31.

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Nove mesi fa.

Era il suo terzo invito. I primi due li avevo rifiutati senza pensarci troppo.
"Dammi solo un'occasione. Dopodiché ti lascerò in pace".
Emilian era molto carino, soprattutto determinato.
"Va bene" risposi. Mi passò a prendere, portandomi in un ristorante chic. Candele sul tavolo, luci soffuse.
Ero in preda al panico. Le cose sembravano troppo affrettate.
"Ordiniamo del vino?" gli domandai. Emilian annuì, facendo un cenno al cameriere. Ordinò del vino rosso senza chiedermi quale preferissi. Bianco, ovviamente. Mi piace bere un calice di Chardonnay prima di andare a letto.
Ovviamente lui non poteva saperlo. È andato ad intuito. Ho bevuto un po' di vino rosso, tagliando a piccoli pezzi la bistecca. Chiacchierammo per tutta la serata e per un po' sono stata bene.
Gli sorridevo, sorseggiavo il vino e parlavo del lavoro, mentre con la mente andavo ad una persona. Erano passati quasi due mesi ormai.
Non avevo ricevuto sue notizie.
Non ero così importante come pensavo. Emilian era proprio lì, romantico e dolce.
Era molto preso da me e quindi mi sono lasciata andare.
Non appena mi ha accompagnato a casa, l'ho baciato una seconda volta.
La prima, a quella serata in discoteca.
"Suppongo ti sia piaciuta la serata" scherzò lui, prendendomi la mano. Sentii l'improvviso istinto di scoppiare a piangere, perciò l'ho salutato, salendo in casa.
Mi dovevo liberare di quella opprimente presenza, trovando un altro punto di riferimento.
Ho lasciato il lavoro il giorno dopo. Ho cercato un corso di psicologia ed ho venduto l'appartamento.
Era troppo costoso per qualcuno che non doveva più lavorare.
Ho trovato un monolocale economico e vicino all'università. Era perfetto.
Avrei cominciato una nuova vita.

Oggi

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Oggi.

Siedo davanti alla porta finestra, occhi fissi sui libri. "Vuoi un'omelette?".
Chiede Emilian dalla cucina. "No, grazie. Devo finire questo capitolo prima che mi si chiudano gli occhi".
"Quand'è l'esame?".
"Tra due giorni" mi sfilo gli occhiali da vista, strofinandomi le palpebre. Guardo l'orologio. Sono quasi le nove di sera e sono stanchissima.
Lui torna in soggiorno, posando due piatti sul tavolo. "Te l'ho preparata lo stesso. Tra un po' avrai fame" sorrido, prendendo una forchettata.
"Grazie, si. In effetti ho molta fame". Emilian passa qui la maggior parte del tempo, quindi è come se convivessimo. È così da sei mesi ormai. È un bravo ragazzo e tengo molto a lui. Non ci siamo ancora detti quelle due paroline.
Voglio andarci cauta stavolta. Il cuore spezzato è difficile da curare.
Dopo cena, leggo l'ultimo capitolo prima di buttarmi sul letto e crollare.
Nel mio nuovo appartamento, la luce del sole entra troppo presto, così sono sveglia alle sei del mattino. Emilian si prepara ad andare a lavoro, posandomi un bacio fugace sulle labbra. "A stasera". Mi saluta, sul ciglio della porta.

Penso di alzarmi, ma gli occhi mi si richiudono velocemente

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Penso di alzarmi, ma gli occhi mi si richiudono velocemente. Sogno due occhi color ceruleo, occhi che credevo di aver dimenticato. Non mi apparivano in sogno da quasi un anno ormai. Tento di svegliarmi, ma qualcosa mi spinge via, mi trattengono con la forza mentre odo dei rumori in lontananza.
Mi metto a sedere, tirando un grosso respiro. Stanno bussando alla porta. Guardo l'orologio che ho al polso prima di mettere i piedi per terra. Emilian avrà dimenticato qualcosa. Apro, senza pensarci troppo.
I nostri sguardi si incrociano.
"Ciao" si limita a dire. "Che ci fai qui?" indietreggio, il respiro smorzato. "No, non sei qui. Non sei reale.." tiro su con il naso mentre lui mi afferra la mano. Al suo tocco, comprendo che non sto sognando e in pochi secondi mi ritrovo sul pavimento, perdendo i sensi.

Mi guardo intorno. L'appartamento è molto piccolo. Il letto davanti alla mini cucina, la porta d'ingresso che da sul soggiorno. Io sul pavimento che cerco di far svegliare Georgia appena svenuta. Sono a pochi centimetri dal suo naso quando riapre gli occhi. Li sgrana più volte. "Damian?" annuisco, restando su di lei. Mi fissa le labbra. "Sei davvero qui?".
"Si" la aiuto ad alzarsi mentre si appoggia allo sgabello. "Che ci fai a Sofia?".
"Sono tornato".
"Come? Quando?" si porta una mano alla fronte, frastornata. "Due sere fa. Ti ho cercato dappertutto".
"Mi hai trovata" si sistema la t-shirt lunga aderendola ai fianchi. Come se ci fosse qualcosa che non ho ancora visto. Si infila i pantaloncini, andando in cucina.
Si prepara il caffè evitando il mio sguardo. "Come stai?" le domando, osservando i suoi capelli biondi. È sempre mozzafiato.

"Molto bene.." mente, ne sono certo "..sto seguendo un corso di psicologia all'università".
"Non lavori più?" scuote la testa.
"Ho dovuto cambiare casa ma non me ne sono pentita. Qui si sta davvero bene..." nel frattempo, noto degli abiti maschili sul divano. Percepisco un profumo da uomo nell'aria.
"Ho visto Tim l'altro giorno. Me lo ha detto". Lei tiene lo sguardo basso, evitando i miei occhi. "Detto cosa?" mentre versa il caffè, le blocco il polso costringendola a guardarmi in faccia.
"Di Emilian. Chi è?" digrigno i denti.
"Lo conosci. Era alla festa di capodanno dell'anno scorso" ingoio la saliva, sconvolto.
"Dovevo immaginarlo". Finalmente, gli occhi di Georgia si posano su di me.
"Cosa? Credevi che ti avrei aspettato? Mi hai lasciato e sei sparito per dieci mesi. Avevi bisogno di una pausa.. Bene, l'hai avuta. Adesso lasciami in pace". Va verso la porta, aprendola.
"Vai via, ti prego" balzo in piedi, chiudendola. "Non ne ho l'intenzione".
"Per favore" dice singhiozzando. "Mi hai già fatto troppo male. Non crearmi ulteriori problemi" si passa la mano sotto al naso, guardando dietro di me. "Non avrei mai dovuto lasciarti. Io...".
"Non si può sistemare quello che è successo. Si è creata una crepa nella nostra relazione e adesso è diventata una voragine. Ti avevo chiesto di non farti più vedere e, come al solito, hai fatto di testa tua presentandoti qui. Io non volevo rivederti. Va via".
"Georgia, ti prego...".
"Va via!" urla tra le lacrime, spostando il peso da un piede all'altro per farmi passare. La guardo un'ultima volta prima di aprire la porta e andarmene.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora