Racconti dal passato -non proprio- #14 (Capitolo 49.5)

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–Brutto pezzo di merda, con che faccia ti presenti qui?!– Monoma mi aprì la porta della sua stanza incazzato nero. Mi tirò verso dentro per il colletto della giacca, sputandomi contro insulti in francese.
–Ma che cazzo stai dicendo?!– lo riscossi, quando mi ripresi e riuscii a formulare qualche parola.
–Come hai osato tradire Hitoshi-kun?!– sbottò, tornando ad esprimersi in giapponese.
Io strinsi gli occhi e alzai le sopracciglia. –È questo che ti ha detto? Che l'ho tradito?

Neito alzò le sopracciglia. –Non l'hai tradito?
–No...– risposi. –Non proprio. Non in quel senso.
Capendo che stesse succedendo qualcosa di strano e che Hitoshi dovesse avergli mentito, il ragazzo biondo alzò un sopracciglio. –Che cazzo è successo allora?
–Emh... Diciamo che ha scoperto una parte di me che era meglio restasse nascosta e non l'ha presa benissimo.
–Ma... a me aveva fatto intendere che ti eri fatto una tipa– fece lui, un po' a disagio.
–Emh... no. Finora, che ricordi, mi sono fatto solo lui.

–E allora che è successo?– insistette.
–Non lo vuoi davvero sapere, guarda– risposi. –Ma lo capirai comunque tra qualche ora. È inutile che te lo dica ora.
–Okay...– mormorò. –E tu allora che ci fai qui?

–Sto per sistemare questo casino, e mi servi tu– gli dissi. –Hitoshi però non lo deve sapere. Non ancora.
–Non pensi che continuare a nascondergli cose sia controproducente?– mi disse, senza avere torto.
–Gli voglio dire la verità ma lui non vuole ascoltarmi. Prima non mi ha nemmeno fatto entrare in camera sua– raccontai. –Penso sia incazzato forte.
–No, non è incazzato– disse lui. –È solo deluso e col cuore in frantumi.
–Te l'ha detto lui?
–È venuto a piangere da me stanotte– ammise. –Ma non dirgli che te l'ho detto.
–Ah...
–Va be', senti, come posso aiutarti a sistemare questo casino?– chiese lui. –Fa male anche a me vederlo in quello stato.

–Devo fare una cosa brutta, okay?– iniziai, parlando piano e pesando ogni singola parola.
–Quanto brutta?– fece lui, i cui occhi lasciavano trasparire una certa preoccupazione. L'avevo spaventato, ma poco importava.
–Troppo– risposi, onesto. –E proprio per questo devo chiederti l'ennesimo favore.
Annuì. –Dimmi.
–Stanotte, domani o quando ti pare porta questa a Hitoshi– gli ordinai gentilmente, passandogli una busta con dentro una lettera. –Puoi anche leggerla, tra qualche ora non avrà più importanza. Ma oltre voi due nessuno deve sapere della sua esistenza. Nessuno.
Il ragazzo annuì. –Va bene...
–Un'altra cosa– aggiunsi.
Lo afferrai per entrambe le spalle all'improvviso, guardandolo dritto nel profondo dei suoi occhi grigio-azzurri. –Da domani prenditi cura di lui, per quanto difficile possa diventare– gli chiesi. –Ti prego, ne avrà bisogno.
–Ma che hai intenzione di fare?– sussurrò con gli occhi spalancati.
–Capirai tutto in meno di qualche ora, te lo giuro– gli assicurai. –Puoi farmi questa promessa? Posso lasciarlo a te?
–Oddio, ma ti vuoi suicidare?!
–Ma che?! No!– esclamai. –No, no! Certo che no!
–Meno male...– disse, portandosi una mano al cuore. –Caspita, mi stavo seriamente preoccupando. Sai, no... la lettera e... insomma, sembra quasi un addio.
–No, no, tranquillo– lo rassicurai. –Lo sai che ho intenzione di campare ancora un po'.

–Puoi farmi questa promessa, allora?– gli chiesi, tornando al succo del discorso. –Ti prego, ho poco tempo.
–Certo, te lo prometto– rispose. –Il tuo ragazzo è in ottime mani!
Ero molto sollevato, così felice che scattai in avanti e lo strinsi in un abbraccio. –Non lo metto in dubbio... grazie, Neito.

Il ragazzo, rimasto immobile e con gli occhi spalancati non più dalla paura ma dallo stupore, non ricambiò subito la stretta, probabilmente non riuscendo a credere che stesse accadendo veramente. Qualche secondo dopo alzò timidamente le braccia e, ancora sconvolto, le poggiò sulle mie spalle con diffidenza. Non lo scacciai, anzi, lo strinsi più forte, pentendomi di tutte le volte che l'avevo trattato male, non capendo quanto in realtà lui significasse per me. Neito mi sarebbe mancato, mi ritrovai a pensare, sorpreso da me stesso.

–Denki-kun..?– chiese, incerto. –Tutto bene?
–Sì...– mi riscossi dai miei pensieri. –Scusa, io...
–Tranquillo– disse, approfittando della situazione per tenermi un po' tra le sue braccia ed io, tutto sommato, non mi opposi. –Sta pure tutto il tempo che vuoi.
Non volendo ancora costringermi a lasciarlo, allentai appena la stretta e continuai a parlare.
–Io devo andare in un posto a fare una cosa– gli dissi. –Non so per quanto dovrò restarci, ma se vado dovrei riuscire a sistemare tutto.
–Hitoshi non lo sa, vero?
Scossi la testa. –Se lo sapesse non mi lascerebbe andare e non risolveremo mai niente.
–Se provo a dirti di non andare è inutile, vero?– chiese, battendomi le mani sulle spalle.
–Devo andare– insistetti. –Lasciami partire, fallo per Hitoshi.
–Tu sei sicuro che la tua assenza non lo farà stare peggio?
–Forse soffrirà, ma lo faccio per il suo bene– dissi. –È per questo che ti chiedo di restargli accanto.
–Se lo fai per il suo bene non ti tratterò– concesse. –Ma promettimi che ti prenderai cura di te stesso.
–Come?
–Tu mi detesti, amico, ma io ti voglio davvero molto bene– spiegò. –Dimmi almeno che non stai facendo una grandissima cazzata.
–Te lo giuro... sistemerò tutto– risposi.
Monoma annuì piano. –D'accordo, allora... e quando torni?
Rispondere a quella domanda fu molto più difficile di quanto si potrebbe pensare. Non sapevo neanche se sarei tornato veramente, poiché la vita di un villain non dava garanzie.
–Il prima possibile– risposi, chiedendomi cosa volessero dire le mie stesse parole. –Appena posso, davvero. In un modo o nell'altro... ci rivedremo presto.

Presi un respiro profondo, lo lasciai e recuperai lo zaino.
–Devo andare, ora– annunciai. –E se qualcuno te lo chiede, tu oggi non mi hai visto.
Monoma annuì piano, e gli si inumidirono gli occhi. –A presto, allora.
–A presto.
Abbassai la maniglia, indugiando un attimo sulla porta. –Neito-kun?– chiesi, stringendo la cinghia dello zaino.
–Sì?– chiese lui, dietro di me.
–Io non ti detesto affatto– dissi e poi, senza voltarmi, lasciai la stanza e mi incamminai per quel sentierello oscuro e accidentato che era la mia strada.

The Void Behind Your Eyes‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora