52.

511 38 3
                                    

Passo qualche giorno in osservazione, prima che i dottori mi diano il via libera per poter tornare a casa. "Ma io voglio restare con nostro figlio" spiego a Damian, vedendolo sistemare la mia borsa. Lui viene verso di me, afferrandomi per le braccia. "Verremo in ospedale ogni giorno, te lo prometto. Ma adesso dobbiamo andare. Io devo aiutare Anastasia ad organizzare il funerale..." tiro un grosso respiro prima di rispondergli. "Giusto. Il funerale..." riprendo a piangere, come ho sempre fatto negli ultimi giorni. Gli ormoni della gravidanza hanno amplificato il mio dolore, rendendo l'accettazione del lutto irrealizzabile. "Come sta tua sorella?". "Leggermente meglio. Ha passato la notte da un'amica. Gliel'ho consigliato io. Non volevo dormisse da sola". "Hai fatto bene" annuisco, andando verso la porta. "Passiamo un'ultima volta da Sebastian, prima di andarcene?". "Certo" Damian mi attira a sé, baciandomi sulla fronte. Siamo di nuovo nel reparto cure intensive e ci avviciniamo alla culla di vetro, osservando nostro figlio dormire beato. 

Il suo piccolo corpo che si alza e si abbassa ad ogni respiro

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il suo piccolo corpo che si alza e si abbassa ad ogni respiro. "Sta bene. Sarà in ottime mani, ve lo garantisco" ci assicura la dottoressa, vedendoci preoccupati. "Lo troverete sempre lì quando tornerete, ma adesso avete bisogno di andare a casa. L'atmosfera che c'è in questo posto può stancare, dopo un po'..." afferro le dita sottili di Sebastian, sussurrandogli che lo amo e che non lo abbandonerò mai. Infine andiamo via, sentendoci svuotati e affaticati. Arranco verso l'auto, allungandomi sullo schienale. Stranamente, non ho alcuna voglia nel tornare nel mio appartamento. È lì dove Breznev mi ha rapita per la seconda volta, è lì che è iniziato tutto. Non appena siamo a casa, cammino a passo felpato. Poi scuoto la testa, atterrita. Damian se ne accorge. "Amore, che c'è?". "Non voglio stare qui. Ti prego, andiamo via". Lui non aggiunge altro, quindi riprende il borsone e mi accompagna alla macchina. "Possiamo stare a casa di Anastasia, oppure prendere una stanza in hotel. Dimmi tu". "Vai dove vuoi" commento, accorgendomi immediatamente di essere sembrata arrogante. Guardo Damian, sporgendomi su di lui per baciarlo. "Mi dispiace, sono ancora scossa...". "Lo siamo tutti, non devi mai scusarti con me. Hai capito?" forzo un sorriso, baciandolo ancora. 

"Andiamo da Anastasia" dichiaro, vedendolo mettere in moto la macchina

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Andiamo da Anastasia" dichiaro, vedendolo mettere in moto la macchina.

[...]

Durante il funerale di Tim, l'intero dipartimento di polizia circonda la chiesa, alzando una bandiera a mezz'asta. Noi poliziotti siamo in divisa ,e i colleghi di Tim decidono di portare la sua bara dentro alla chiesa, posando la bandiera americana sul mogano scuro. Tim era di Chicago, perciò la sua famiglia ha voluto celebrare la funzione come avrebbero fatto in America. Anastasia, io e Georgia sediamo ai primi banchi, insieme alla famiglia di Tim. Lo conoscevo da due anni e non avevo mai incontrato i suoi genitori, o sua sorella. A metà funzione, Anastasia si alza raggiungendo il leggio. Gli occhi gonfi e arrossati, una coda di cavallo spettinata e un abito nero che fa sembrare la sua pelle più chiara. "Per chi non mi conoscesse..." inizia a dire, tenendo lo sguardo basso "...sono la fidanzata di Tim. Ero. A gennaio avremmo festeggiato il nostro primo anno insieme. Solo dopo averlo perso per sempre, ho scoperto che lui aveva intenzione di sposarmi" Anastasia scoppia in lacrime, portandosi una mano alla bocca. 

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora