Prologo

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Una via buia. Nevica. L'odore dell'arrosto è rimasto appiccicato nelle mie narici, così come nelle orecchie le chiacchiere del cameriere. Siamo appena usciti dal ristorante e dobbiamo tornare a casa. E' tardi e io sono abbastanza stanca, al contrario di mia sorella.

- Era buonissimo il cibo! - urlo ai miei genitori. Loro mi sorridono, facendo un cenno di consenso. Corro lungo la via, alzando le braccia come fossero ali. Mi piace un sacco farlo, mi sento ogni qualvolta libera, mi sento ribelle, insormontabile. Ad un certo punto, però, mi fermo e osservo. C'è un signore tutto coperto dall'oscurità, accovacciato su se stesso, riscaldato dalla sua giacca di pelle nera.

- Ehi...-, alza la testa, ma non gli vedo il viso, l'ombra del palazzo non me lo permette. Sorrido comunque, per educazione. Mi hanno sempre detto di fare così, con tutti. Si sente il rumore dei tacchi di mia madre che corrono verso di me. Mi prende la mano. Non riesco a capire che cosa mi ha sussurrato nell'orecchio, che subito dopo l'uomo si alza e lancia un pugnale alla gola di mamma. Indietreggio, impaurita. La donna che mi ha partorita è coperta di sangue e i suoi occhi non hanno fatto in tempo a chiudersi. Chi è lui? Che vuole? E' un ladro, come quelli che vedo in tv? O peggio?

Tira giù il cappuccio e mi rivela i due buchi neri posti al posto degli occhi. E' spaventoso.

- Corri, Crys, corri! – urla mio padre, da lontano. Inizio a correre velocissima ma vengo presa per il cappuccio.

- Papà! -

Si gira e corre verso di me. Ora sono mezza contenta e mezza arrabbiata, perché se vuole può prendere anche lui. Mi muovo nelle braccia del rapitore e mi libero, mordendogli la mano. Corro tra le braccia di mio padre.

L'uomo tira fuori due lame e, con grazia, le lancia verso di noi. Una, in alto, prende la gola di mio padre, da cui un ruzzolone di sangue non tarda ad arrivare. L'altra m...no, non me. Mia sorella. Prende mia sorella davanti a me.

Si è sacrificata per me.

Lei, che stava indifferente dietro di noi. Lei, che era rimasta col telefono, con due borse sotto gli occhi.

Lei si è presa il pugnale per me. E io non ho fatto niente. Non ho fatto un bel niente. L'uomo è scomparso.

Mi sorride. Sputa sangue, ha i denti tutti rossi. Papà giace a terra, ormai morto. Lucy si toglie il coltello dal petto e me lo dà, macchiato del suo stesso denso liquido rosso.

Gli rimane ormai poco.

- Vieni, dai, vieni – gli prendo il braccio ma pesa e lei non si alza. Mi guarda, con i suoi occhi scuri come la terra, per l'ultima volta. Devo chiamare un'ambulanza.  

- Resisti, Crys, resisti -.

*

Da quella sera, la mia vita cambiò.

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