4.

2.1K 98 1
                                    

Il mattino dopo, per la prima volta in due settimane, mi sento sollevata e senza una preoccupazione. Al mio risveglio mi butto sotto la doccia, per poi vestirmi. Incontro Katarina per colazione, subendo il terzo grado sulla mia 'improvvisa emicrania' del giorno prima.
"Devi sapere che sono leggermente meteoropatica. L'inverno mi distrugge" tiro un grosso respiro, sperando di dargliela a bere.
In ufficio, ho gli occhi fissi sul mio PC ma con la mente torno a ieri. Le ore trascorse sul divano a chiacchierare con Damian. Ho scoperto tante cose sul suo conto e mi meraviglio che sia così solo.
La sorella non lo vede da anni. Si è trasferita in Russia appena maggiorenne per inseguire un malvivente per cui si è presa una sbandata. Damian ha ammesso di aver rubato un paio di volte con lui quando erano al liceo. Dell'omicidio, invece, non ha fatto parola.
Dopo il lavoro, una volante mi sfiora mentre passeggio sul marciapiede. "signorina?" sento dire da una voce flebile. Mi volto, vedendo un uomo alla guida con il braccio penzoloni fuori al finestrino e gli occhiali a specchio, tipici dei poliziotti. "La conosco". Lo osservo attentamente. "Sono l'agente Jeffrey, ci siamo incontrati qualche sera fa in quel vicolo".
"Oh, si. Giusto". Accosta, facendo innervosire il collega. "Avete avuto novità riguardo quel tipo?".
"Niente di niente. Sembra essersi volatilizzato" annuisco, tentando di non sembrare trasparente come al mio solito. "Le va di prenderci un caffè? Ne parliamo meglio".
"non si preoccupi, l'ho superata". Lui tira un grosso respiro, abbassando gli occhiali sul naso. "Non parlavo del caso".

"Oh" mi fingo sorpresa. Era da una vita che non ricevevo un invito. Accetto dopo qualche secondo, ricordando a me stessa che devo allontanare un certo uomo dai miei pensieri.
La sera, di ritorno nel mio appartamento, trovo Damian seduto alla mia scrivania digitare nervosamente sul mio PC. Si stringe nelle spalle quando mi vede rientrare.
"Non ti avevo sentita".
"Ho il passo leggero" lascio le chiavi sul vassoio in soggiorno, sfilando il cappotto. "Cosa stai cercando?".
"Ehm, novità sul mio caso..".
"Il tuo caso?" aggrotto la fronte. Damian annuisce. "Ho cercato il nome dell'uomo che è rimasto vittima in questo omicidio. Nessun riferimento a me, niente di niente".
"È una buona cosa, no?" fa spallucce, spegnendo il computer.
Mi muovo dalla cucina alla mia camera, in ansia. "Stasera hai impegni?" mi chiede l'ospite, vedendomi assorta nei miei pensieri.
"In effetti avrei un appuntamento".
"Appuntamento?" ripete, restando serio. Annuisco, toccandomi i capelli.
"Non è proprio un appuntamento. Solo un caffè in compagnia".
Damian annuisce, seduto sul divano con i gomiti sulle ginocchia. "Non ho un appuntamento da mesi" sogghigna, grattandosi il mento.
"Nemmeno io. Non riesco ancora ad ambientarmi in questa città".
"E il tipo con cui esci? È di queste parti?" scuoto la testa, ricordando il suo nome. Tim Jeffrey non è propriamente un nome bulgaro.
Quando mi contatta, qualche minuto dopo, gli dico di incontrarci direttamente in un bar. Vorrei evitare che veda Damian. Lo terrò ancora al sicuro, lontano dalla giustizia e dall'oscurità.

Prima di uscire di casa, mi scuso con Damian per doverlo lasciare solo. Lui sorride, dicendomi che devo avere una vita e di non concentrarmi solo sulla sua.
Ha ragione. La verità è che la sua venuta ha scombussolato la mia intera esistenza, facendomi ricredere su tutto.
Arrivo al bar in anticipo di dieci minuti, ma trovo ugualmente Tim ad aspettarmi al bancone. "Wow, non ho mai conosciuto una ragazza così puntuale" mi fa ridere, spostando lo sgabello per farmi sedere. "Nemmeno io".
"Che ne dici di un cocktail?" chiede, chiamando il barista con un cenno. Accetto, godendomi la serata. Tim mi parla del suo lavoro. Come ha cominciato, da quanto tempo lo fa e perché. "Sono stato assegnato qui solo quattro mesi fa. Io sono originario di Chicago e, ti devo dire la verità, non volevo lasciarla per trasferirmi oltreoceano per stare lontano da famiglia e amici". Comprendo ogni singola situazione di cui mi parla, perché ero nella stessa posizione dieci mesi fa. Una ventiquattrenne, con ambizioni oltre le aspettative, che lavora per due anni in un'azienda e che viene improvvisamente trasferita in Europa. Non volevo lasciare la famiglia e allo stesso tempo volevo evadere. La mia città iniziava a starmi stretta, tutta la mia vita iniziava a starmi stretta. San Francisco è il paradiso per me, ma dopo che ci hai vissuto per ventidue anni senza aver raggiunto un traguardo, comprendi che è ora di cambiare. Il trasferimento a Sofia è arrivato come un fulmine a ciel sereno, però adesso posso dire di star bene. Qui mi rifarò una vita, ne sono certa. A quanto pare però, ho iniziato con il piede sbagliato. Mi  sto letteralmente relazionando con il nemico - un presunto serial killer ricercato in tutta Sofia - e dopo quasi una settimana di convivenza forzata, posso dire solo quello che ho visto. Damian è un ragazzo, trentenne con un passato burrascoso, molto introverso e problematico. Senza famiglia, né amici. Incastrato per qualsivoglia motivo ignoto e obbligato a nascondersi.  Per tutta la serata, chiacchiero con Tim riguardo alla mia carriera, alle mie ambizioni mentre la mia mente va a casa mia, pensando a quell'uomo solitario che ha preso pieno possesso della mia vita.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora