Appoggiati alla Camaro parcheggiata sulla collina, eravamo disposti in fila per osservare la zona, perlustrando il profilo dell’orizzonte da est ad ovest.
Dalla nostra visuale potevamo vedere, nonostante l’oscurità che ci circondava, il paesaggio circostante la piccola costruzione in pietra che avevamo cercato.
Non c’era nessuna illuminazione artificiale nella zona, solo la luce fioca della luna che baciava ogni cosa lungo il suo tragitto fino alla terra.
Restammo in silenzio per un periodo che sembrò non finire mai.
Scrutai attentamente i volti seri di Alexandar e Beatrice, che non davano cenno di muoversi né di parlare, forse in attesa di un qualche segnale.
Decisi senza indugi di rompere quell’atmosfera surreale ed infinita.
“Bene. Qual è il piano?” mi misi di fronte a loro girando intorno e formando un 8 in preda ad un nuovo, palpabile nervosismo.
Quell’attesa mi stava uccidendo.
Con le mani strinsi i lembi del vestito rosso veneziano giocando con le cuciture, per cercare di distrarre forzatamente la mia testa ormai sconvolta dall’impazienza.
Alex notò quel mio piccolo disagio e dopo un po’ si decise a rispondermi, rizzandosi in piedi, rigido nella sua posizione autoritaria.
“Non c’è un piano El. Entriamo, la troviamo e la portiamo via in macchina” disse con gli occhi fissi davanti a sé.
Allontanò una mano dal fianco e la infilò nella tasca dei jeans neri che indossava.
Lo guardai dirigersi verso la Camaro, prendere qualcos’altro dal cruscotto e girarsi verso di noi.
“Ne volete un po’?” ci chiese riferendosi alla bustina che aveva preso dai jeans mentre maneggiava una custodia di un cd per farsi da appoggio.
Capii al volo dove saremmo andati a parare. Additivi.
“Certo!” rispose Beatrice senza rifletterci su molto.
La guardai con stupore, forse perché era insolito per chiunque vedere una bambina fare uso spensierato di droga.
Li fissai mentre Alex maneggiava l’additivo per dividere la dose.
Lo scrutai in viso, attraverso quella tiepida luce che ci arrivava dal cielo scuro, contornato da milioni di stelle.
Guardai i gesti che compieva con estrema accuratezza, quasi a rimarcare l’abitualità con cui faceva uso di quelle sostanze, con cui compieva quei movimenti.
Dopo essersi tirato la sua dose, passò il supporto a Beatrice, che lo seguì nel gesto con altrettanta naturalezza.
“Ti serve una scossa El, non farti problemi!” mi invitò Alex, guardando la mia figura che restava fissa ed impalata di fronte a loro.
Forse aveva ragione. Mi stavo facendo davvero troppi problemi, solitamente non ero così schizzinosa e riluttante quando mi veniva offerta una dose.
“Ok..” risposi senza aggiungere altro e aspettai il mio turno.
Di colpo sentii il mio corpo vibrare di energia, mentre con velocità l’additivo scivolava lungo le vene.
Ora eravamo nuovamente in piedi ad osservare la costruzione di pietra, scossi dall’adrenalina e dai tremori in attesa di un qualche segnale e … eravamo armati fino ai denti.
Sbirciai i due vampiri che mi affiancavano mentre si scambiarono un’occhiata complice.
Senza dire niente, vidi Beatrice dissolversi nel nulla e riapparire sul fianco del muro di pietra dell’edificio poco lontano, che distava circa un centinaio di metri dall’auto parcheggiata.
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Moonset
VampireUn altro giorno...un'altra notte. Cosa si può desiderare quando si è a cavallo del tramonto della luna. Godere del giorno o continuare a vivere nell'ombra....?