Capitolo quarantasette

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Shinsou's pov

Mi sentivo letteralmente come se mi fosse caduto il mondo addosso. Non riuscivo a pensare a qualcosa che non fosse Denki.
Le parole del ragazzo continuavano a rimbalzarmi nella testa, da una parte all'altra, aspettando di essere metabolizzate e accettate.
Ma per quanto ci provassi, proprio non ci riuscivo.

Non volevo credere che Denki stesse veramente chiacchierando con Toga.
Non volevo credere che chiamasse amichevolmente Geten "senpai".
Non volevo credere che stesse raccontando dei battibecchi di Dabi e Shigaraki come si parla dei capricci di due bimbetti delle elementari.
Non volevo credere che stesse per riferire qualcosa sul conto di Kurogiri, probabilmente informazioni destinate a trovare un modo per farlo evadere.
Non volevo credere che Denki stesse aiutando il nemico.
Non volevo credere che Denki stesso fosse un nemico.

Quando mi fermai mi ritrovai nel bel mezzo del parco dello U.A., molto lontano dai dormitori delle prime classi. Non c'era nessuno nei paraggi, e faceva un freddo cane. Mi sedetti per terra col fiatone della corsa, in mezzo al prato, con le mani tra i capelli. L'erba della notte mi inumidì i pantaloni, ma non me ne accorsi neanche. Ero troppo occupato a pensare, piangere, tremare non per il freddo ma per la rabbia e la paura di ciò che sarebbe successo dopo.

Cacciai un urlo che nessuno ascoltò.
La parte peggiore di scoprire che il tuo ragazzo era un tuo nemico era anche rendersi conto di volere che fosse lui stesso a consolarti. Me ne vergognavo tantissimo, ma già dal primo momento in cui avevo messo piede fuori dalla sua stanza avevo avvertito la necessità di tornare indietro e piangere sulla sua spalla.
Non riuscivo a non voler sentire ancora il suono della sua voce, la sua mano sulla mia, il suo fragile corpicino addormentato accucciato contro di me.
Non riuscivo a non volerlo accanto, a non voler rivedere il suo sorriso.
Nonostante tutto, non riuscivo a non amarlo.
Ma, a lui, tutto questo, sembrava non importare.

Denki non era chi diceva di essere. Se avesse finto di essere gentile? Se in realtà era un villain sadico e sanguinario? Ora che sapevo, mi avrebbe ucciso per tenete al sicuro il suo segreto? Adesso mi stavano cercando?

Mentre ero ancora immerso nei miei pensieri, mi alzai in piedi e camminai, quasi meccanicamente, fino ad un luogo che conoscevo benissimo.
–Hitoshi-kun?– chiese un Monoma Neito assonnato, aprendomi la porta. –Amico, che cazzo stai facendo qui a quest'ora?
Scossi la testa, entrando. Vedendo che stavo morendo dal freddo, il ragazzo si curò di passarmi una coperta blu e rossa e di prepararmi qualcosa di caldo.
–Che succede?– chiese, quando ci fummo un minimo sistemati.
–Denki– sbottai, senza neanche pensarci. 
–Okay...– fece lui, per rompere il ghiaccio. –Che ha combinato quella specie di Pikachu?
–Emh...– non sapevo se volergli rispondere. –Ecco, lui...
–Ti ha fatto le corna?– chiese con gli occhi socchiusi, cercando di decifrare la mia espressione.
In effetti mi aveva tradito, anche se non nel senso che intendeva il mio amico. –Lui... in un certo senso, sì. Diciamo di sì.
–Veramente?!– il ragazzo restò letteralmente a bocca aperta. –Brutto stronzo..! Oh Cristo, ti giuro che appena lo prendo lo disintegro, altroché! Gli spezzo una gamba come lui ha spaccato il mio naso, come minimo! Ci stai?
Scossi la testa. Per quanto se lo meritasse, non volevo che gli facesse male.
Ero patetico.

–Ne vuoi parlare o..?– mi chiese, tornando serio.
Annuii in segno d'assenso.
–L'avevo riaccompagnato al dormitorio dopo che avevamo trascorso la serata insieme– gli raccontai, andando incontro al bisogno di sfogarmi che non potevo più reprimere. –Gli avevo detto che sarei tornato, ma quando ero fuori dalla sua porta ho sentito che stava parlando al telefono.
Presi un respiro, sentendo le lacrime che minacciavano di tornare, e cercai di parlare senza tradire il suo segreto. Facevo proprio pena, non riuscivo nemmeno a dire la verità a colui che con ogni probabilità era il mio migliore amico.
–Stava parlando con una ragazza e, oh Neito, non puoi nemmeno immaginare cosa si sono detti...
Il biondo mi fece cenno di avvicinarmi, mi fece appoggiare a lui e mi avvolse in un abbraccio confortante.
–Mi ha sempre mentito, capisci?– gli dissi, con il cuore in frantumi. –Per tutto questo tempo non ha fatto altro che dirmi bugie... non che non sapessi che Denki fosse un bugiardo, ma credevo che con me fosse onesto. Che idiota sono stato!

The Void Behind Your Eyes‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora