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Non so per quanti giorni i suoi occhi abbiano tormentato i miei sogni, non so con quale forza io quel sabato l'abbia portata via senza dare uno straccio di spiegazione nemmeno a mio fratello, l'ho vista piccola e indifesa, l'unica cosa che ho saputo fare è stato abbracciarla per poi prenderla e portarla via regalandole la caloria di una casa sicura.
Sono stato con lei tutta la notte, l'ho sentita agitarsi, l'ho sentita piangere mentre pregava, mentre chiedeva disperatamente a qualcuno di fermarsi, l'ho guardata mentre stringeva le lenzuola in un pugno, e l'ho cullata quando ne ha avuto bisogno.
"L'ho portata a casa" è stata l'unica risposta ai vari messaggi di Alec che mi chiedeva dove fossimo, lui aveva più diritto di me di sapere cosa fosse successo quella sera, mi ero limitato ad un "lei non ha parlato, ho solo capito tutto da solo" lasciandolo con ancora più dubbi. Non so quando sia successo, ma so che se fino ad oggi lei non ne abbia fatto parola nemmeno con i suoi genitori è perché preferisce tenerlo per sé.
Non l'ho più vista da quella sera, e ne sono passate esattamente dodici di sere, si è chiusa in camera, ha spento il telefono, non è nemmeno andata a scuola e tutto ciò che io davvero vorrei fare è mettere le mani addosso a quel verme che ha osato toccarla.
<<E' ancora chiusa in camera?>>
Mi volto verso la voce profonda di Alec che si trova seduto davanti a me, non ha dormito molto, lo noto dalle profonde occhiaie.
<<Non vuole uscire>>
<<I suoi genitori>>
<<Non capiscono cos'abbia>>
<<Pensano ci sia di mezzo Jordan?>>
<<No...>>
<<Andrea>>
<<Non me lo chiedere ancora ti prego...>>
Vorrei potergli dire ogni cosa, ma so già che lo andrebbe a prendere solo per porre fine alla sua vita, è sempre stato il più focoso tra i due, cede facilmente agli attacchi di rabbia e perde il controllo non capendo nemmeno il quantitativo del male che riesce ad infliggere
<<Sto impazzendo Andrea, lei... lei è importante per me>>
Deglutisco a fatica il boccone amaro, e cerco di ignorare il più possibile il fastidio che mi recano le sue parole. La mente viaggia alla notte dove l'ho tenuta stretta, dov'era fragile e dove solo io sono riuscito a calmarla, sgattaiolando via come un fottuto codardo prima che lei aprisse gli occhi.
<<La mia mente immagina gli scenari peggiori, e se solo scoprissi che...>>
<<Che cosa?>> chiedo fissandolo
<<Che lui... che lui le ha messo le mani addosso...>>
La sua voce si spezza mentre pronuncia le ultime parole e vorrei dirgli che si sbaglia ma tutto ciò che faccio è calare lo sguardo facendolo vagare sul tavolino bianco
<<E' così vero?>> ruggisce in seguito
<<Alec calmati>>
<<Cazzo>>
Non ho il tempo di fermarlo che è già fuori dal locale. Mi alzo di scatto cercando di andargli dietro ma lui è già salito in auto ed è andato chissà dove a cercarlo, perché io conosco bene mio fratello e adesso la sua testa punta solo a Meson ed a come fargli del male.
Quando salgo in macchina mi stranisco non appena ricevo l'avviso di chiamata da parte di Dylan così rispondo immediatamente:
Signore?
Vieni a casa Andrea
Meson, Alec e tutto il resto passa in secondo piano, sgommo infrangendo ogni limite di velocità arrivando nel minor tempo possibile sotto al palazzo dove vive la famiglia Azlan. Veloci, quasi furiosi i passi che riecheggiano nell'androne, e vorrei che quest'ascensore salisse più velocemente.
Entro in casa quasi di corsa e quando vedo i suoi occhi qualcosa dentro di me sembra ritrovare la pace. Lei è seduta sul divano, gli occhi cupi, spenti passano da me alle sagome sedute davanti a lei, ed è come se mi stesse urlano di salvarla.
<<Vieni Andrea ti devo presentare il mio socio e i suoi figli>>
E chi ha scritto questa storia dev'essere davvero fuori di testa, perché non appena voltano la testa verso di me tutto ciò che mi viene da fare è spalancare la bocca assumendo un'aria scioccata