Strappai con uno scatto netto la maglia intrisa di sangue, per scoprirgli il petto.
Mi girai velocemente per afferrare un bisturi, un disinfettante e una pinza.
Non sapevo granché sui metodi di estrazione delle pallottole, ma in cuor mio sapevo che dovevo fare in fretta. Il pallore sul viso insanguinato di Alexandar era diventato impressionante, le occhiaie intorno ai suoi occhi erano ormai lividi. Le labbra tese in una smorfia si stavano raggrinzendo.
Guardai le mie mani, che tenevano il bisturi.
Tremavano.
Avevo paura.
Di non farcela. Di non riuscire a salvarlo.
Ma in qualche modo dovevo riuscire, in qualsiasi modo lui doveva sopravvivere.
Infilai il bisturi sotto un brandello di carne, dove era penetrata una pallottola.
Aprii un varco abbastanza profondo, fino a scorgere lo scintillio del piccolo oggetto d’argento.
Buttai il bisturi in una ciotola d’acciaio, afferrai il disinfettante e la pinza ed iniziai ad operare concentrandomi il più possibile.
Ma la mia vista era offuscata dalle lacrime che non smettevano di rigarmi le guance.
Vedere Alex steso su quella scrivania d’acciaio, in quelle condizioni… la colpa era mia.
In maniera automatica innaffiai la ferita per pulirla col disinfettante, mi feci coraggio e affondai la pinza nella carne, sperando di far presa velocemente sulla pallottola.
Scavai un po’, con movimenti poco leggeri, ringraziando che il vampiro non era cosciente in quel momento, altrimenti gli avrei certamente provocato un dolore acuto.
Silenziosamente Beatrice mi si affiancò per aiutarmi nell’opera.
La vidi armeggiare con ago e filo per suturare i lembi di una ferita all’altezza del polpaccio del vampiro. Quando capì che non riuscivo ad estrarre la pallottola mi chiese il cambio.
Le mie mani continuavano a tremare e i miei occhi non riuscivano a mettere a fuoco.
Mi prese la pinza e mi infilò in mano l’ago e il filo da sutura.
“Tamponagli la ferita sul collo…” mi disse con un filo di voce “Dovrai suturare anche quella!” mi indicò la parte di pelle aperta proprio sotto l’orecchio di Alexandar.
Mi avvicinai brandendo l’ago e delle garze.
Appoggiai la garza sulla ferita sanguinante, senza staccare gli occhi dal suo viso.
Con gesti meccanici, ricucii la ferita facendo un lavoro grossolano. Ma poco importava.
L’importante era bloccare le emorragie. Se Alex si fosse ripreso, i segni delle cicatrici sarebbero scomparse nel giro di pochi giorni.
Alzai gli occhi per osservare i movimenti di Beatrice.
Anche lei si muoveva in maniera meccanica, non proprio sicura nei gesti. Ma con la rapidità delle sue intenzioni riuscì ad estrarre le pallottole dalla spalla di Alex. La aiutai a disinfettare le ferite e velocemente ci mettemmo in opera per richiudere con ago e filo tutto ciò che potevamo.
“Prendi del sangue!” le dissi, indicando le celle frigo che ormai conosceva, mentre mi affrettavo a ricucire l’ultimo lembo di pelle aperta.
Si infilò fra le fila di celle, e iniziò a cercare quella contenente il sangue più puro. Estrasse quattro sacchetti di liquido ferroso, camminò veloce verso di noi e iniziò a cercare degli aghi e dei deflussori a cui attaccare all’estremità i flaconi di sangue. Finimmo di fasciare Alexandar e gli inserimmo le flebo nelle vene dell’avambraccio.
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Moonset
VampireUn altro giorno...un'altra notte. Cosa si può desiderare quando si è a cavallo del tramonto della luna. Godere del giorno o continuare a vivere nell'ombra....?