JUST A LITTLE TRUTH

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Nella lunga distesa di erba selvaggia, sotto il sole cocente di quella giornata, respirai a fondo.

L’aria era densa di umidità in quel momento e i miei occhi potevano facilmente identificare le singole gocce di sudore che scendevano dai volti dei soldati che avevo di fronte.

Il mio cervello velocemente valutò tutte le opzioni, mentre captava i movimenti di Evan provenire da dietro le mie spalle.

Le sue braccia si alzarono lentamente in segno di resa e il suo cuore smise di battere per un istante.

La tensione si tagliava nell’aria.

“Alza le mani!!!” mi intimidì uno dei soldati mentre cercava di avvicinarsi a me con il fucile sempre puntato verso il mio viso.

Al suono di quelle parole, sentii l’impulso nervoso attraversare il mio corpo per arrivare tramite i neurotrasmettitori fino ai muscoli del mio braccio sinistro.

Ogni cellula muscolare non reagì come il soldato mi chiese. Anzi.

Con velocità disumana il mio braccio scivolò dietro la schiena per afferrare il coltello che avevo nei jeans e nello stesso istante in cui sentii il freddo acciaio al contatto delle mie dita, il mio corpo si accucciò per scattare come un felino verso gli uomini che avevo di fronte.

I movimenti che susseguirono quell’azione furono rapidi, fulminei ed impercettibili ad occhio umano.

Puntai con la lama affilata le gole di quegli uomini muovendomi fra le prede come un leone preso dalla sua battuta di caccia e solo dopo aver squarciato il collo di una decina di loro, mi girai per puntare gli ultimi soldati che rimasero ancora in piedi.

Mi voltai appena in tempo per captare il movimento delle dita di quegli uomini esercitare una decisa pressione sui grilletti degli AK47 che tenevano fra le braccia.

Una pioggia di proiettili seguii la mia corsa intorno alle loro fila: con movimenti rapidi saltai e mi spostai sopra le loro teste per deviare la traiettoria delle pallottole d’argento che schizzavano vicino al mio corpo.

Scivolai dietro al busto di un soldato come un perfetto predatore, lo afferrai per la gola strappandogli di netto la carotide dalla sua sede naturale e mi feci scudo con il cadavere zampillante dell’uomo.

Inconsapevolmente un ringhio feroce e acuto uscì dalla mia gola con forza, superando le labbra tese che lasciavano intravedere la fila di denti.

Centinaia di proiettili squarciarono il corpo del soldato, spruzzando sangue dappertutto e colorando ogni singolo filo d’erba di un rosso cremisi così intenso da far percorrere il mio corpo da una scossa adrenalinica mai provata prima.

Sibilai apertamente ai tre soldati che avevo davanti in preda ad un’agitazione che faceva pulsare il mio cuore a ritmi frenetici.

Di fronte allo sguardo impotente di Evan, ormai impietrito nella sua posizione davanti a quell'orrendo spettacolo, scaraventai il cadavere che mi aveva fatto da scudo fino a pochi secondi prima per balzare verso i tre sopravvissuti.

Con delicati e velocissimi movimenti delle mani infilai le dita negli occhi dei miei avversari, accecandoli all'istante.

Ormai inermi davanti alla mia forza immortale, ebbi tutto il tempo per affondare i denti nella carne, lacerando i muscoli del collo, e per sventrare i corpi dei soldati, uno dopo l’altro.

Restai ferma in mezzo alla radura sotto il sole, fisso nel cielo ormai da ore.

‘E’ finita….’ pensai guardando intorno la strage che avevo appena compiuto.

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