Capitolo cinquanta‐Fine prima parte

751 75 56
                                    

Shinsou's pov

–Shinsou-kun, tu lo sapevi?– chiese Aizawa, seduto davanti a una tazza di caffè.
Sospirai, mi asciugai furtivamente una lacrima, poi annuii. –L'ho scoperto poco tempo fa.
–E perchè non me l'hai detto?– continuò, tranquillo. –Ti ha minacciato?
Scossi la testa. –No... cioè, non penso. Se n'è andato senza dire niente.
Aizawa continuò a sorseggiare il suo caffè, guardandomi di sottecchi.
–Beh, non proprio– ammisi. –Sono io che mi sono rifiutato di ascoltarlo.
Afferrai la mia tazza e bevvi nervoso un sorso di caffè, nascondendomi dietro la ceramica dalla vergogna. Il mio maestro avrebbe dovuto sgridarmi, espellermi, ed ero pronto rassegnato a ricevere la giusta punizione. Chiusi gli occhi, in attesa, ma non accadde niente.
Riaprii un occhio e vidi Aizawa, voltato verso destra, che fissava delle vecchie fotografie appese al muro con lo sguardo perso.
–Questo non risponde alla mia domanda– mi fece notare senza distogliere lo sguardo dalle foto. –Perchè non me l'hai detto?
Rimasi in silenzio. Aveva ragione: perché non glielo avevo detto?
–Io... non lo so perché non l'ho detto– sospirai. –Non ci ho nemmeno pensato, onestamente.
–Tu... tu lo ami ancora, non è così?– chiese. –Anche dopo aver scoperto la verità, volevi proteggerlo.

Annuii senza neanche rendermene conto. Aizawa aveva ragione anche su questo.
Denki era stato ripreso dalle telecamere di sicurezza uscire dal cancello, dove lo aspettavano Geten e Dabi; li aveva salutati come due vecchi amici e poi erano svaniti nell'ombra.
–È per questo che non hai pensato nemmeno per un attimo di andarlo a denunciare, vero?– insistette il professore.
Annuii piano. –Non posso farci niente, sensei... non sarei mai riuscito a tradirlo. Non... non ce l'avrei fatta.
Gli occhi di Aizawa si soffermarono sulla foto scolorita di un ragazzo dai capelli bianchi. Sospirò.
–Conosco questa sensazione... quando la persona che ami si rivela essere il tuo nemico– chiarì, confondendomi solo più di prima. –Non ti biasimo, anzi, al posto tuo probabilmente avrei fatto lo stesso.

Rimasi in silenzio, in attesa che andasse avanti con la lista di domande che doveva rivolgermi.
–Quindi non sapevi che Kaminari sarebbe scappato?– chiese, controllando un fascio di appunti rimasto sulla scrivania.
Quella domanda fu come un pugno nello stomaco. Forse, quella mattina, era venuto ad avvisarmi, o forse se n'era andato proprio perché non era riuscito a parlarmi.
Mi sentii in colpa, pur sapendo che fosse lui ad avere torto in ogni caso.
–No– risposi. –L'ho scoperto oggi, quando mi ha fatto chiamare.
–Va bene, Shinsou-kun. Non ti succederà niente.
–No?
–No– mi rassicurò con un sorriso forzato, preoccupandosi di scarabocchiare su quei fogli le mie risposte. –Nel rapporto scriverò che tu non sapevi niente e sulla carta sarai un'altra delle sue vittime. Non hai nulla di cui preoccuparti.

–Ma non è giusto– obiettai. –Dovrei essere punito per aver tenuto la bocca chiusa.
–Dovresti, hai ragione– concordò. –Ma penso che non ci sia punizione peggiore, per te, che restare senza Kaminari. Non voglio peggiorare la tua situazione, è già abbastanza tragica cosi.
–Sicuro che vada bene?– chiesi, a testa bassa. Gli ero grato, certo, ma sotto sotto pensavo che una punizione me la meritassi. Pulire i bagni? Occuparmi di Eri per un altro mese intero? Scrivere su una lavagna "Non devo innamorarmi di un villain" qualche migliaio di volte?

–Ciò che non va bene è che quello stronzo non ti abbia nemmeno lasciato un messaggio– disse invece lui, indignato. –E, considerando che adesso è ricercato, dubito che te ne manderà. Assurdo... e pensare che anche a me sembrava un bravo ragazzo..!
Mi asciugai un'altra lacrima con la manica della camicia, ma subito dopo una terza mi rigò il volto e il sensei lo notò.
–Vieni qui, figliolo– disse, stringendomi in un caldo e confortante abbraccio.

*****

Poco dopo l'interrogatorio con Aizawa, Monoma bussò alla mia porta.
–Ehi– disse piano, entrando.
–Ehi– risposi distratto, tirando le maniche della felpa il più in basso possibile, per coprire fin'oltre i polsi.
Si sedette sul letto accanto a me, guardando le maniche con la faccia di uno che temeva di sapere cosa aspettarsi.
Avvicinò una mano al mio polso destro. Ad un primo contatto lo irrigidii e lo ritirai, ma poi mi rassegnai e lo lasciai fare. Tirò su la manica, scoprendo le tante striscioline rosso scuro che avevano appena iniziato a cicatrizzarsi.
Sospirò, lasciandomi il polso. –Già, nemmeno io l'ho presa molto bene– disse, scoprendo appena il proprio polso. Anche il suo era pieno di piccoli taglietti che, ad occhio, sembravano leggermente più nuovi dei miei. –Da un certo senso di sollievo, eh?
Annuii. –Aiuta a non pensare, almeno.
Restammo in silenzio per un attimo, finché non fu lui a parlare.

The Void Behind Your Eyes‐ShinkamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora