Capitolo 29

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CAN
Sono passati già 3 mesi dall'incidente di Gaia, purtroppo lei è ancora lì, in quel letto che dorme beatamente, io ho preso una pausa dal lavoro, devo dire che qui in Italia sono stati molto più comprensivi che in Turchia, ma per me andava  comunque bene così, non avevo ne il tempo e ne la testa, per concentrarmi sul lavoro.
Vivo da solo con Sanem, mi occupo di lei come fossi un mammo, ho il sostegno di tutta la famiglia, sia da parte di Gaia che dai miei genitori, che non sono più tornato a Istambul, ma sono rimasti qui per darmi una mano.
Ogni giorno porto un piccolo regalo a Gaia, che sia un bracciale, una collana,  un fiore, non entro mai nella sua stanza senza avergli portato qualcosa.

Sanem è una bambina dolcissima e molto buona, ogni 3 ore esatte piange perché affamata, dopo la poppata si lascia cambiare tranquillamente e tra le mie braccia si addormenta, questa è la mia giornata con Sanem.
Non la lascio mai a nessuno, ovunque vado lei e con me, passiamo molto tempo in ospedale da Gaia, anche se forse inutile, voglio che Gaia a modo suo viva ogni giorno la nostra piccola, proprio come faccio io, spesso la faccio addormentare vicino  a lei e immagino come poteva essere oggi la nostra vita se non ci fosse stato quel dannato incidente.

Approfitto che Sanem dorme buona nella culla e io faccio una doccia veloce, appena esco dal bagno il mio telefono suona, il numero lo conosco a memoria ormai, è l'ospedale, precisamente il reparto di Gaia.
In modo agitato rispondo, ma il medico mi tranquillizza subito

< Can stai calmo, non ti chiamo per Gaia, però volevo avvisarti, che è pieno di giornalisti qui fuori, non fanno che chiedere di lei>

Stringo i pugni

< grazie per avermi avvisato ci penso io>

Mi siedo sul letto e sorreggo la testa con le mani, non riesco davvero a capire perché non ci lasciano stare. Al momento opportuno ho rilasciato un'intervista, dove ho spiegato con il consenso di Emma e Manuel la tragica situazione in cui mi trovo, ho chiesto di lasciarmi stare, di lasciarmi vivere questo momento con quanta più serenità possibile, ho detto sinceramente di non avere voglia di apparire, perché continuano? Cosa vogliono?
Mi vesto velocemente, preparo accuratamente la borsa con tutto il necessario per Sanem, oggi volevo portarla a fare una passeggiata visto il bel sole, ma dopo questa notizia, non posso lasciare Gaia da sola, quindi oggi passeremo la giornata in camera con lei.

Arrivo in ospedale e spingendo velocemente la carrozzina con Sanem dentro, mi avvio verso il corridoio del reparto, avevo già avvisato la sicurezza del mio arrivo, quindi mi scortano fino alla camera di Gaia, dove ci sono posizionati una decina di giornalisti.
Li ignoro e entro in camera, bacio le labbra di Gaia anche se sono consapevole, che non ricambia il mio bacio e mettono carrozzina di Sanem affianco al suo letto.
Esco e in modo duro e freddo mi rivolgo hai giornalisti

< sono molto arrabbiato e al tempo stesso dispiaciuto, per sapere che esistono persone prive di sentimento come voi, cosa volete? Che siete venuti a fare qui? Volete guadagnare due soldi sulle spalle delle persone che stanno soffrendo, per questa merda di situazione? Se volete, scrivete questo sui vostri giornali, perché non dirò nulla di più>

mi volto per rientrare in camera e un giornalista si rivolge a me

< noi facciamo il nostro lavoro, tu dovresti fare il tuo, visto che sei un personaggio pubblico, dovresti apprezzare che qualcuno sia interessato alla tua vita, se noi non parliamo di te, tu sei niente, sei una persona normale e poco interessante >

sono veramente furioso, mi avvicino a questo tizio in modo nervoso, ma il pianto di Sanem attira la mia attenzione

< ti sei salvato perché mia figlia piange, comunque se il prezzo da pagare è questo, preferisco essere niente, ad ogni modo, io sono sempre stato una persona normale, proprio per questo non permetto a nessuno di speculare sulla mia famiglia, perché noi siamo una famiglia come tante, che stanno vivendo questo dolore è come me, ci sono molti mariti, padri, che affrontano quello che sto affrontando io e la mia famiglia, quindi coglione, sono orgoglioso di essere una persona normale, ora vai a fare in culo>

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