STRONG DEAD

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Passai quasi una settimana rinchiusa in casa. Non avevo voglia di uscire, né di vedere persone. Men che meno andare in clinica ad occuparmi del mio lavoro. Ogni sera quando mi svegliavo trovavo sul cellulare il messaggio del Doc  in cui mi chiedeva come stavo. Non lo richiamai neanche una volta.

Stavo di merda. Da quella sera di cui non ricordavo niente, per un paio di giorni non avevo la lucidità per poter fare niente. E fisicamente ero a pezzi.

Quando cercavo di bere la mia dose, il mio corpo subito dopo la rigettava.

Non mangiai per 5 giorni. Non che non avessi la mia sacca di sangue giornaliera.

Anzi, ogni sera qualcuno me le lasciava fuori dalla porta di casa, custodita in una borsa frigo piena di ghiaccio, sempre alla stessa ora. Neanche una volta trovai un biglietto.

Dopo 5 giorni senza toccare una goccia di sangue, sentivo di aver bisogno di aiuto.

Presi il cellulare, e dopo aver composto il numero e aspettato che il cellulare squillasse, sentii subito la sua voce..pronta a confortarmi.

"El dove sei? Sei sparita così dal nulla, stai bene?".

"Doc ho bisogno del tuo aiuto" dissi ansimando, quasi mi stesse venendo un attacco di panico, "vienimi a prendere, non sto.."

"Ok, dove sei?" mi interruppe subito.

"A casa...ti prego, fai in fretta..." sentivo il respiro strozzarsi in gola e senza neanche accorgermi mi cadde il cellulare di mano e tutto divenne nero.

"Elenoire" una voce lontana cercava di sussurrare "Elenoire tesoro apri gli occhi".

Era una voce pacata, familiare...mi ricordava gli anni in cui ero bambina e mio padre mi svegliava di mattina supplicandomi per andare a scuola.

"Elenoire tesoro è pronta la colazione, farai tardi a scuola" mi diceva col suo fare un pò accigliato perchè da piccola volevo dormire sempre fin tardi. Per pochi istanti vagai con la memoria alla ricerca di quei momenti così distanti. Padre….

Quando tornai alla realtà, sentii la stessa voce pronunciare diverse volte il mio nome, quasi avesse capito che stavo per svegliarmi.

"Si sta svegliando finalmente, prendi altre sacche di sangue e allontanati dal lettino, non so come potrebbe reagire".

Il mio udito si stava affinando e i miei occhi cercavano di aprirsi, ma in quel momento li sentivo estremamente pesanti. Gli unici rumori che riuscii a percepire furono i battiti di due cuori che pulsavano. I battiti di un cuore li riconobbi subito. Ritmo regolare, quasi a enfatizzare la estrema tranquillità dell’uomo che mi stava affianco.

 L’altro cuore pulsava a ritmi irregolari, sempre più veloce, potevo sentire chiaramente la sensazione di disagio che scorreva nelle vene, nel sangue del secondo uomo.

Quando finalmente aprii gli occhi vidi in maniera sfocata, il viso dolce e preoccupato del mio Doc. Cercai di focalizzare la vista e quando finalmente presi coscienza di dove mi trovavo iniziai ad innervosirmi. Ero in un fottuto lettino, distesa, polsi e caviglie legate, con una luce abbagliante puntata in viso. Nel mio braccio era infilato un ago lungo almeno cinque centimetri, collegato ad una sacca di sangue. Alla destra del sangue vi era un’altra sacca piena di un liquido biancastro,  che sinceramente non avevo idea di cosa fosse. Come d’istinto iniziai a scuotermi e agitare mani e piedi con l’intento di liberarmi, iniziai a sibilare e mostrare i canini in maniera evidente. Ero nel panico. Il mio cervello andò in tilt senza riflettere che in realtà al mio fianco c’era l’unica persona al mondo che non avrebbe mai avuto motivo di torcermi un capello.

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