Capitolo 18 (Gregory's POV)

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«Mi ha portato il pranzo? Non lo ha mai fatto...» mormorai a Micheal

«Quindi quello è tuo marito, è così elegante, che lavoro fa?» Chiese Micheal sorridendo.

Iniziai a mangiare e a riflettere prima di rispondere, considerando la situazione di Oliver a volte meglio tacere ma adesso può esercitare la professione.

«Oliver Dixon» risposi come se automaticamente lo associassero al lavoro.

«E chi é? Ti ho chiesto il lavoro» disse Micheal ridendo.

«Ma come, Micheal? Fai medicina e non conosci Oliver Dixon? Aspetta ma quello era Oliver Dixon? Lo psichiatra famosissimo di Los Angeles? Caspita ha fatto una rivoluzione tra ambiente e psicoanalisi!» disse Paul incredulo. «Quello ha ventisei anni? Sembra molto più grande»

«Si, è Oliver. Fa lo psicologo adesso, Micheal» risposi guardandolo e mangiando con espressione vuota.

«Che spreco, dovrebbe rientrare in ospedale secondo me» commentó Paul.

«Il primario di psichiatria lo ha fatto andare su tutte le furie» commentai quasi ridendo.

«Ma quello non é uno psichiatra ma un pallone gonfiato» mormoró «Sai che ti dico? Ha fatto bene a non venire qui, non é quello che si merita uno di quel calibro» aggiunse allungandosi meglio sulla poltroncina.

Io finii di mangiare pensando a quale posto ormai sia adatto a lui sinceramente. Se doveva prendere un impiego più dignitoso sarebbe dovuto andare da qualche altra parte e quindi lasciare me? Mi passai una mano sul viso. La situazione lavorativa attuale mi metteva tanta ansia, finché non poteva esercitare faceva il segretario e consulente allo studio vicino casa ma adesso non so dove si vuole spingere la sua ambizione e se si spinge fin troppo lontano da me? Sospirai a pieni polmoni e pulii tutto il salone.

«Tutto okay, Gregory?» chiese Paul avvicinandosi a me.

Mi guardava con quegli occhi nocciola come se volesse studiarmi nel profondo e feci qualche passo indietro turbato.

«Sono solo in pensiero, nulla di che» risposi sorridendo.

«Tu sei sempre solare, non in pensiero, dai dicci cosa ti turba. Fra 30 minuti riniziamo il turno, siamo tutti orecchi, vero Micheal?» chiese Paul rivolgendosi a Micheal e lui allargò le braccia annuendo.

Mi grattai la testa imbarazzato, li vedevo molto più vicini agli amici quei due, forse posso sfogarmi.

«Paul puoi capire immagino. Oliver da qualche giorno ha la licenza di continuare ad eseguire la professione e so della sua grande ambizione e ho paura che qui non la troverà e quindi andrà via, quindi anche da me che adesso mi sto specializzando qui» dissi con una nota preoccupata.

«Senza ombra di dubbio Oliver qui è sprecato ma non lo conosco, a vederlo sembra una persona molto cinica ma se quello è Oliver Dixon, quello che è entrato per portarti il pranzo mi sembra che ti voglia un bene dell'anima, Greg» rispose Paul provocandomi un grande sorriso.

«Infatti, non credo che intraprenderà qualcosa senza chiederti il parere o senza pensare anche alla tua sistemazione, poi avete una figlia no? Non può prendere e andare via senza dire nulla» aggiunse Micheal guardandomi.

«Credo che abbiate ragione» risposi imbarazzato.

«Secondo me dovreste parlarne, si risolve sempre parlando. Non fare come me e la mia ragazza» rispose ridendo Paul.

Annuii e li ringraziai del grande aiuto e andai nella stanzetta per riposarmi un po'. Il sonno sembrava essere durato due secondi invece erano passati 20 minuti. Mi alzai e corsi nel corridoio di traumatologia ascoltando la lezione del primario di chirurgia. Ma non ero molto concentrato, però azzeccai la domanda che mi fece quest'ultimo probabilmente fortuitamente o grazie alla sessione di studio di Oliver. Mi passai la mano tra i capelli, questa situazione di averlo sempre in testa prima o poi mi distruggerà. Scoppiai a ridere di fronte all'infermiera e lei mi guardò confusa.

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora