolato che mi stavano supplicando.
– E invece no, perché è proprio del terremoto che quella gente ha bisogno! – dissi agguerrita, sistemandomi sulla spalla la mia bella borsa regalatami da Bianchi.
– Em, ti giuro che non ti riconosco più! Tu sei sempre stata ragionevole, sai sempre quel è la cosa giusta da fare. Sei una persona matura, sei cresciuta in fretta e per questo sei stata sempre la persona più responsabile e affidabile. Ora perché vuoi causare un cataclisma? Non servirà a niente, e lo sai... - piagnucolò ancora, cercando di trattenermi con tutta la forza che avesse in corpo.
– Marta, non importa quanto io sia ragionevole, quando è troppo è troppo, anche per me. Tranquilla, non si faranno male in molti, il mio terremoto non colpirà né te né il Colosseo. – presi la mano con la quale mi stava afferrando il braccio, e poi con l'altra le accarezzai il viso.
– Cerco di fare presto. E non cucinare, compro la pizza. – le diedi un bacio sulla guancia prima di uscire di casa, lasciandola lì impalata, che mi guardava con il suo sguardo contrariato.
Appena entrai nell'ufficio, tutti i presenti mi salutarono con affetto, chiedendomi come fossero andate le vacanze. Li liquidai con un saluto generale e baci mandati da lontano, poi mi diressi a spasso spedito verso lo studio di Davide.
– Ciao capo. Buon anno, possiamo parlare? – entrai senza neanche bussare, e lo trovai intento a parlare con un ragazzo.
– Ciao Emma. Auguri anche a te. Aspettami fuori, devo prima finire di parlare con il tuo collega. – mi disse lui con un sorriso, indicando con un cenno del mento il ragazzo di fronte a lui.
– Sono in una delle mie crisi del tipo "non ne posso più di questo lavoro, voglio licenziarmi". – andai dritta al punto, solo in quel modo lo avrei convinto a parlarmi subito.
Lui sbarrò gli occhi, e facendo un sorriso dispiaciuto al tizio, lo accompagnò alla porta.– Accomodati. – sospirò lui, ed io mi sedetti nella poltrona al di là della sua scrivania.
– Cosa è successo stavolta? – mi chiese con aria stanca.
– È successo che per la prima volta ho letto cosa la gente dice di me e Marco su internet. E non mi è piaciuto per niente quello che ho visto. – dissi seria, mettendomi a braccia conserte.
– Beh, e cosa c'è di strano in questo? Fa parte del mestiere, non si può piacere a tutti. – ridacchiò lui, come se io stessi solo ingigantendo il problema.
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Ad maiora
RomanceSequel di "Odi et amo" "Verso cose più grandi." "Mi misi le mani sulla pancia, a furia di ridere mi mancava il respiro. Marco si sfregò il viso con le mani, scuotendo la testa e guardandomi divertito. - Come cavolo è successo? - chiesi, riferendomi...