PICCOLE RISPOSTE

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Rimanemmo immobili a contemplare il silenzio che sovrastava la stanza per un po’, con l’eco delle mie ultime parole ancora in mente.

“Va bene…” disse lui quando la bocca intuì la mia resistenza. Alzò un sopracciglio, abbozzando un finto sorriso sulle labbra ora tese.

Guardai il viso di Alexandar cambiare espressione nel giro di pochi secondi.

Stupore. Rifiuto. Consapevolezza.

“Vai a prepararti, più tardi dobbiamo uscire!” mi ordinò con un gesto veloce della mano, sparendo dalla mia vista.

Iniziai a mordermi il labbro inferiore, cercando di capire.

Non riuscivo a cogliere realmente i pensieri che spingevano Alex a comportarsi così. Volevo entrare nella sua testa, volevo frugare negli angoli più remoti di quella mente secolare, per rispondere ai più intimi dei miei quesiti. Alle domande irrisolte che ancora cercavano spazio nella gola, per concretizzarsi in voce.

Peccato che ormai ero sola nella stanza e nessuno avrebbe risposto alle mie domande.

Senza soffermarmi un istante in più per pensare a cosa era appena accaduto, mi infilai nel corridoio e mi lanciai giù per le scale con un unico scatto felino.

Atterrai e mi rialzai di scatto, per ritrovare Beatrice seduta su un tavolino in attesa.

Nel frattempo si era cambiata d’abito, vestendo una tuta di un materiale elastico che le fasciava il corpo minuto fino alle caviglie.

Ai piedi portava un grosso paio di anfibi, del tutto identici a quelli che indossavo io.

Non vedendola più col suo abito di seta verde, intrecciato di nastri e pizzi, capii che non saremmo di certo andati ad un cocktail party.

“Seguimi” mi disse, facendomi strada senza indugi.

Ormai aveva accantonato tutte le formalità che le appartenevano, e potevo facilmente notare come la sua grinta ora era venuta a galla.

Proprio come mi disse Elisabeth, questa piccola bambina vampira, molto più anziana di me, aveva certamente delle doti nascoste.

La seguii in silenzio nel tragitto fino alla porta di una piccola cantina, cercando di mettere in ordine la marea di informazioni che avevo catturato da Alex, per trovarne a tutti i costi un senso.

Avvolta nel buio, vi era una scalinata in pietra che portava in una piccola sala, che immaginai facesse da magazzino.

Quando Beatrice aprì la luce, la mia bocca fece una grossa ‘O’ per lo stupore.

I miei occhi correvano freneticamente sulle pareti di quella cantina, facendomi attraversare da scosse adrenaliniche in tutto il corpo, un po’ per ammirazione, un po’ perché quello che ci aspettava era uno scenario denso di aspettative nebulose.

“El, scegli quello che vuoi!” mi disse Beatrice facendo roteare il braccio per mostrare la mercanzia appesa alle pareti.

La cantina era illuminata con molti spottini appesi lungo il soffitto in maniera irregolare.

Di fronte alla scalinata, sulla parete più ampia vi erano sistemati diversi tipi di fucili d’assalto, mitragliette leggere, pistole automatiche e vi era anche un RPG che sovrastava tutto l’arsenale ed alla nostra destra l'altra parete era attrezzata con tutti i loro caricatori suddivisi  per tipologia.

Quando girai lo sguardo verso la parete di sinistra non potei evitare di rimanere imbambolata a fissarla. Beatrice si affiancò a me.

“Sono belle non è vero?” mi disse ammirando quella che era una collezione secolare “Sono di Alexandar…” continuò avvicinandosi alle lame inserite in grossi supporti che sporgevano dal muro.

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