Capitolo ventinove

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Kaminari's pov

La sera dopo, come d'accordo, entrai di soppiatto nei dormitori della sezione B finché non giunsi alla stanza di Monoma. Non fu particolarmente difficile, dato che lui si era impegnato a tenere tutti occupati mentre io sgattaiolavo su per le scale fino a giungere nella sua stanza. 

Mi sedetti sul suo letto aspettando che arrivasse, controllando il telefono di tanto in tanto e dandomi un'occhiata intorno. La stanza era strapiena di fumetti di autori francesi, alcuni in lingua originale ed altri tradotti. Nel complesso, nonostante gli scatoloni del trasloco e una montagna di vestiti sulla sedia, era ordinata, ma rimasi quasi deluso nel constatare che, tutto sommato, lo stile di Monoma si rifaceva molto meno alla famiglia Addams di quanto avessi immaginato la sera precedente. Per qualche motivo, notai con facilità un reggiseno nero sportivo sepolto tra i vestiti sulla sedia. Preferii far finta che non esistesse, non troppo sorpreso di trovarlo lì. 
Probabilmente se avessi aguzzato lo sguardo e avessi cercato meglio avrei trovato un sacco di oggetti più strani ed inquietanti del reggiseno, ma decisi di non indagare. Tenni a freno la curiosità e lo attesi pazientemente.

Monoma non tardò ad arrivare, e fu in stanza addirittura in anticipo rispetto a quanto programmato. Entrò, salutò con aria sorpresa e poi tirò fuori una scorta di pasticche di ecstasy nascosta in un cassetto con un doppio fondo. Vi sbircia all'interno; dentro c'era una marea di droghe di vario genere, tutta divise ordinatamente in sezioni. Prese una dose di ecstasy e qualcos'altro dal sacchetto, poi si sedette sul letto accanto a me.

–Non pensavo saresti venuto sul serio, considerando com'è finita l'ultima volta– confidò subito dopo averla mandata giù, dopo averla mischiata con qualche sostanza che forse è meglio non riportare. (nota di nikita: se decidete di drogarvi, io non voglio la responsabilità di avervi passato le ricette
–Non avevo intenzione di presentarmi, inizialmente– ammisi, con un'alzata di spalle. –Ma, sconti a parte, l'idea di vederti mentre fai qualche cazzata che ti farò ricordare a vita... insomma, la tentazione era troppo alta. E poi, l'altra volta ho scoperto un bel segreto.
Scosse leggermente la testa, divertito. –Sei un bastardo, Kaminari.
–Lo prendo come un complimento.
–Bene, non lo era.

Chissà perché, la sua ultima battuta non mi sorprese affatto. Continuammo ad insultarci più o meno amichevolmente un po' a vicenda, finché, venti minuti dopo averla ingerita, l'ecstasy non fece effetto. All'inizio Monoma ebbe dei giramenti di testa e non si sentì bene, ma i suoi malesseri e le sue lamentele svanirono in fretta. Dapprima non me ne resi conto, ma poi realizzai che il biondino sgradevole e antipatico che conoscevo era svanito per lasciar spazio a una versione molto più... come dire..? Diciamo che aveva voglia di flirtare, ecco.

–Te l'ho mai detto, Kaminari, che sei davvero un figo?– chiese, alzandosi tutto d'un tratto ed avvicinandosi fin troppo alla mia faccia. –Tipo... fighissimo?
Parlò mentre stavo bevendo dell'acqua, e a causa di quella sua uscita per poco non mi affogai.
–Come scusa?!– esclamai sorpreso, spingendolo via bruscamente.
–Ceh, dai, amico– rispose con un'alzata di spalle. –Non sei affatto male, anche se sembri un'ape.
–Emh... grazie?– borbottai, chiedendomi se la mia somiglianza con le api fosse autentica o se se la fosse inventata adesso, sotto effetto di ecstasy.

–Però, dobbiamo ammetterlo, il tuo amico viola è molto meglio di te– continuò, parlando come una ragazzina ad un pigiama party con le amiche. –Mi chiedo se sia etero, tu ne sai niente?
–Parli di Shinsou?– chiesi, trattenendo a stento la gelosia nei confronti del mio ragazzo. L'avrei volentieri preso a pugni, se avesse detto altro su di lui.
–Lui– confermò.
–È un gran figo– concordai. –Ma, mi dispiace per te, è anche fidanzato.

–Ma che peccato– disse quasi sconsolato. –E tu, invece?
–Sono la ruota di scorta?– sbottai, a metà tra il divertito e l'offeso. –Fammi capire.
–Beh, diciamo che nella scala delle mie crush sei al secondo posto.
–E quante crush hai?
–Due– ridacchiò per nessun motivo. –Allora, sei single?
–Sono impegnato anch'io– dissi. –Ma se anche fossi stato single, Monoma, non mi sarei mai e poi mai messo con te.
–Perchè no?– chiese, piegando la testa di lato. –Sono così brutto?
–Non è la tua faccia il problema– risposi, guardandolo bene.
In effetti me lo ricordavo molto più cesso di com'era in realtà, ma anche se avesse avuto il volto più bello dello U.A. e la sua vita sentimentale fosse dipesa da me, sarebbe comunque rimasto single.
–E allora cosa?
–Sei arrogante e non fai altro che insultare chiunque– gli ricordai. –È per questo che nessuno, incluso me, ti vuole intorno.
Monoma si intristì, buttandosi all'indietro sul letto. –Me lo dicono tutti che faccio schifo.
–Hanno ragione– obiettai.
–Vaffanculo!

Ridacchiai, mentre lui si deprimeva senza motivo. In realtà la scuola era piena di ragazze che gli sbavavano dietro, ma evidentemente al momento se l'era scordato. O, più semplicemente, non gli interessavano le ragazze.
Si era leggermente offeso, ma di certo l'indomani non si sarebbe ricordato della nostra chiacchierata e non avevo motivo di dargli peso e preoccuparmene.
Aspettando che gli effetti della droga scemassero e che Monoma la smettesse di chiedermi con insistenza se Shinsou fosse ancora fidanzato o se negli ultimi cinque minuti si fosse lasciato, qualcuno bussò alla porta.

Non sapendo che altro fare, mi avvicinai e, imitando quanto meglio potessi la voce dell'altro ragazzo, chiesi chi fosse.
–Sono io, idiota– disse una voce facilmente riconoscibile: era Kendou Itsuka, la ragazza dai capelli arancioni che poteva ingrandire le sue mani. –Apri la porta, oggi pomeriggio ho lasciato i miei auricolari da te.

Non le risposi, non sapendo che fare. Lei bussò più forte. –Monoma! Ma ci sei?
–Che cazzo faccio?– borbottai, guardando Monoma che stava ancora deprimendosi per la sua vita sentimentale e per la sua inesistente relazione con il mio fidanzato. E, per quanto non mi andasse l'idea, per la sua inesistente relazione anche con me.
–Monoma!– lo chiamai. –C'è Kendou, che cazzo faccio?!
–Chiedile se vuole una canna!– esclamò. –Così ci fa compagnia.
Alzai un sopracciglio. –Ma sei serio?
–No bellezza, sono fatto– disse, e scoppiò a ridere. –Veditela tu.
Okay, non mi sarebbe stato di alcun aiuto.

–Monoma! Apri la porta o la faccio cascare giù io a suon di pugni giganti!
–Sono nella merda– realizzai, cercando di elaborare la scusa più credibile che potessi per giustificare la mia presenza. Mi feci coraggio, e aprii quanto bastava per sgattaiolare in corridoio. Prima di uscire afferrai un paio di auricolari rosa che avevo trovato sulla scrivania, ipotizzando che fossero i suoi.

–Kaminari?– chiese lei, sbigottita.
–Cerchi questi?– chiesi con un sorriso, porgendole le cuffiette rosa.
Lei le prese con uno scatto della mano. –Che ci fai tu qui?!
–Come scusa?
–Che ci fai qui?– ripeté, stranita.
Sbattei le palpebre, cercando una risposta convincente. –Io... Ero passato a trovare Monoma.
–Ma se ti odia...– obiettò lei, cercando di spingermi da parte per entrare nella stanza.
–Nah, fa solo finta– mentii. –Vedi, è che... siamo cugini.
–Cosa?– lei cercò di sbirciare all'interno della stanza, ma io non glielo permisi, prendendola sottobraccio con fare amichevole e portandola via. –Vieni, amica mia, ti offro un gelato!
–Ma tu e io ci conosciamo appena, non siamo amici– obiettò, cercando di liberarsi dalla presa.
–È il momento giusto per fare amicizia, allora!– esclamai, ritirandola dall'altra parte.
Mi tirò uno scappellotto gigante sul collo, liberandosi e tornando verso camera di Monoma. Nonostante la inseguissi, riuscì ad aprire la porta. Lo trovò ancora sul letto, intento a borbottare cose.

–Ma che cazzo sta facendo?– chiese, rivolta a me. –Sta bene?
–Mi ha copiato il quirk e gli è andato in cortocircuito il cervello– mentii, trascinandola di nuovo fuori dalla porta. –Se lo lasci tranquillo gli passerà prima.
Tra una marea di proteste e domande a cui evitai in ogni modo di rispondere, la trascinai nel soggiorno del dormitorio.

Seduti su uno dei divani, iniziai a raccontare a lei ed altri ragazzi che si erano avvicinati una parentela assurda e completamente inventata che spiegasse come io e Monoma fossimo in realtà cugini di terzo grado. Le dissi che lui era il figlio dei cugini dei nipoti del nonno di mio padre, ma che poi alcuni si erano trasferiti in Europa e avessero perso i contatti. Li confusi così tanto che alla fine ci credettero. Beh, ad essere onesti, ero così confuso che alla fine quasi ci credetti pure io.
–Eh già, siamo imparentati– conclusi, rivolto a Tetsutetsu e a quel ragazzo completamente nero di cui non ricordavo il nome. –Ma non ditegli che ve l'ho detto; dato che sono nella sezione A, diciamo, si vergogna un po'.

Raccontando fandonie ai ragazzi della B, mandai un messaggino veloce all'unica altra persona che, per quanto non mi andasse di interpellare, in quel momento si potesse occupare dello spacciatore. Parlo, naturalmente, di Shinsou.

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Spazio copyright!

La battuta dell'ape l'ho presa dalla storia di  the_fire_in_my_head! Se vi va passate a darci un'occhiata, è una shinkami ed è molto carina!

Nikita

The Void Behind Your Eyes‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora