Capitolo 33 (Oliver's POV)

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Mi svegliai a causa della sveglia. Dovevo uscire con il dannato Richie, chi me lo aveva fatto fare. Dopo le accuse giuste di mia sorella volevo solo sprofondare nel letto e restarci per il resto della giornata. Andai a sistemarmi e vestirmi per poi scendere sbuffando. Non riuscivo a guardare Abigail in faccia che stava in cucina a preparare qualche dolce o qualcosa. Trovai Christine sulla poltrona a guardare la tv, nemmeno fece tanto caso a me. Non erano tempi facili per lei, sopratutto per quello che le era successo. Sospirai e mi andai a sedere vicino a lei, mi guardò sorridente, i suoi occhi erano tristi e stringeva forte la mano sulla sua gamba. Dopo qualche minuto che i nostri occhi si incrociarono lei distolse lo sguardo verso destra per poi sbattere velocemente le palpebre per poi riguardarmi di nuovo negli occhi. Aveva qualcosa da nascondere ma odiavo approfondire a causa delle mie competenze professionali, è un'adolescente.

«Smettila di studiarmi, papà!» mi rimproverò nervosa.

«Oh, scusa. Ero più in sovrappensiero di quel che sembrasse.» dissi sistemandomi la cravatta. «Io esco con Richie, non ritorno a cena quindi. Tu resti a casa?» 

«Credo di si» rispose sorridendo «E poi non mi devi dire ogni volta dove vai, sei mio padre!» 

«Il patto era che io ti dico sempre dove vado e tu fai lo stesso!» ribattei alzandomi.

«Principio di responsabilità e bla bla bla, giusto.» disse guardando in basso.

Andai verso la porta e prima di uscire mi fermai di fronte alla porta ed emisi un sospiro profondo e doloroso.

«Ciao Abby» salutai uscendo.

Dovevo andare dall'altra parte del paese per andare a prendere Richie. Ovviamente se Oliver ha la macchina mica prendi il bus. Trovava sempre un modo per risparmiare soldi e per farmi fare da taxista. Mi ero dimenticato di nuovo di chiamare Emily. Sono un amico terribile, ma forse le ho fatto un piacere a non portarla con noi. Ero particolarmente preoccupato per Christine in questo ultimo periodo, è una di quel tipo di persona che soffrono in silenzio e non ne parlano. Spero che qualcuno la stia aiutando eppure sapevo che ci stava qualcosa che la impegnava ulteriormente, qualcos'altro di cui non ero ancora a conoscenza. Per quanto riguarda Greg è tutt'altra storia, per lui avevo i nervi a fior di pelle ma volevo sapere che andava tutto bene e che sia solo un periodo no. Tutti passiamo quei periodi brutti eppure non riesco a smettere di pensare che ci sia altro sotto. Entrambi mi nascondevano qualcosa, per quanto riguarda Christine potrebbe essere difficile confidarsi con un genitore, ma mio marito? Che motivo aveva per nascondermi le cose? Prima che potessi innervosirmi ulteriormente cercai di sviare ogni tipo di pensiero e arrivai sotto casa di Richie. Era già sotto ad aspettarmi, vestito molto casual. Quando entrò si accigliò.

«Oddio! Sei vestito come un pinguino anche in questa occasione!» commentò sospirando.

«Credo di essere grande abbastanza da decidere da me cosa mettermi, non trovi?» risposi sarcasticamente.

«Si, ma... Stiamo andando in un locale informale! Crederanno che tu sia un agente in incognito o... un assistente sanitario» spiegò Richie sbuffando.

«Assistente sanitario?»

«Quando entriamo al pub potresti avere il piacere di toglierti il soprabito?» chiese quasi supplicandomi.

«D'accordo, si!» borbottai.

Non ero un amante dei pub, probabilmente li odiavo eppure un tempo li frequentavo ma adesso preferivo stare a casa a leggere un libro oppure stare con la mia famiglia. Parlare con Christine... Il pub era in centro a San Francisco, ciò significava che a velocità moderata sembrava come se fossimo su un rollercoaster. Arrivati mi tolsi il soprabito e scesi dalla macchina. Mi sistemai meglio il gilet blu scuro e mi arrotolai la camicia bianca ai gomiti sbuffando.

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora