Capitolo 22

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Follia

Wendy

Non mi sono mai lamentata di questa sua possessività nei miei confronti e il fatto che qualcuno prenda le mie difese mi fa davvero sentire al sicuro. Sono consapevole di non essere in grado di reggere un confronto come quello avvenuto con Tyler ma il modo in cui il soldato ha reagito stasera, è stato davvero esagerato.

Guardo tristemente i bellissimi fiori che, in altre circostanze, sarebbero stati il gesto più romantico che abbia mai ricevuto ma non è stato così. Odio Tyler per quello che mi ha detto ma la violenza di Bryan mi ha sconvolta di più. Era come se non lo stesse facendo solo per me. Ho una vaga sensazione che lui stesse pensando anche ad altro ma sono ancora lontana dal capirlo e tutto ciò mi angosciante. Sono rimasta da sola come una stupida, dentro quella cucina a cercare di convincere il ragazzo a non dire nulla allo zio dell'accaduto e lui mi ha promesso che non lo farà. "A meno che quel coso non si scuserà con me." Aveva detto con un sorriso beffardo. Mentirei se dicessi di non aver pensato di fare lo stesso gesto del soldato. Forse non in quel modo ma una pacca forte sul braccio magari gliela l'avrei data.

Ad ogni modo ho pensato molto prima di uscire e affrontare Bryan e sono sempre più convinta di una cosa: non voglio che sia lui a risolvere tutti i miei problemi. Almeno finché non si tratta di violenza fisica, voglio essere in grado di affrontare questa situazione da sola anche a costo di stare male per giorni. È il mio ragazzo, me ne rendo conto e potrebbe essere una reazione normale ma non voglio fare l'indifesa per sempre.

In questo momento però mi sta davvero facendo tirare fuori tutta la furia che provo più che per lui in realtà, vorrei rivolgerla a Tyler. Non sono cieca, ho chiaramente visto che è stato quest'ultimo a voler usare le maniere forti ma Bryan non doveva per forza ricambiare il suo tentativo con tanta rabbia. "Sei insopportabile." Dico infine non avendo più alcuna voglia di trattenermi. Se lo merita. Sa benissimo di essere un soggetto pericoloso eppure non si è trattenuto dal punire il gesto di quel ragazzo.

"Ma davvero?" Chiede facendomi arrabbiare ancora di più. Dovrei prendere questo mazzo e tiraglielo in testa.

Sono un po' scioccata dai miei pensieri ma oggi non mi tiro indietro. "Si." Rispondo spavalda non rivolgendogli neanche un briciolo della mia attenzione.

Mi accorgo tardi che siamo sulla strada sbagliata per tornare a casa e per un momento mi assale il panico.

Che cavolo sta facendo?

Si ferma dentro un parcheggio, illuminato solo da tre lampioni e non mi piace per niente l'ambiente. Mi ricorda tanto una scena di quel film horror che abbiamo visto la prima volta insieme. Terrorizzata, mi guardo in giro e poi sento lo slaccio della cintura del soldato. Titubante sposto i miei occhi su di lui, guardandolo a dir poco impaurita. Lui afferra i fiori dalle mie mani e li mette sul sedile posteriore. "Che stai facendo?" Chiedo per nulla a mio agio.

Girato verso di me con la solita maschera fredda, mi fa pensare che non gli sia piaccia molto il mio comportamento ma non ci posso fare nulla. "Facciamo in questo modo tu mi dici il motivo per cui stavi scappando via e io chiuderò un occhio su questa faccenda." Dice e per poco non mi metto a ridere. Crede davvero di convincermi così? Il mio caro tenente che lascia perdere le cose così facilmente?

"Lo so che non lo farai." Affermo convinta sebbene tenerlo in sospeso in questo modo non porterà a nulla di buono.
Lui sospira pesantemente girando il capo in avanti con la mano ancora sul volante e la pazienza che sembra abbandonarlo. Non mi piace questa situazione e non mi piace questo dannato parcheggio.

Come se avesse preso una decisione in quei pochi attimi, allontana il sedile dal volante e slaccia anche la mia cintura. Osservo tutto con riluttanza e quando mette una sua grande mano sul mio braccio e mi tira a sé senza proferire parola, tutta la calma lascia spazio al mio battito cardiaco irrefrenabile. Costretta ad alzarmi dal mio sedile mi fa accomodare sul suo grembo, di nuovo in quella posizione faccia a faccia e le gambe aperte attorno a lui. Al contrario dell'ultima volta mi affretto a incrociare le braccia al petto, allontanando i nostri volti. Nonostante dentro di me io stia sperimentando ogni tipo di panico,  imbarazzo e ansia questa volta sono determinata a non lasciargliela vinta. Continuo a specchiarmi dentro quei suoi occhi argentei e freddi nonostante il timore delle sue prossime mosse. Sussulto quando stringe la presa sui miei fianchi e poi la sua voce profonda finalmente si decide a continuare questa conversazione. "Non voglio che tu stia male per quell'idiota." Ghigna e per un secondo mi costringo a capire il suo punto di vista ma la mia coscienza mi ricorda un piccolo appunto che non mi farà cambiare idea. So per certo che anche lui sta male per qualcosa che riguarda suo padre eppure non ne ha mai parlato con me allora perché dovrei farlo io? Non ha lo stesso significato, mi dico, ma in qualche modo, dentro di me tutto ciò assume lo stesso valore.

La Cerbiatta Innamorata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora