Kaminari's pov
–Perdonami...– sussurrai, quando lui se n'era già andato.
Mi guardai le mani, sporche di rosso cremisi. Avevo stretto quella rosa così forte che le spine mi si erano conficcate nella carne, facendomi sanguinare. Ignorai quel dolore, lasciandomi andare, a testa bassa, ad un pianto silenzioso. Mina, svegliata da tutto quel rumore, scivolò fuori dalla porta e si sedette accanto a me. La guardai negli occhi, poi lei mi avvolse in un abbraccio e mi strinse a sé. Almeno lei non mi avrebbe abbandonato.
–Che è successo?– chiese.
Non glielo potevo certo dire.
Poggiai la schiena contro la parete della porta, lasciandomi andare a qualche sporadico singhiozzo. –Ha scoperto che mi drogo.
–Pensavo lo sapesse– obiettò la ragazza con calma.
–Sapeva delle canne ma non della cocaina– mentii. –Non l'ha presa bene.
–Non ha tutti i torti– sospirò. –Su, vieni qua.
Detto ciò, versai tra le sue braccia probabilmente tutta l'acqua che avevo in corpo, poiché ad un certo punto più che lacrime, furono due fiumi a rigarmi il volto.Quando ebbi la forza di rialzarmi tempo dopo, mi ricordai di non aver ancora richiamato Geten. Ringraziai Mina per il supporto e la congedai. Fu molto restia all'idea di andarsene, ma la stanchezza ebbe la meglio su di lei. Ripulii alla bell'e meglio il corridoio dove si era rovesciato il terriccio, e ancora piangendo spostai la rosa dentro un bicchiere in attesa di trovare un vaso. Se non fossi riuscito a sistemare le cose con Hitoshi e quello fosse stato il suo ultimo regalo, l'avrei conservato con la massima cura per tutta la vita.
Mi sdraiai a letto ma non speravo di addormentarmi come aveva fatto la mia vicina di stanza, e non sarei mai nemmeno crollato per la stanchezza. Non finché non avessi parlato con Hitoshi.
Ormai mi aveva scoperto; cercare di convincerlo che non ero al telefono con i villain sarebbe stato impossibile. E, onestamente, non aveva neanche più senso continuare a mentirgli. Se anche gli avessi parlato ero certo che non mi avrebbe più voluto intorno, e se avesse scoperto che avevo detto fandonie avrebbe definitivamente perso la fiducia in me. E, data come l'aveva presa, non sapevo neanche se volesse ascoltare ciò che avevo da dire.
Non c'era nemmeno da sorprendersi. Hitoshi era un bravissimo ragazzo che voleva fare l'eroe. Per quanto mi volesse bene, ora che lo sapeva non poteva restare con me.
Io... io ero tante cose molto brutte. Ero un tossicodipendente, un borseggiatore, uno spacciatore, un ladro, uno che se lo pagavi andava a picchiare la gente e si divertiva anche... insomma, ero un villain e lui un eroe.
Non serve che ve lo dica io che in queste condizioni una relazione non può funzionare."Io lo sapevo" disse la voce nella mia testa, interrompendo il flusso dei miei pensieri. "Non poteva che finire così. Hai fatto un casino, e nella migliore delle ipotesi adesso gli fai schifo, se non è già arrivato ad odiarti. Quel povero ragazzo si è procurato una cicatrice per te, e guarda come l'hai ripagato"
Mentre le lacrime minacciavano di ritornare presi il telefono, ora con lo schermo scheggiato, e gli scrissi un messaggio."Scusami, scusami, scusami tantissimo" recitava il testo. "Ti prego, ascoltami. Poi potrai odiarmi, denunciarmi agli eroi, sputarmi in faccia, tutto quello che ti pare ma, ti scongiuro, prima lasciami spiegare"
"Okay, sono uno stronzo doppiogiochista, lo ammetto. Ma c'è un motivo se ho fatto quello che ho fatto... scusa se non te l'ho detto prima. Avrei voluto, davvero, ma non sapevo come fare"Shinsou visualizzò il testo poco dopo, iniziò a scrivere qualcosa ma non inviò nulla. Mi lasciò senza risposta.
Provai a scrivergli altro, ma con mio sommo terrore notai che i messaggi che inviavo avevano smesso di arrivargli.
Mi aveva bloccato.
–Cazzo...– sussurrai, senza essere né sorpreso né arrabbiato. Me lo meritavo e non lo biasimavo.
Presi un respiro per calmarmi, ma non funzionò e tirai un pugno contro il muro, facendomi un male cane alle nocche delle mani. –Ahia...
Intanto avevo un'unica azione che sapevo di dover e poter compiere, pur di non fracassarmi le nocche: dovevo richiamare Geten.–Ehi Denki, ma che è successo?– mi rispose lui dopo nemmeno due squilli. –Sono due ore che aspetto la tu-
–Mi hanno scoperto– ammisi, interrompendolo a metà frase.
–L'hai ammazzato?– fece lui con nonchalance.
–No– risposi.
–E cosa aspetti a farlo?
–Non posso ucciderlo!– esclamai, inorridito solo all'idea. –È Hitoshi, il mio ragazzo!
–Ah...– sospirò. –Beh... e allora stai scappando?
–Geten, io non posso... voglio parlargli, prima– dissi. –Sempre che ci riesca... non sembra molto intenzionato ad ascoltarmi.
Gli raccontai in breve cosa era successo.
–Beh, ha pure ragione lui...– disse il ragazzo dai capelli bianchi. –Però sai che in questo momento sei in pericolo. Non puoi stare lì.
–Sì, lo so... se andasse a dirlo ad un eroe per me sarebbe la fine– dissi. –E considerando che è incazzato nero e le persone incazzate nere spesso smettono di ragionare...
–Denki-kun, io ti consiglio di tornare qui il prima possibile se non riesci a far stare zitto Hitoshi– predisse le mie parole.
–Ma non posso ammazzarlo, non lui– mi lagnai. –Non ce la farei...
Geten sospirò. –Ascolta, facciamo così: tu vai a parlargli, se è davvero così importante. Se non ci riesci, scappa. Se non ti vuole ascoltare, scappa. Se pensi che ti abbia già denunciato, scappa senza nemmeno provare a cercarlo. Se le cose vanno male, entro stasera ti voglio qui. Hai capito?
–Ricevuto– annuii.
–Vai, prima che sia troppo tardi– mi congedò. –Appena si svegliano, avviso io tutti gli altri. E se succede qualcosa e servono rinforzi, non esitare a chiamarmi.
–Grazie, senpai– risposi, per poi chiudere la chiamata.
Presi un respiro profondo. Avevo solo una giornata, eh? Circa dodici ore per mettere a posto tutto, in un modo o nell'altro.Uscii dalla porta; si era fatta mattina. Mi diressi verso il dormitorio della 1ªC e mi ci intrufolai dentro senza difficoltà, per poi andare a fino alla porta di Hitoshi.
Bussai piano. Dubitavo stesse dormendo, ma avevo paura di spaventarlo.
–Toshi?– chiamai, non ottenendo risposta. –Toshi... sono io. Puoi aprire?
Silenzio di tomba.
–Amore, ti prego...– insistetti sempre a bassa voce. –Lasciami spiegare.
Provai ad appoggiare un orecchio sulla porta, ma non riuscii a sentire altro che non fosse un pianto trattenuto a stento e dei respiri pesanti che sapevano di dolore. Cazzo, conoscevo quel rumore. Erano gli stessi di quando una volta, mesi prima, l'avevo beccato con le lamette in mano, intento a... beh, quello.
Poggiai una mano sulla maniglia, sperando che la porta fosse aperta, ma ovviamente era chiusa a chiave.
–Toshi, aspetta... aprimi– sussurrai. –Lo so che sei qui e mi senti. Ti prego... voglio spiegarti. Ti dirò la verità.
Batté un colpo sulla porta, facendomi sobbalzare.
–Vattene via– disse la sua voce, stentata, spezzata, arrabbiata.
–Toshi, ti prego...– lo supplicai. –Ti voglio spiegare tutto. Sarò onesto, te lo giuro.
–E pensi davvero che ti creda ancora?– sputò fuori le parole con rabbia e aveva perfettamente ragione. Nemmeno io mi sarei fidato di lui, a parti invertite.
–Per favore, amore– gli dissi. –Per favore, Toshi aprimi, voglio spie-
–Vattene!– sbottò. –E smettila di chiamarmi "amore"!Quelle poche sillabe furono come il morso di un serpente velenoso. Un brivido mi percorse tutto il corpo, bloccandomi lì sul posto.
–Hitoshi...– sussurrai, ma lui non mi rispose. –Scusami... se vuoi torno tra un po', non so... Mi rendo conto che non sia una bella notizia da digerire ma sono sicuro che dopo che ti avrò spiegato come stanno le cos-
–Ti ho detto di andartene!
Controllato da una forza esterna alla mia volontà, mi allontanai dalla porta e scesi le scale. Quando fui di nuovo nel giardino nella scuola mi riscossi, stordito e confuso. Come..?
Ah... ma certo.
Il suo quirk.
Cazzo.
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The Void Behind Your Eyes‐Shinkami
FanfictionSegreti, menzogne, mezze verità: questi tre elementi che caratterizzano da sempre il mondo e la vita di ognuno. Le persone non sono mai chi dicono di essere, e chi ha il vuoto dietro gli occhi lo sa meglio di chiunque altro. Attenzione: questa sto...