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Completamente brillo e fuori controllo, aspetto il ritorno di Georgia fissando il punto in cui era ore fa.
Chissà dov'è. Chissà cosa starà pensando di me.
Ho perso tempo con quell'idiota. Ecco che cosa starà pensando. Guardo la sveglia sul comodino. Le quattro del pomeriggio.
Ad un tratto odo un click nella serratura della porta. Questa si apre e gli occhi di Georgia incontrano i miei. Ha pianto. Lo noto dal rossore nei suoi occhi, sono gonfi, tristi.
Senza dire nulla, si avvicina alla sua valigia buttandoci dentro le sue cose.
"Che fai?" domando senza ricevere risposta. "Georgia, rispondimi...". Nulla.
Chiude la valigia passando la cerniera da un lato all'altro, poi si volta. "Mi hai lasciato, perciò non vedo altro motivo per cui dovrei restare. Ho pagato la mia parte del soggiorno. Tu puoi restare quanto ti pare.." posa la valigia sul pavimento, guardandomi con odio.
"Non ti voglio più vedere" tira su con il naso, andando via. Mi infilo la felpa, inseguendola giù per le scale. Tuttavia non la trovo, vedendo un taxi svoltare l'angolo.
Salgo in camera, sistemo il letto e butto la bottiglia vuota di vodka nel cestino. Dopodiché mi preparo andando in ospedale da mia sorella.
Alla notizia di ciò che ho fatto, ricevo una seconda sberla.
"Scherzi, vero? L'unica ragazza che tu abbia mai amato, che ti è stata accanto durante tutto questo.. Tu la lasci. E per cosa? Qualche stupido senso di colpa".
"Non sono sensi di colpa. È consapevolezza" Anastasia scuote la testa. "Non ti ricordavo così imbecille". Prende le sue stampelle raggiungendo il corridoio.
Le vado dietro.
"E poi chi ti dice che voglio vivere con te? E se volessi tornare a Sofia anch'io?".
"Non ci torneresti mai. La Russia è casa tua ormai".
Lei non mi risponde.
Bene, in un solo giorno mi sono fatto odiare da due persone, le più importanti della mia vita.
La accompagno a fisioterapia per poi tornare alla macchina. Prima di partire, sbatto le mani sullo sterzo, arrabbiato e frustrato.

 Prima di partire, sbatto le mani sullo sterzo, arrabbiato e frustrato

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Pensi sempre di fare del bene ma poi ti si ritorce contro. Avrei dovuto impararlo tempo fa.

[...]

Sono a Vladivostok da un mese. Anastasia è uscita e abbiamo preso un appartamento insieme.
Le ho detto che è temporaneo, ma credo di restare, anche perché ho un nuovo lavoro.
Sono professionista del settore turismo, anche se non sono la persona più adatta al ruolo dato che ho viaggiato pochissimo negli ultimi trentadue anni.
Anastasia mi sta aiutando con il russo, finalmente e, forse, posso quasi dire di aver dimenticato la mia ex.
Forse.
Comunque non l'ho più sentita dopo che mi ha lasciato solo nella camera d'albergo. Dopo un paio di giorni mi ha chiamato Tim, urlandomi contro.
Lei gli aveva parlato.
"Sei impazzito?" ha gridato, imprecando. "Tu sei davvero fuori di testa.." aveva ripetuto senza che gli rispondessi.
"..hai lasciato Georgia per paura di essere uno psicopatico? Lo sei se l'hai lasciata. Non avrai più un'altra opportunità". Come se non lo sapessi.
Tim non mi ha più richiamato.
Adesso mi resta solo Anastasia, com'è sempre stato e come sarà sempre.

Il viaggio di ritorno dura quindici ore con un solo scalo. Perfetto. Ho il tempo necessario per crogiolarmi nel dolore prima di tornare alla normalità e lasciarmi gli ultimi due mesi alle spalle.
Non ero del tutto meravigliata dalle scelte di Damian. Mi sorprendeva che avesse rimandato così a lungo la nostra separazione.
Me lo aspettavo, come si aspetta un uragano quando c'è vento forte.
Non ho detto nulla, comportandomi come al solito, facendo l'amore con lui e portandolo a ballare.
Aveva già deciso cosa fare e nessuno glielo avrebbe impedito.
Appena rincaso chiamo in ufficio, dicendo che rientrerò il giorno dopo.
Non potevo stare a casa un minuto di più.
Katarina mi vede, domandandomi che cosa ho fatto in vacanza.
Senza nemmeno accorgermene scoppio in lacrime, quindi lei chiude la porta del mio ufficio sedendosi di fronte a me. Mi abbraccia stretta.
"Che cosa è successo?".
"Damian mi ha lasciata".
"E chi è Damian?" le racconto tutto per filo e per segno senza tralasciare alcun dettaglio.
"Posso essere onesta con te?" mi domanda, prendendomi le mani. Annuisco.
"Secondo me non ha tutti i torti ad essersi allontanato. Anzi, lo trovo saggio. Hai bisogno di tranquillità".
"Ma io lo amo..." dopodiché il silenzio.
Resto qualche minuto a parlare con Kat, per poi tornare a lavoro. Mi asciugo le lacrime, pigiando le dita sul mio computer.
Ho ventiquattro anni, non è da me piangere per qualcuno.
L'ho detto anche a lui. Sono una ragazza indipendente e continuerò ad esserlo.
Non mi ci vorrà nulla per dimenticarlo.
Trascorrono i giorni, le settimane. È marzo e, una sera, dopo una lunga insistenza da parte della mia collega, decido di uscire.
"Vengono i miei amici di capodanno, te li ricordi?".
"Si" rispondo ma nel contempo non posso far altro che rammentare che quella sera ho rivisto Damian. Bello da morire, con la camicia bianca e i capelli sistemati alla bell'e meglio.
Dopo quella sera, quando ho incontrato Alexandra, non mi ha chiesto nulla di lui e non ho ancora capito il perché. Per lei era Ștefan. Un ragazzo che non esiste.
E adesso anche Damian non esiste.
Un fantasma del passato ed è quello che resterà, a quanto pare.
Anche se non ne ho voglia, mi vesto di tutto punto, truccandomi e indossando tacchi alti. È sabato e voglio divertirmi.

Sotto casa, c'è Emilian con un enorme Audi

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Sotto casa, c'è Emilian con un enorme Audi. È alla guida e dietro siedono Katarina e Adelina. Tiro un grosso respiro, salendo in auto.
"Ciao" dice l'autista con imbarazzo. Giusto, lui mi voleva. Sorrido mentre mette in moto. Durante il tragitto le ragazze dietro di noi discutono riguardo trucco e parrucco.
"Come va?" mi chiede Emilian rompendo il silenzio tra di noi. Faccio spallucce.
"Non c'è male". Va da schifo, dico tra me e me. Quest'anno compirò venticinque anni e non ho concluso niente della mia vita.
Ho deciso. Lascerò il lavoro. Non mi importa se non riuscirò a pagare l'affitto. Ho bisogno di cambiare. Voglio buttarmi a capofitto in qualcosa che so che durerà. Come ho fatto con Damian. (anche se non è durata).
Siamo al nightclub in dieci minuti. Emilian resta attaccato a me mentre le altre girano per il locale in cerca di qualcuno che li offra da bere.
"Tu sei single?" la domanda che più temevo. "Si, esatto".
"Anche io" mi risponde lui, alzando il bicchiere. "Allora brindiamo all'essere belli ma mai soli". Sorrido e, stranamente, non è un sorriso forzato.
Mentre sorseggio il mio margarita, Emilian richiama la mia attenzione.
"La sera di capodanno avrei voluto dirti che mi piacevi. Poi ci hanno interrotto".
"Già" annuisco. "Vorrei conoscerti meglio se sei d'accordo".

È troppo presto, mi dico intanto che lo guardo negli occhi

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È troppo presto, mi dico intanto che lo guardo negli occhi. Dovrei concentrarmi su me stessa, sul mio futuro. Necessito di una distrazione, altrimenti rischio di impazzire.
In Emilian riconosco qualcosa del mio ex. Forse la profondità degli occhi chiari o il sorriso dolce.
Mi ritrovo a baciarlo dopo un paio di drink.
Lui non si divincola e non lo faccio neanche io.
Nel giro di pochi minuti veniamo interrotti dal ritorno di Adelina e Katarina. Sono insieme a due ragazzi.
Quando Emilian si stacca da me, mi sfioro le labbra. Che cosa ho fatto?

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora