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Quando esco dalla centrale di polizia, trovo un messaggio da parte di Georgia che mi fa sudare freddo.

Ciao Dam, ti sembrerà una richiesta strana ma, puoi non scrivermi per un po'? Ho bisogno di riflettere riguardo ieri, riguardo l'ultimo anno. Non cercarmi. Mi farò sentire io.

Impossibilitato a muovermi, una bici mi sfiora di sbieco facendomi fare una giravolta per poi cadere in terra. Il ragazzo sulla bici si scusa, chiedendomi come sto.
Nel contempo non ascolto nulla oltre il fruscio delle foglie, la tempia che pulsa, una macchina che frena all'improvviso. Faccio un cenno al ragazzo che va via.
Non posso dare ascolto al messaggio di Georgia e far finta che ieri notte non è successo nulla. Devo andare da lei. Capire che cosa le ha fatto cambiare idea.
Sono davanti alla sua porta in quindici minuti, bussando con decisione. Mi apre in pochi secondi, guardandomi con il fiato sospeso. La guardo dalla testa ai piedi.
Indossa solo una canottiera, mutandine e calzini rossi, i capelli color del fieno le ricadono morbidi sulla spalla.
"Damian, ti avevo detto di non venire".
"Il tuo messaggio era troppo criptico. Volevo capire che cosa fosse successo" lei si sposta, facendomi passare per poi chiudere la porta dietro di me.
"Scusa se ti chiedo una cosa simile, ma potresti indossare un paio di pantaloni?" Georgia si limita a prendere la tuta dall'armadio, infilandosela lungo le gambe.
"Bene, adesso possiamo parlare..." lei rimane a debita distanza, come se avesse paura di me.
"Cos'è successo? Credevo che ieri avessimo chiarito la situazione". Scuote il capo, facendo di no con la testa.
"Non proprio, stamattina Emilian è stato qui" digrigno i denti, geloso al solo sentire pronunciare il suo nome.
Lei non continua a parlare, ma mi indica qualcosa sul suo comodino. C'è una piccola scatola azzurra con un nastro del medesimo colore.
La prendo tra le mani, aprendola con le dita che tremano.
"Che cos'è?" chiedo mentre una goccia di sudore mi attraversa la fronte.
"Secondo te?" domanda, evitando il mio sguardo.
"È chiaro che è un anello di fidanzamento. Volevo sapere che significato ha per te". Lei alza le spalle, imbarazzata.
"Non lo so, ecco perché ti ho chiesto un po' di tempo. Ma tu come sempre non ascolti. Sei impulsivo, arrogante... Tu..." la vedo agitarsi, chiudendo i pugni.
"La colpa è mia adesso? Ieri sera mi hai detto di averlo lasciato. Ci siamo baciati.." Georgia annuisce.
"Già".
"Te ne sei pentita per caso?".
"No, per niente" inizia a dire, tirando su con il naso "...però la situazione non è delle migliori. Non potete mettermi davanti ad un bivio del genere e aspettarvi che la prenda bene. Non sai l'anno che ho passato". Mi gratto il mento, innervosito.
"Si lo so e ne abbiamo parlato fino allo sfinimento ieri sera. Avrai notato la reazione penosa che ho avuto in camera mia. Mia sorella che mi consolava. Non l'ho mai fatto per nessuna ragazza. Mai".
Georgia prende tempo, camminando da una parte all'altra della stanza.
Io resto seduto, inerme. Non so cosa potrei fare se fossi a pochi millimetri da lei.

"Ti posso chiedere di andare via? ti prego" brontola tra le lacrime, restando a debita distanza

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"Ti posso chiedere di andare via? ti prego" brontola tra le lacrime, restando a debita distanza.
"No, mi dispiace. Dobbiamo risolverla una volta per tutte". Lei scoppia in una risata isterica.
"Tipico di te, Damian. Sei un egoista. Non vedi che sto male? Lasciami in pace" balzo in piedi, incapace di restare calmo. Mi affretto ad andare da lei, prendendole il viso tra le mani. Le sue guance umide sfiorano le mie, le sue labbra bagnate e morbide combaciano alla perfezione con la mia bocca.
La guardo negli occhi, vedendola sorridermi.
"Ti dico di lasciarmi in pace e tu mi baci?".
"Scusa, non potevo più resisterti" questa volta è lei a baciarmi, mettendo entrambe le mani dietro la mia nuca. La sento ridere quando la mia barba sfiora il suo collo. Mi fa indietreggiare, spingendomi sul divano. Si sfila la canottiera, lasciando i seni liberi, i capelli che li sfiorano come per magia.

"Questa dovrebbe già essere una risposta, no? Non riusciamo a stare lontani senza sentire il bisogno di toccarci" le dico, scostandole una ciocca dal viso

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"Questa dovrebbe già essere una risposta, no? Non riusciamo a stare lontani senza sentire il bisogno di toccarci" le dico, scostandole una ciocca dal viso.
"Sta zitto adesso" mi fa sollevare il bacino per sfilarmi i jeans, io faccio lo stesso con il suo pantalone della tuta e i calzini rossi. Mi leva il maglione da sopra la testa, scompigliandomi i capelli.
Il suo seno è a contatto con il mio petto mentre le sussurro di amarla da morire.
"Anche io ti amo, idiota" con una capriola finiamo sul pavimento ed io prendo il suo posto lasciandola scivolare sotto di me, smaniosa.
"Non sai quanto mi era mancato tutto questo" le dico guardandola negli occhi.
"Questo non vuol dire che ti ho del tutto perdonato, ok? È solo sesso".
"Oh, ma certo" rispondo con un accenno di ironia, facendola ridere.

𝐃𝐚𝐦𝐢𝐚𝐧 | 𝐒𝐞𝐛𝐚𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora