Il treno arriva in stazione alle 8.45. sediamo in terza classe, uno accanto all'altra.
Lui si guarda davanti, mentre io leggo un libro. Sento i suoi occhi addosso, ma decido di non farci caso.
Il dito mi trema sulla pagina bianca e sento i brividi lungo tutto il corpo. Provo di già il dolore dei lividi ovunque, senza aver incassato un colpo. Ci mettiamo otto ore ad arrivare a destinazione,guardando fuori dal finestrino una decina di luoghi diversi tra loro.Da Videle a Giurgin, da Russe a Bjala.
Alle cinque del pomeriggio varco finalmente la porta di casa. Damian è dietro di me e mi accorgo solo adesso che ha poche cose con sé.
"Hai un cambio?" gli domando, lasciando la valigia vicino al divano.
"Si".
"Ce la farai?"
"Non ti preoccupare". Non me ne preoccupavo, infatti. Ora devo solo capire cosa fare. Non può restare con me, soprattutto per via degli incubi.
Sono quasi certa che si potrebbero realizzare. Vado in camera mia e disfo la valigia. Lui mi raggiunge.
"Hai una bella casa" afferma, tenendo le braccia conserte. Io annuisco.
"Da quanto tempo sei a Sofia?" domanda.
"Come?"
"Non sei bulgara, l'ho capito dal tuo accento".
"Sono di San Francisco..." faccio un mezzo sorriso "...vivo qui da qualche mese".
Damian tiene ancora le braccia conserte sotto al petto. All'improvviso mi viene un'idea.
"Vieni con me" gli dico e scendiamo le scale, andando nel mio garage. All'interno c'è un magazzino.
Entriamo e gli preparo un sacco a pelo.
"Puoi restare qui fino a quando vorrai".
"Grazie"dice, imbarazzato. Si toglie la giacca e si stende.
"Sono stanco" afferma. Gli sorrido e lo lascio solo.
"Georgia"mi chiama. È la prima volta che pronuncia il mio nome.
"Non sono stato io ad uccidere quell'uomo". Annuisco, trovandolo sincero e amichevole, poi vado via.
Crollo sul mio letto quasi subito e sogno i soliti occhi azzurri.L'ambientazione è cambiata però.
Siamo su un treno, seduti uno accanto all'altra. Parliamo e lui mi prende la mano, portandomi in una cabina.
Infine mi spoglia, spingendomi contro il muro.
Si getta su di me, afferrandomi i capelli con forza. Mi morde il labbro,tirandomi per la nuca.
"Sei così sexy" mi dice. Io ansimo sulla sua bocca, guardandolo dritto negli occhi.
"Che stai facendo?" gli domando.
"Hai paura di me?" digrigna i denti. Non gli rispondo e mi getta violentemente sulla poltrona, prendendomi il mento tra le dita.
"Hai paura di me?" ripete. Ho il respiro affannoso e un nodo fastidioso alla gola.
Mi prende il braccio e mi scaraventa contro la porta, facendomi sbattere la testa al vetro. Mi sento mancare, ma decido di resistere. Si mette in ginocchio tra le mie gambe, stringendosi forte a me.
"Rimani in silenzio" sussurra, controllando che ci sia via libera.
Lo sento, proprio lì. Voglio urlare, dirgli che mi sta facendo male.
Il sangue comincia a colarmi sul sopracciglio e mi riga la guancia. Lui me lo lecca via e fa un mezzo ghigno, incutendomi terrore.
"Hai paura?"
"Si"brontolo, cercando di spingerlo via. Troppa massa corporea su un corpo ossuto e gracile.
"Basta!"urlo.
"Ho appena iniziato, bambola". Trattengo lacrime di dolore, mentre lui mi fa sbattere ancora una volta contro il vetro. Respiro affannosamente, con lui che mi sta sulla gabbia toracica.
Mi sfila i jeans, infilandomi il dito nell'orlo degli slip. Mi fa male e ad un tratto trovo il coraggio necessario. Gli tiro una gomitata,poi una testata e scappo.
"Puttana!"mi urla dietro, asciugandosi il sangue dalla fronte. Volto la testa.Mi sta inseguendo, zoppicando. Le persone nel corridoio mi scansano,lasciandomi passare imperterriti.
"Aiuto"dico, singhiozzando. Nessuno mi sente. Ci siamo solo io e lui sul treno adesso. Oggi morirò, mi ripeto consapevole di non avere vie di scampo. Damian è dietro di me e mi afferra il braccio, buttandomi sul finestrino. "Dove pensavi di andare?" sono ancora in mutandine e reggiseno.
Un ciuffo di capelli mi sfiora la fronte, mischiandosi con il sangue.
Mi gira la testa mentre lui mi scruta da capo a piedi, cercando dimettermi la mano sul seno. Riesco ad afferrarla, stringendogli forte il polso.
"Non mi fai del male piccola, nessuno può".
Lo guardo dritto negli occhi, poi mi soffermo sulle labbra.
"Ah no?" scuote la testa e tenta di baciarmi, ma gli sputo in faccia.
"Stronza!"impreca, asciugandosi la faccia con una mano, poi digrigna i denti.
Riesco a muovere le gambe, perciò alzo il ginocchio e gli colpisco le parti basse, facendolo piegare in due. Poi si butta per terra,inginocchiandosi. Lui mi blocca per la caviglia, infilando le unghie nella carne.
"Non puoi scappare, piccola stronza. Ci siamo solo io e te qui".
Infine apro gli occhi, trovandomi circondata dall'oscurità. Sono di nuovo in camera mia, l'unico posto sicuro al mondo.
Mi asciugo la fronte grondante di sudore. Come posso sentire caldo, in un periodo come questo?
Guardo la sveglia e noto che manca poco all'alba. Mi alzo e vado in bagno,guardandomi allo specchio. La mia figura è snella, sciupata. Gli occhi sono gonfi, incorniciati da un leggero rossore.
Penso a Damian e al sogno/incubo appena terminato.
Chi è davvero quest'uomo e come finirà? Mi butto sotto la doccia, ma questa volta l'acqua non riesce a spazzare via la paura. Ho un leggero mal di testa, dovuto forse alle botte prese nel sogno? Era tutto così reale, ma allo stesso tempo fittizio. Mi sento dolorante, fragile e senza speranza.
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𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
Narrativa generaleGeorgia Beck desidera diventare una psicologa. Trasferitasi a Sofia per lavoro, trascorre la maggior parte del suo tempo in ufficio, con l'obiettivo di veder realizzato il suo sogno. Una sera, sulla strada per tornare a casa, un uomo la aggredisce...