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Appena usciamo dal bagno, il mio cervello inizia a lavorare. Analizzo fugacemente, nella mia mente, ogni zona di questo ristorante. Dalle pareti alle porte riservate al personale, dai clienti ai lavoratori. Fortunatamente, oggi c'è molta gente e ciò dovrebbe lavorare a mio favore. Thomas mi resta attaccato alla schiena e il suo sguardo pesante lo sento fin dentro i polmoni. Entra senza disturbarsi e gironzola in ogni dove. Lo percepisco fin dentro le viscere. Stiamo ancora dentro il corridoio, con una sola parete che ci divide dalla sala. Tecnicamente, oltre ad essa, dovrebbe esserci il bar e i camerieri che preparano qualche bevanda. Ma non ricordo dove si sono posizionati quei tre uomini. Devo vedere meglio. Cammino decisa verso l'uscita, ma la mano ferrea di Thomas mi prende il polso.

- Dove vuoi andare, Crys? - bisbiglia, mentre accanto ci passa un cuoco tutto sudato.

- Voglio soltanto vedere. Non esco. - seppur riluttante, mi libera, ma resta sempre a pochi centimetri da me. Quando arrivo al punto desiderato, mi sporgo leggermente, permettendo ad almeno un mio occhio di scorgere qualcosa. Prima di tutto, guardo i tavoli più vicini, compresi quelli sotto il quadro che stavamo analizzando prima. Poi gli occhi si spostano sul bancone e infine poco più in là. Ma manca ancora un lato: non riesco a vedere bene tutti e fino ad ora non ho trovato i tre uomini. Uno scatto fulminante e mi sporgo di poco. Seduti su un tavolo vicino alla parete più lontana, non fanno altro che parlare normalmente, anche se poco.

- Crystal... -

- Un momento. - lo precedo, continuando a guardarli. Non lanciano occhiate a nessuno, tanto da farmi pensare che sono qui semplicemente per farsi una bevuta. Ma la sensazione scomoda che mi fa increspare la fronte non mi permette di crederci con così tanta velocità. Confusa e delusa, faccio un passo indietro, scontrandomi sbadatamente contro il petto di Thomas. È troppo attaccato. Mi basta guardarlo per fargli capire che non ho visto niente di strano e misterioso. Sembravano un gruppo di amici normali.

- Forse non cacciano davvero nessuno. - prova a dire, scrollandosi le spalle. Non so che cosa rispondere. C'è davvero una sensazione vischiosa che non mi permette di dire che ha ragione, che effettivamente stanno solo bevendo. Ma forse tutte quelle emozioni provate prima ora stanno avendo un brutto effetto su di me. Forse sono semplicemente paranoica. È come vivere una vita da fuggitiva. Scappi sempre, ti nascondi ogni volta. Ti trovi dentro un sacchetto di plastica che a poco a poco viene riempito d'acqua. Tutto il tempo che ti rimane devi sfruttarlo per bucarlo e uscire o per raggiungere la via di fuga, in alto. Sarà stata una decisione saggia uscire dal manicomio? Più ripeto questa domanda, più la risposta è sempre un deciso , pur passando un momento a dir poco asfissiante. Alzo lo sguardo su Thomas per dirgli qualcosa, ma appena ci incontriamo tutto è già stato detto. Mi sorprendo di questa intesa, specialmente da due persone che si sono sempre odiate.

- Se loro si trovano davvero qui per bere, allora possiamo scoprire cosa apre questa chiave. -, la mia mano la trova automaticamente dentro la tasca. La rigira, la stringe, la sfiora. Realizza completamente la sua presenza.

- Non saprei. -, si guarda intorno, lanciando un'occhiata alla cucina. Il vapore esce come un fantasma. - Con loro qui, meglio non rischiare. Ci penseremo domani. -

Riluttante, annuisco, ma in fondo so che ha ragione.

Voglio solo trovarli il prima possibile. E questa chiave potrebbe aprire il luogo dove si trovano. Potrebbe condurmi da loro. Ma la giornata è terminata: il cielo si oscura di più, un po' per il tempo grigio, un po' per la notte già scesa. Le emozioni che ho provato mentre venivo qui mi hanno stancata più del dovuto, come se mi fossi allenata per cinque ore consecutive, senza un minuto di pausa. Mi hanno stretto lo stomaco, mi hanno compresso il petto e stavano per mandarmi fuori di testa. Riposarmi potrebbe farmi nient'altro che bene.

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