Capitolo 47 (Olivers's POV)

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Ritornai in macchina con il mano il biglietto con scritto il numero di telefono di Claude. Le luci della città mi davano fastidio agli occhi, anche di notte sembrava giorno, ed è quello che odiavo di più di Los Angeles. Mi avviai ancora un po' scosso, mi ero scusato con tutti, avevo cercato di essere un uomo migliore eppure non ero ancora soddisfatto. Forse era per la mia situazione di stallo nella mia carriera come avevano ribadito in due quella stessa giornata. Guidai in tranquillità, guidare di notte tra le luci della città mi ha sempre rilassato. Come andare ad alta velocità sulla super strada cosa che evitai di fare visto che volevo evitare di andarmi ad uccidere. Dopo le due ore di viaggio mi accorsi che avevo passato la mezzanotte e roteai gli occhi. Il lampione proprio di fronte al nostro vialetto era fulminato, con la mia solita fortuna ovviamente. Sospirai ed entrai in casa, ovviamente c'era il silenzio assoluto. Greg sarà andato a dormire, ma il sonno leggero che ha mi sentirà sicuramente entrare in stanza. Posai la giacca e mentre mi sbottonavo il soprabito, salivo di sopra nella nostra stanza. Come detto appena misi piede in stanza, Greg accese la abat-jour e mi guardò con un'espressione assonnata.

«Dove sei stato? Sai quanto tempo sei stato via?» Chiese mettendosi seduto e strofinandosi gli occhi.

«Stupito che ti sia messo a dormire e non ad aspettarmi» commentai sbottonando la camicia andando verso l'armadio.

«Sei tu quello che si fa ansie inutili ad aspettare che io torni a casa» ribatté stiracchiandosi.

«Certo... Si» commentai mentre mi spogliavo e mi mettevo il pigiama.

«Non hai ancora risposto alla mia domanda, però» aggiunse con voce delusa.

«Lo vuoi sapere adesso o te lo dico domani mattina?» Chiesi mentre mi sistemavo sotto le coperte accanto a lui.

«Adesso se non ti dispiace, sai che sono impaziente» Rispose prendendo il cuscino abbracciandolo.

Mi massaggiai le braccia e pensai a fondo alle parole da dire in modo che non si scatenassero equivoci inutili. Sospira e lo guardai dritto negli occhi. Si morse l'interno della guancia come faceva sempre quando era nervoso.

«Sono andato ad una mostra di gala...» iniziai.

«Che? È una bugia!» Mi accusò lui tempestivamente interrompendomi.

«Mi fai finire?» Lo rimproverai spazientito «Per vedere Claude...»

«Ah... Quind...»

«HO DETTO FAMMI FINIRE!» Urlai nervoso facendolo zittire «Visto l'atto misericordioso che ho attuato con mia mamma, ho voluto sistemare anche questa faccenda irrisolta con lui, in modo da poter essere sereno. Mi capitava spesso di pensarci a quello che avevo fatto e starci di conseguenza male quindi voglio evitare in queste circostanze di ripensarci e stare sereno. Niente sesso vendicativo, niente bacio dell'addio, non sono il tipo. Soltanto un abbraccio. È tutto okay adesso.»

Greg restò per qualche momento in silenzio a fissarmi come per metabolizzare tutto quello che avevo detto. Ero stato sincero come sempre con lui. Infine strinse forte il cuscino e guardò in basso, era adorabile, mi ritrovai a sorridere. Mi prese una mano e passò il pollice sulla fede e deglutì.

«Potevi farlo il sesso vendicativo, hai visto che schianto che è!» Affermò lui facendomi ridere.

«Per favore» replicai ridacchiando.

«Una cosa a tre?» Chiese guardandomi beffardo «Una sola volta»

«Ma no, Greg!» Dissi prendendogli il cuscino e lanciandoglielo «Non gli farei mai una cosa simile»

«Ammettilo però che lo hai immaginato!» Mi stuzzicò prendendomi le mani «Eccitante, vero?»

«Le mie labbra sono sigillate» dissi spostando le mani.

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora