READY TO GO

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Continuai a seguire Alex, camminando al suo fianco, con i muscoli tesi e la testa inondata d'informazioni.

"Elenoire, dobbiamo dividerci. Io andrò sul lato est dell'impianto, tu dovrai scivolare verso quella zona e piazzare il C4 sui pilastri ok?" Alex continuava ad osservare la centrale elettrica con il suo piano ben saldo in testa, gesticolando verso la direzione che dovevo prendere.

"Quanti ne devo piazzare?" gli domandai, mentre aprivo, con mani esitanti, la zip dello zaino che teneva sulle spalle alla ricerca del materiale plastico.

"Direi che ne basteranno circa una decina. Devi piazzarli alla base dei pilastri, se trovi fessure, feritoie è meglio. Dopodiché dovrai andare verso la centralina di comando, piazzarne una lì e correre via. È chiaro?" la sua voce fu fredda in quel momento, nell'agitazione captai solo la sua determinazione a far saltare tutto in aria.

"Alex, dove la trovo la centralina?" continuai, improvvisamente travolta dai dubbi. Non conoscevo l'impianto, non mi era mai capitata l'occasione di intrufolarmi in quel luogo né di far saltare in aria un qualsiasi palazzo.

Mi sentivo la persona meno adatta a farlo, eppure eccomi lì, rigiravo fra le mani il c4 e studiavo la zona verso cui mi dovevo dirigere.

"Nello zaino c'è la mappa dell'impianto. El, guardami!" le sue mani scivolarono sul mio viso, racchiudendolo in una stretta. I suoi occhi di ghiaccio mi fissarono per un istante, facendomi slittare al centro del suo mondo.

"Andrà tutto bene..." mi rassicurò, accarezzandomi le guance.

La mia mano andò a cercare il contatto con la sua, per stringerla ed assaporare il tiepido calore della sua pelle.

Avevo bisogno di sentirmi così, racchiusa in quel piccolo frangente che ci univa perché l'agitazione continuava a salire.

Ero ansiosa.

Preoccupata.

E se avessi fatto esplodere l'esplosivo prima che lui si fosse allontanato dalla zona?

Questo dubbio era nato spontaneamente nella mia testa, ma il suo sguardo pungente e rassicurante al tempo stesso lo cancellò all'istante.

E quando il dubbio si sciolse nel mare di emozioni che indelebilmente mi caratterizzava, allora eccola.

Arrivò veloce.

L'esplosione.

La sua onda d'urto mi accarezzò con rabbia i capelli corti e scuri a cui ancora non mi ero abituata.

E poi la polvere.

Un muro di polvere.

Che avanzava lentamente inglobando ogni cosa durante il suo cammino.

E il rumore assordante di cemento e ferro che si sgretola come burro.

Poi un'altra esplosione, a cui seguirono molte altre.

Alcune dove avevo piazzato il c4 ma altre da un lato che non riuscivo a vedere.

Probabilmente erano le cariche piazzate da Alexandar.

Ed eccolo il fuoco.

Divampò all'istante abbracciando quel che restava del mostro d'acciaio di sei piani, abbracciato dalla polvere.

Accartocciato. Distrutto. Bruciato.

Me ne restai lì in silenzio, ad un centinaio di metri dalla base di cemento che avevo fatto saltare in aria, osservando le pennellate di rosso, arancione e giallo che si mescolavano e si alzavano verso il cielo, sfumando in quel colore grigio scuro che formava una nuvola di fumo.

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