My Ninja Way

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Quando Shikamaru arrivò in casa Uzumaki si era già fatta notte. Dopo aver perso di vista Naruto e aver incontrato gli altri decise, sotto consiglio del maestro Iruka, di dirigersi verso la torre di guardia della città, in modo da avere informazioni riguardo il presunto attacco del Villaggio: per fortuna i ninja di guardia gli riferirono che Konoha era al sicuro.
Infatti, l'area adiacente al perimetro del muro di cinta era libero e sotto stretta sorveglianza. Il secondo dell'Hokage avvisò le squadre ninja di dare il cessato allarme, per poi dirigersi di nuovo in ufficio, dove gli alleati della sabbia attendevano un responso. Si sentì in dovere di scusarsi più volte con loro per il comportamento di Naruto e, dopo aver ripreso e concluso il seminario, li fece scortare fuori dal Villaggio della Foglia, facendogli avere tutti i fogli relativi al briefing da presentare al Kazekage, una volta tornati nella loro città.
Ciò gli fece perdere un sacco di tempo, e dell'Hokage non ci fu alcuna traccia per tutto il resto della giornata.


Dopo aver definito gli ultimi ordini e aver fatto chiamare il maestro Kakashi per farsi rimpiazzare qualche ora, il ninja fu finalmente libero di andare a tirare un pugno a quell'idiota di Naruto, sicuro che lo avrebbe trovato a casa sua data l'ora così tarda.

Suonò al campanello sito fuori il cancello ma non rispose nessuno. Benchè si sentisse un ladro, Shikamaru scavalcò il muretto d'entrata, deciso a scoprire cosa si celasse dietro quella strana storia.
L'abitazione era completamente immersa nel buio.



"Ma che diavolo..."



Allarmato, il ninja entrò chiamando Naruto a gran voce, e quando gli occhi si abituarono alle tenebre, rimase spiazzato da ciò che vide...

L'intero stabile era stato completamente messo sottosopra e giaceva in un tremendo caos.
Cocci di ogni tipo coprivano l'intero pavimento: vetri, schegge di legno e gommapiuma erano sparpagliati qua e là, e tutt'intorno a lui nient'altro che un gelido silenzio.

Salì al piano superiore e lì, steso a terra, con lo sguardo perso nel vuoto, trovò un Naruto assolutamente irriconoscibile.
La poca luce artificiale che entrava dalle fessure delle finestre gli permisero di notare dei profondi solchi sulle nocche gonfie e sanguinanti dell'amico.

Tirò fuori una sigaretta dal taschino. La accese, diede una profonda boccata e si sedette accanto al compagno.
Rimase in silenzio ad assaporare il gusto amaro del tabacco, poi porse la sigaretta a Naruto che, senza proferire parola, se la portò alla bocca ed aspirò.

Il tiro gli bruciò in gola, facendolo tossire. Porse di nuovo la sigaretta al proprietario piuttosto divertito.

«Succedeva anche a me, quando ero un pivello.»


Stettero seduti in silenzio per qualche tempo, finché Shikamaru prese parola:

«Hai fatto proprio un bel casino. Se volevi riarredare casa bastava fare una chiamata ai facchini, te l'avrebbero svuotata senza fatica.»


«Se n'è andata.»


Il Secondo dell'Hokage espirò tutto il fumo quasi fosse un sospiro. Alzò una mano verso Naruto che, avendo capito il gesto allusivo, gli porse quella dannata lettera stracciata.

Finalmente tra le sue mani, l'uomo la lesse in assoluto silenzio.

Naruto fissava il pavimento della sua camera da letto senza battere ciglio. Dopo alcuni minuti vide Shikamaru buttare a terra la lettera, per poi alzarsi.

«Bene» bofonchiò dirigendosi verso l'uscita, mentre Naruto lo guardava sbigottito.

«Tutto qui? E' tutto quello che hai da dire?» urlò rabbioso.

Shikamaru si bloccò dandogli le spalle.

«Si, è tutto qui» gli rispose secco, voltandosi poi a guardarlo:

«La prossima volta che prendi decisioni avventate, assicurati che gli altri non si ritrovino a pensare alle peggiori catastrofi. Sei il Kage del Villaggio della Foglia, non un uomo qualunque.»


Naruto tacque sentendosi profondamente in imbarazzo, per poi seguire con lo sguardo il suo amico, che nel frattempo aveva iniziato a scendere le scale.


«Dove vai?»


«A casa. Ci vediamo domani. Sii puntale, hai un sacco di lavoro arretrato da recuperare» e se ne andò, lasciandolo di nuovo solo.


Rimase ancora un po' a terra, stavolta stranamente alleggerito: il peso che provava nel petto si era sgonfiato grazie alla spontaneità di Shikamaru, il quale aveva reagito alla notizia in maniera del tutto impassibile, o almeno così gli parve.

Era successo davvero. Hinata se n'era andata, portando via con sé tutta la felicità.
Pensò ai suoi figli e a come avrebbero reagito alla notizia che mamma e papà si stavano lasciando... Avrebbe potuto rivederli?

Prese ciò che rimaneva del cuscino di Hinata e lo annusò, tentando di immaginarla accanto a sé, ma la rabbia che provava nei suoi confronti lo fece irrigidire al punto da gettarlo via.


«Come hai potuto farci questo?» disse sottovoce, sbattendo la testa al muro adiacente la sua schiena.


"Perchè? Io non riesco a capire..."



Chiuse gli occhi. Infine si alzò.


Si rialzava sempre. Non importava quanto fosse arduo farlo: lui era un ninja. E anche se, di tutti i colpi presi nel corso della sua vita questo era il più duro da sopportare, lui non avrebbe ceduto.

Avrebbe combattuto.


Con quel pensiero in testa, Naruto corse fuori da quelle mura spoglie, dirigendosi in un punto lontano del Villaggio: con le stelle ben visibili sopra la sua testa, Naruto corse assaporando quel senso agrodolce di libertà, e più correva, più la rabbia scendeva per far posto ad una strana voglia di rivalsa, la stessa che aveva provato numerose volte in battaglia. Si fermò a guardare Konoha illuminata da mille neon: era bellissima.
Con le lacrime agli occhi ma un enorme sorriso sulle labbra, l'uomo prese fiato per poi urlare a squarciagola:


«Io sono Naruto Uzumaki, l'Hokage del Villaggio della Foglia! Sono il portatore del Cercoterio a Nove Code, sono un ninja e l'eroe della Grande Guerra! Io non mi arrenderò mai, perché questo è il mio Credo Ninja!»



L'eco delle sue parole eccheggiò per la vallata come un tuono. Il suo viso ora era pieno di determinazione, e mentre sperava che quelle parole fossero in qualche modo arrivate alle orecchie di Hinata, Naruto fece una solenne promessa a sé stesso:


Non avrebbe più sofferto a causa della solitudine.




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Nel frattempo, in una zona remota della città, qualcuno nell'ombra sorrise sardonico.

«Mh, A quanto pare non basta.»

«Cosa facciamo?»

«Aspettiamo» disse, e le due figure svanirono nel nulla.




Four Seasons to say AishiteruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora