Solo tu puoi mettere fine al dolore. Queste le parole del mio psicanalista, una volta che gli ho parlato di ciò che mi era successo nei precedenti mesi. Sebbene fossi stato contrario sin dal principio del dover parlare dei miei problemi ad un estraneo, mi sono fatto convincere da Anastasia. Anche lei sta seguendo una terapia, per poter riuscire a superare in maniera definitiva il lutto. Sono trascorsi tre mesi dal funerale e tra qualche giorno sarà Natale. Sarà il primo con Georgia e il primo come famiglia. Nostro figlio cresce di giorno in giorno e, quando strabuzza gli occhi, vedo qualcosa di mio. Ha le labbra di Georgia, però è calmo, per nulla irrequieto. Questo l'ha preso da me. Le parole del mio psicanalista risuonano come un mantra nella mia mente, ogni volta che torno a casa la sera. Mi sfilo giubbotto e cravatta prima di raggiungere Georgia in cucina. Indossa i guanti, che sembrano persino troppo grandi per le sue mani piccole e delicate. Non si è accorta del mio arrivo, perciò resto ad osservarla a debita distanza.
Ha gli occhi fissi su un ricettario, il naso sporco di farina. Si porta il palmo della mano sulla fronte, per spostare un ciuffo di capelli. Batto piano il pugno al muro, attirando la sua attenzione. I suoi grandi occhi incrociano i miei. "Amore, non ti ho sentito arrivare". "Meglio così. Ti stavo guardando". Arrossisce, chiedendomi di passarle una ciotola. "Cosa stai cucinando?". "È una sorpresa. Va' di sopra. Ti chiamo appena è pronto". Annuisco, lasciandola da sola. Prima di andare in camera da letto, passo dalla nursery trovando Sebastian a pancia in su nella sua culla. Lo afferro da sotto le braccia, tenendolo stretto a me. "Amore mio, papà è tornato". Lui sonnecchia sul mio petto, mentre gli accarezzo la testa priva di capelli. Sento di non volerlo lasciare, perciò mi siedo sulla poltrona accanto alla culla, restando per un po' in sua compagnia.
Il tempo trascorre inesorabile e me ne accorgo, quando Georgia sale al piano superiore per dirmi che è ora di cena. Sebastian non si è mosso di un centimetro e ha tenuto per tutto il tempo il mio pollice stretto tra le sue piccole dita. "Sei ancora vestito!" esclama Georgia restando sulla porta. Mi limito a fare di sì con la testa. Non voglio svegliare il piccolo. Lei mi chiede di porgerglielo, intanto che vado a cambiarmi. Una volta che indosso la tuta, torno nella nursery e scendo con lei in cucina. Mentre mangiamo, Georgia mi domanda com'è andata la mia giornata, imboccando un pezzo di carne. È la nostra solita conversazione. Non dico che le cose tra noi si sono raffreddate, ma sicuramente si è spezzato qualcosa. La morte di Tim ha lasciato un vuoto in tutti noi. Io e Georgia non facciamo l'amore da prima della nascita di Sebastian, il che è tutto dire. Prima di lui, lo facevamo di sovente. Adesso c'è il piccolo, che di notte sembra dormire molto più dei suoi genitori. Io non riesco a chiudere occhio prima delle tre, infatti resto spesso davanti alla tv, aspettando che mi calino le palpebre.
Dopo cena, sediamo insieme sul divano. Io seduto, mentre Georgia posa le gambe sulle mie. "Ci vorrebbe un bel calice di vino, adesso"commenta, sospirando. "Già". Faccio zapping con il telecomando. "Ma la sorpresa che stavi preparando?". "È in forno!" dichiara, sfiorandomi il viso con il piede avvolto dal calzino. Faccio una smorfia, afferrandolo tra le mani. "Questo è un grande passo..." inizia a dire, guardandosi intorno. "Che cosa?"."Prendere casa insieme, crescere un figlio..." ammicca, perciò capisco dove vuole arrivare. Sorrido, spegnendo la tv. Sollevo le sue gambe per potermi sporgere su di lei. "Se vuoi sposarmi, basta dirlo". Georgia mi prende il viso tra le mani. "Sei tu che dovresti chiedermelo". Mi attira a sé, baciandomi per prima. Il cavallo dei miei pantaloni è a contatto con il suo, i nostri petti combaciano mentre le nostre labbra si cercano, smaniose. Repentinamente mi solleva la felpa da sopra la testa, ed io faccio lo stesso con la sua canottiera. Sembra che mi abbia letto nel pensiero negli ultimi minuti, poiché speravo di fare ancora l'amore con lei. Mi è mancata così tanto negli ultimi mesi, che credevo di aver dimenticato come fosse il suo corpo.
Le mie dita sembrano riconoscere la delicatezza della sua pelle contro le mie mani, il mio naso percepisce il suo inconfondibile profumo. "Mi dispiace di averti fatto aspettare" asserisce, scostandomi un ciuffo di capelli dalla fronte. "Valeva la pena aspettare". "Ti amo, Damian Dobovan". Dichiara, prima di sprofondare tra le mie braccia. Mi tiene stretto a sé, lasciandomi piccoli baci sotto al mento, sul collo e all'angolo della bocca. All'improvviso, il timer del forno ci interrompe. Georgia si prepara a scivolare fuori da me, ma la trattengo. "Cosa succede se non lo togli dal forno?". "Brucia!" dichiara, soffocando una risata. Perciò la lascio andare, vedendola indossare velocemente la mia felpa. La osservo, intanto che arranca seminuda verso la cucina, con i capelli arruffati e il viso paonazzo. Quando si prepara a tornare da me, sgrana gli occhi. "Cosa stai guardando, amore mio?". "Te, è chiaro". Si siede sul divano, sistemandosi la felpa lungo i fianchi.
"Il dolce è pronto". Scuoto la testa, prendendola da dietro la nuca. "Il mio dolce sei tu". Torno a baciarla, mordendole il labbro inferiore. "Pensi che Sebastian stia dormendo?". "Mmmh" annuisco sul suo viso, intanto che la faccio stendere sotto di me. "Dorme beatamente. Ha preso da suo padre". "Non pensi che dovremmo andare a controllarlo?". Faccio finta di non aver sentito, mentre le sfilo la felpa dalle braccia. "Avrà intuito che i suoi genitori si sono ricongiunti. Starà ascoltando le nostre dichiarazioni d'amore al baby monitor" la faccio ridere e arrendere. "Spera che questo non accada mai. Non vorrei traumatizzarlo prima del previsto". "Traumatizzare? Sarà fiero di avere due genitori che si amano". La afferro da sotto le natiche, portandola di sopra nella nostra camera da letto. Le tende della finestra svolazzano di qua e di là, mosse dalla leggera brezza invernale. Abbasso le serrande, tornando da Georgia sotto le coperte.
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𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧
General FictionGeorgia Beck desidera diventare una psicologa. Trasferitasi a Sofia per lavoro, trascorre la maggior parte del suo tempo in ufficio, con l'obiettivo di veder realizzato il suo sogno. Una sera, sulla strada per tornare a casa, un uomo la aggredisce...