Mi ritrovai lì, avvolta in una cortina di fumo che separava la razionalità da quella parte della mia mente a cui solitamente non accedevo.
Lì, intenta a dare un senso a ciò che stava accadendo.
Un attimo prima stavo correndo lungo le tenebre fredde e sotterranee in cui mi trovavo, alla ricerca di un eco familiare, di una voce squillante che forse mi pregava di aiutarla.
Un istante dopo cercavo di riavere il controllo del mio corpo, persa in uno spazio dove non potevo percepire alcuna parte del mio organismo.
Quando tentavo di riprenderne il possesso, venivo risucchiata dalla tempesta nera dell'oblio che mi aveva inghiottita nell'ultimo ricordo della realtà.
Quella realtà che era sopraggiunta troppo in fretta
Il buio che mi avvolgeva aveva ingoiato anche il mio momentaneo tormento, il buio che mi schiacciava aveva cancellato tutto, facendomi finire in un vicolo cieco tetro, in cui avevo paura di non trovare l'uscita.
Mi sentivo ovattata, assorbita da un'oscurità in cui affondavo sempre più, senza darmi il tempo materiale di riaffiorare in superficie.
Non sentivo ciò che dovevo, niente in quel momento e in quel luogo dove vagavo con il mio essere io era al posto giusto.
Rivolevo il mio conscio, quella parte della mia mente che elaborava le mie emozioni, i miei impulsi, le mie reazioni incontrollabili. Il mio essere io.
Continuavo a sentirmi spaccata a metà.
La mia parte razionale era sepolta sotto un pesante strano di terra, come se sopra di me fosse cresciuta all'improvviso una montagna, formata di terra e roccia, di cui non riuscivo a scorgere la vetta.
Il subconscio invece cercava disperatamente di stare a galla, aggrappato ad un filo invisibile che collegava l'oceano di inconsistenza che mi avvolgeva ad una superficie che credevo neanche di immaginare ormai.
Sentivo intorno a me l'odore stantio della morfina, che come una benda insostenibile mi stava schiacciando fuori dalla mia testa, mi stava espellendo come un rifiuto tossico.
Mi sentii scivolare via dai miei pensieri. E ne fui terrorizzata.
Era la fine?
Questa era quella che tutti chiamavano morte?
Da anni ormai non mi preoccupavo né mi spaventavo sentendo i racconti di coloro che si avvicinavano al momento fatidico.
Da quando mi si parò davanti l'eternità, affrontavo la quotidianità con atteggiamento arrogante, spavaldo. D'altronde ero immortale, mai avrei dovuto tremare davanti alla scure che portava via le anime degli umani.
Invece adesso mi trovavo lì, disconnessa dal mio corpo, incapace di realizzare cosa mi stava succedendo.
Panico.
Mi spaventai all'idea che quel buio avesse preso la mia vita, i miei ricordi, le mie emozioni.
Cercai disperatamente di aggirare quel nulla in cui navigavo, nella speranza di trovarne i confini.
Il tempo scorreva, tic tac tic tac tic tac tic tac, ore, giorni forse mesi, senza un senso.
Non riuscivo a contare i secondi, né a realizzare i minuti.
La parte pensante del mio cervello forse mi aveva abbandonata.
Non ci fu nient'altro.
Solo il mio subconscio a governare l'insieme dei miei organi, dei miei muscoli.
STAI LEGGENDO
Moonset
VampireUn altro giorno...un'altra notte. Cosa si può desiderare quando si è a cavallo del tramonto della luna. Godere del giorno o continuare a vivere nell'ombra....?