Capitolo 14 (Oliver's POV)

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Mi svegliai sbuffando come meglio sapevo fare, prima di aprire occhio buttai con forza la mano affianco a me giá sapendo che non ci stava nessuno al mio fianco. A quanto ammontavano le ore di lavoro? Ero sicure che avesse superato le dodici ore, di sicuro. Erano le sette in punto, come quasi ogni giorno che dovevo lavorare la mattina mi svegliavo come un orologio Svizzero. Mi alzai con una certa calma andando in bagno accendendo solo la luce fioca dello specchio. Che ragazzo disordinato, tutti i vestiti ovunque, mi toccava riordinare tutto... Acqua per terra, accappatoio per terra, lavandino sporco. Buttai gli occhi al cielo e riordinai quello che potevo in quel poco tempo che mi rimaneva per prepararmi. Andai all'armadio prendendo una camicia rosa chiaro con una cravatta argentea, il solito soprabito nero con i soliti pantaloni. Dopo quindici minuti che mi ci sono impiegati per aggiustarmi i capelli in modo decente. Scendendo di sotto trovai Christine che mangiava in una posizione scomposta, con i gomiti posati sul tavolo e con la schiena curva, ormai avevo capito che dormiva poco e probabilmente ero anche io la causa, con tutta la faccenda di Micheal e la scuola elementare, a stento riesco a sopportarlo io, figurati una ragazzina. Mi avvicinai posando una mano sui suoi capelli e dandole il buongiorno. Lei aveva annuito appena, era molto assonnata. Decisi di non dire niente, piú che altro non sapevo cosa aggiungere o cosa fare per farla sentire meglio. Presi una tazza di caffé e bevendo la guardai trascinarsi verso le scale.

«Io vado a lavoro... Se vuoi ti passo a prendere io come ritorno» dissi guardandola.

«Come vuoi, papá, mi faresti un piacere peró, sono esausta» rispose lei abbozzando un sorriso e guardandomi.

La parola papá mi provocava ancora sentimenti controversi e strani, non sapevo se mi faceva sentire bene oppure turbato, come se avessi una vita per mano di cui sono profondamente responsabile. Poggiai la tazza nel lavandino e mi avviai fuori sbadigliando e entrando in macchina. Oggi avevo una consulenza psichiatrica all'ospedale di San Francisco, dopo i tre anni di sospensione dall'albo degli psichiatri, non avevano aspettato a richiedermi immediatamente una consulenza. Arrivato allo studio entrando avevo trovato giá diverse lettere.

«C'é posta per te!» disse Emily sorridendomi e giá con il camice bianco contenta.

«Dai, dimmi che ci sta qualche lettera per te» risposi prendendo il mucchio in mano.

«Mi dispiace, non ancora ho un'ammiratrice segreta» commentó sorridendomi.

Annuii stanco e la guardai, la sua postura era dritta e teneva le mani intrecciate dietro la schiena con un sorriso largo e sincero mentre mi guardava.

«Verresti con me in ospedale? Che ne dici di essere la mia consulente?» le chiesi sorridendo.

Lei annuí felice ed andó nella stanzetta forse per prepararsi o scoppiare a piangere. La sua eccitazione e voglia di lavorare mi ha sempre colpito, una ragazza in gamba che con piacere avrei aiutato nella sua cariera. Bussai alla porta dell'ufficio di Fred ed aprii trovandolo sulla scrivania intento a fare qualcosa al computer. Lui mi stava dando una grande mano con lo studio, il 90% del lavoro lo faceva lui, anche aiutando Emily con lo studio, io non potevo esercitare lavoro purtroppo, ma adesso potevo dare una mano. Lui mi guardó sorridendo.

«Oliver Dixon ritorna sul mercato, adesso che fine fará il povero Frederick da solo qui?» chiese lui ridendo.

«Non sono intenzionato ad andarmene da qui, tranquillo. Se mi offri ancora il lavoro come psicologo o psichiatra qui saró felice di accettare. Comunque, vado a fare la famosa consulenza che mi hanno chiesto ben tre giorni fa all'ospedale, se tu mi accettassi qui con un contratto potrei lavorare per conto di questo ufficio.» replicai guardandolo.

«Lo hai aperto tu questo studio Oliver, solo perché mi hai messo a capo di tutto non vuol dire che tu non ti possa fare un contratto da solo. Comunque faró le cose burrocratiche per il contratto, non so se ti ho mai ringraziato per l'opportunitá che mi hai creato, Oliver.» disse lui sorridendomi.

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora