Capitolo 40

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Bad Weather

Bryan

Fuori ha cominciato di nuovo a piovere, un tempo di merda e detestabile soprattutto quando hai la testa incasinata. Dovunque ho portato i miei occhi nelle ultime due settimane qui a Charleston mi sembrava solo di vivere un déjà-vu e non credo io sia nella posizione di dire che è tutto solo nella mia testa perché non è così.

Sono a mala pena le sette di sera quando scendo dall'auto e mi faccio a passi lunghi e fra le gocce di pioggia irrefrenabili la strada fino all'entrata del Leo's Diner. Sto ancora zoppicando ma la gamba sta guarendo malgrado con ogni tentativo tuttavia questo non sembra accadere nella mia testa.
Wendy è troppo ottimista. Quella ragazza, quel minuscolo essere mi sveglia sempre con un sorriso più grande ogni giorno, convinta che io prima o poi raccoglierò tutto il fardello perso. La ammiro per questo nonostante a volte ho come l'impressione che nasconda ciò che veramente prova.

Dentro quel posto, dall'arredamento tipico di un amante dell'eccessivo con tanto di quadri strani appesi ai muri e un bar camuffato come quello di un club in fondo alla grande sala, trovo fortunatamente poca gente rispetto all'ultima e, per quanto strana può sembrare, prima volta che ci ho messo piede. Non so perché ma proprio come quella volta adocchio quel tavolo vicino alla grande vetrata che da sulla strada e mi siedo proprio lì. C'è una vista che non guasta davanti ai miei occhi.

Il menu posizionato su un ornamento in legno al centro tavola mi fa venire in mente le parole di Wendy. Vuole che prenda un piatto in particole, una bistecca con contorno delle verdure, che secondo lei, il sapore potrebbe svegliare qualche ricordo ma purtroppo se la prima volta non ha funzionato ne dubito accadrà adesso. Con la coda dell'occhio catturo una figura avvicinarsi e riconosco subito io vecchio Leonard.

"Ciao, Bryan." L'uomo, pieno di un'aria contenta, si stampa un sorriso un po' tirato. "Che bello vederti di nuovo qui!"

La prima volta era talmente indaffarato che non è riuscito nemmeno a guardami per un secondo oggi invece con il posto mezzo vuoto, se la prende con calma. "Ciao Leonard."

"Scusami per l'ultima volta." Si porta una mano sopra il torace. "Ho saputo quello che ti è successo." Aggiunge con un cipiglio di preoccupazione sul volto.

Già, quello l'hanno saputo in tanti. Appena ero arrivato in città hanno voluto vedermi, salutare il loro amico soldato e invece hanno trovato solo una testa confusa e persa. Mi hanno guardato con disappunto, peggio di mio padre che mi ha accusato con accanimento. Mi ha sorpreso il fatto che sia stata Wendy a spiegare meglio le cose alla maggior parte delle persone anche se ho notato che nutre una certa antipatia verso l'uomo davanti a me e i suoi genitori, no anzi, peggio verso sua madre. Non le ho chiesto spiegazioni, a livello emotivo parliamo poco, probabilmente è per questo motivo che credo sia stia mentendo a stessa su come si senta veramente. Eppure malgrado tutto momenti in cui dimentichiamo, capitano a volte. Momenti in cui parla spensierata di tutto e di più accanto a me, regalandomi delle espressioni buffe, sorrisi smaglianti e il mondo intero. La sua capacità di migliorarmi ogni giornata nonostante il tumulto nella mia testa è impressionante così come lo è il suo fascino, soprattutto quei occhi che mi ricordano tanto quelli di una cerbiatta.

"Capirai, dopo anni di servizio qualcosa doveva pur succedere, non sempre la fortuna è dalla nostra parte." Replico con la stessa frase che ho sentito dire una volta a un mio superiore i primi anni alla base.

Il vecchio annuisce come se comprendesse perfettamente le mie parole. "Posso sedermi?" Chiede indicando la sedia davanti alla mia.

Sposto la mia gamba stesa sotto il tavolo e gli faccio cenno verso il posto vuoto. "Sei a casa tua, non devi chiedere."

La Cerbiatta Innamorata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora