Capitolo 44 (Gregory's POV)

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Era stata una giornata dura abbastanza quel giorno. Erano ormai un paio di giorni che Christine mancava di casa, e non potevo far altro che sentirmi in parte responsabile di ciò. Ero a lavorare, esaminavo cartelle, sala operatoria ma sembrava che il tempo non volasse mai. Ero in pensiero e le cose con Oliver non si erano del tutto sistemate. Stare a lavoro dove avevo quasi compiuto il mio inciucio forse non mi aiutava psicologicamente, come il ragazzo bellissimo della casa di Genevieve seduto in sala di attesa. Sospirai e mi avvicinai a lui ma ogni falcata che facevo lui si irrigidì sul posto vedendomi come se non volesse la mia presenza e mi trovai in imbarazzo.

«Vedo che sei qui da molto, perché non vieni con me e vediamo cosa c'è che non va.» affermai prendendo il cercapersone «Avviserò di questa attesa ai medici, non dovreste aspettare più di quindici minuti, o è così che mi hanno sempre imposto»

Lui deglutì e quel gesto fece smuovere il suo pomo d'Adamo perfetto. Si alzò con movimenti incerti come se lottasse con la propria ragione, come se non sapesse se venire con me o no.

«Sei imbarazzato? Perché sono il padre di Christine, perché mi conosci già?» Chiesi prendendo una cartella vuota.

«No...» rispose titubante.

«Sei a disagio con i dottori?» Chiesi ancora.

«Credo di si» ammise imbarazzante e con voce tremante.

«Non temere, sono uno bravo, dicono» affermai la frase che dico a tutti, ma sembrava non rassicurare lui, come se l'imbarazzo con i dottori non fosse il motivo della sua preoccupazione.

Entrai nel cubicolo e feci sedere Claude sul lettino e gli porsi la cartella che doveva compilare prima che potessi visitarlo. Quella era una giornata serena, il sole sfociava dalla finestra alta su Claude che rendeva i suoi capelli ricci e ondulati come se fossero color miele. Non aveva nulla che non andava, spalle perfette, postura perfetta, gambe altrettanto perfette nei suoi skinny jeans, la maglietta era particolarmente scollata sul lato destro che mostrava parte della spalla e del petto, perfettamente abbronzato. Intuii che faceva parte dell'agenzia di modelli Lacroix, essendo un cugino. Scriveva con un espressione buffa e stretto nelle spalle. Aspettavo pazientemente che finisse. L'aria sterila del cubicolo non mi toccava più e nell'attesa vagai con lo sguardo per tutta la stanza posando ogni tanto l'attenzione al mobiletto dei medicinali e al vassoio dei bisturi. Avevo passato così tanto tempo in questo tipo di stanzetta durante la specializzazione. Mi chiedevo cosa stesse facendo Oliver, ovviamente era a lezione, ma non riuscivo a non pensare a lui e a esserne in ansia, mi sentivo giudicato per ogni azione che facevo. Vedevo lo scorrazzare di infermieri e medici nei corridoi.

«Fatto. Scusa ma non ancora riesco a capire bene l'inglese» disse imbarazzato.

Il suo accento doveva suonarmi irritante ma in realtà aveva un timbro di voce e intonazione che non riusciva a farti odiare una singola parola. Mi misi gli occhiali e scrutai la cartella. Aveva un cognome diverso dalla famiglia, quindi optai fosse un cugino della signora Genevieve e non del signor Lacroix, era un modello come sospettavo, aveva 33 anni e pure ne dimostrava minimo cinque in meno. Era perfino più grande di me.

«Hai nausee e giramenti di testa, dolori allo stomaco...» dissi posando la cartella.

«Sono ormai mesi, non so più che fare...» ammise sospirando.

Aveva un peso perfettamente bilanciato alla sua altezza, dovevo escludere l'opzione anoressia tipica dei modelli. Lo guardai fisso negli occhi e lui non distolse lo sguardo, era la prima dimostrazione di spavalderia che mi aveva fatto in quei pochi minuti. Deglutii, dovevo tastargli lo stomaco, Sospirai chiudendo gli occhi e mi guardai intorno in cerca di dottoresse ma non trovai nessuna. Io avevo un grande dilemma interiore, ma lui perché era vivamente imbarazzato? Mi trovavo in queste situazioni quasi tutti i giorni, ragazzi carini a cui metto le mie mani nelle loro membra ma il suo imbarazzo disturbava le mie modalità di lavoro, e anche il fato di aver tradito mio marito. Lui mi guardò accigliato.

Come se fosse un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora