Capitolo 46 (Oliver's POV)

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Eravamo allungati sul divano entrambi, lui si era appisolato su una mia spalla. Quel giorno era stato piuttosto strano a chiedermi del ragazzo biondo e subito dopo del ragazzo che ho avuto in Francia. Ovviamente avevo intuito che avesse in qualche modo incontrato Claude di persona o averlo trovato. Cercai di fare finta di niente, non mi andava di attaccarlo o altro durante la giornata dedicata del tutto a noi. Mi chiedo come abbia fatto a scoprire precisamente di lui. Gli passai la mano trai i folti capelli ricci con un sorriso. Ciò vuol dire che Claude era in città, potevo sfruttare l'occasione di redimermi anche con lui. Sospirai appoggiando la testa sullo schienale della poltrona, sentivo un grande dolore al petto e me lo tastai dolorante, era psicosomatico. Mi chiedevo ancora dove accidenti l'abbia potuto incontrare, l'unica cosa che mi viene in mente è che lo abbia incontrato mentre andava a riprendere Christine dalla casa dei Lacroix. Volevo pensare che non l'avesse incontrato in ospedale. Mi spostai per farlo allungare sulla poltrona per poi alzarmi. Mi andai a sedere sul bancone della cucina aprendo la finestra e guardai Greg dormire beatamente sul divano. Presi il pacchetto di sigarette e ne portai una tra le labbra accedendola. Chiamai Abigail buttando il fumo fuori dalla finestra. Avevo le mani che tremavano, ero sempre nervoso quando chiamavo mia sorella. Partì la segreteria e sbuffai facendo un altro tiro aspettando il bip.

«Senti, Abigail, legalmente quella è mia figlia e non me ne frega un cazzo di te, voglio soltanto sapere se è viva cosa sta facendo, almeno farmela sentire, sei pregata di rispondere a questo messaggio...» iniziai a dire prima che rispondesse alla chiamata.

«Parli come se la tenessi in ostaggio, Oliver, la smetti di rompere le palle, sta bene!» Rispose scocciata.

«Me la fai sentire, per favore?» Chiesi spazientito buttando la cenere fuori in giardino.

«Al momento è a lavoro» rispose disinvolta.

Non credo di aver sentito bene.

«Come scusa?» Chiesi incredulo

«Come possiamo permetterci di stare qui se non lavoriamo e guadagniamo soldi?» Rispose con tranquillità

«Dammi il tuo conto corrente!» Gridai al telefono.

«Non voglio i tuoi soldi, me la cavo da sola» gridò lei di rimando 

«Stai facendo lavorare mia figlia!» La rimproverai.

«Sai che penso?» Iniziò arrabbiata «Che voi la viziate troppo, non imparerà mai a vivere se continuate a fare così? Non vedo nulla di male a farla lavorare, mentre voi dovevate essere i primi a consigliarle di fare lavori part time»

«Come osi giudicare come io educo mia figlia, Abby!» Le ringhiai contro.

«Che bello! Il mio fratellino che non si accorge degli errori!» Mi sbeffeggiò ridendo

«SMETTILA!» Urlai al telefono

«SOLO QUESTO SAI FARE, URLARE!»

Presi il telefono tra le mani i lo schiantai contro il bancone della cucina e ci tirai un pugno sopra buttando la sigaretta fuori dalla finestra. Vedevo Greg che faceva capolino solo con gli occhi dal bracciolo della poltrona. Lo guardai deglutendo.

«Parlavi con Abigail?» Mi chiese restando in quella posizione, che rendeva la sua voce leggermente ovattata.

«Già... Devo ricomprare il cellulare» commentai passandomi una mano tra i capelli «Di nuovo»

Lui si alzò stirandosi e sbadigliando. si avvicinò con delle falcate e prese i resti del telefono buttandoli nel tritarifiuti. Annusò l'aria e mi guardò con un'espressione disturbata.

«Hai fumato?» Mi incalzò.

«Forse se non avessi fumato avrei frantumato la tua di testa» risposi guardandolo colpevole chiudendo la finestra «Odio questa distanza da Christine, Abby la sta facendo lavorare.»

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora