Sono tornata alla sua casa, dopo quella sera. Ho pianto fino allo sfinimento e credo proprio di averle veramente finite. Quando sono rientrata avevo notato altre mazzette sul tavolo e qualche caricatore. Ci ha pensato a me. Allora perché mi ha lasciata? Perché è scappato via? Perché?
Due giorni. Due giorni senza una vera casa in cui stare, senza un mio frigorifero, senza un dannato e decente letto su cui dormire. In questo paesino ho scoperto che non ci sono i taxi, devo scendere in città, ancora. A piedi. Sto camminando da due ore, sperando di trovare almeno un motel, ma niente da fare, oggi la fortuna non è dalla mia parte. Non ho speso molto, per fortuna, ma mi sono fatta un po' di compere, questo sì.
Su chi conterò ora? Mi resta solo di fidarmi di me stessa ma anche questo non sembra tirarmi su il morale. Questi giorni mi sono sentita vuota, con i pensieri immersi nel fumo e la fantasia nell'immondizia. Le mie gambe si sono sempre mosse per conto loro, mentre io pensavo ad altro, mentre i miei occhi rivedevano altro: la libertà.
Ma questa non è libertà.
Questo, è vivere con il cuore in gola, è vivere con la costante paura di essere scoperta e riportata lì dentro.
Da quando sono uscita da quella casa nel bosco non ho mai cantato vittoria, anche se lui mi aveva spronato a farlo, in un certo senso.Da lontano vedo le luci, le luci di una città: Burnaby. Sono vicina. Non posso neanche correre con questo zaino, mi sentirei un pinguino problematico. Però, aumento il passo, osservandomi intorno circospetta. Mi sono permessa di comprare anche un orologio, il quale segna le 23: 15: non è l'orario perfetto per gironzolare in strada, da sola, al buio e con accanto un bosco pieno zeppo di lupi ed orsi. I brividi iniziano a farsi sentire. Mi passo le mani sulle braccia per potermi riscaldare almeno un po', ma la nebbiolina che esce dalla mia bocca non mi aiuta affatto. Se non trovo qualcosa potrei morire d'ipotermia. Non devo pensare in questo modo esagerato o mi demoralizzerò un giorno. Sto perdendo le forze, sono stanca, non riuscirò a camminare ancora per molto. Ieri avevo visto molta gente camminare con il capo chino ad osservare il telefono, non staccandosene mai. In manicomio era proibito averlo, non solo per i pazienti ma anche perni dottori e le guardie. Forse dovrei procurarmene uno... Ma che vado a pensare, non ho abbastanza soldi. Sbuffo e ritorno alla realtà. Si è alzato il vento sfortunatamente. La mia felpa nera non mi terrà caldo. Non so neanche accendere un fuoco con un bastoncino e un sasso o costruirmi una capanna. Sul naso si appoggia una goccia d'acqua. Cazzo, sta per piovere. Perfetto, la sfiga mi sta correndo dietro, letteralmente.
- Merda - impreco, iniziando a correre, per quando ci riesco.
Ho due opzioni: correre il più veloce possibile verso quella città o inoltrarmi nel bosco e continuare a camminare lì dentro, sperando che le piccole gocce non arrivino a me. Al massimo, correrò per un'ora o due se scelgo la prima opzione e a me iniziano a farmi male le gambe. Corro verso il cuore del bosco prima che me ne penta all'istante. Corro, corro e corro, avendo già il respiro al massimo. Le radici non mi aiutano, per poco per colpa loro stavo per finire due volte con la faccia a terra. Ululato. Due ululati. Ottimo, ci sono dei lupo nelle vicinanze. Non ho mai avuto paura del buio da quando avevo dieci anni, da quell'eta ho superato la maggior parte delle mie più grandi fobie. Ma ora, quella del buio, sta riapparendo. Con la testa tra le nuvole, non mi accorgo dell'albero davanti a me. Sbatto la fronte sul tronco, mugolando dal dolore. Certo che sono proprio distratta. Ma che mi prende? Tocco il punto dolente, tastandolo. Si formerà sicuro una mora e sento la sostanza densa del sangue.
Sono vicina alla strada per non perdere la città, ma è ancora lontana. Molto. Mi accascio a terra, appoggiandomi alla corteccia, stanca, triste, sola. Thomas si era sbagliato: non sono forte, per niente. Ho sempre provato a esserlo, tutti mi credevano così, anche lui. Hanno abboccato alla mia trappola. Insomma, sono solo brava a mentire, a farmi vedere in modo diverso da come sono in realtà. Non riuscirò a scappare ancora per molto, non riesco neanche ad arrivare al mio paese natale. Alzo il capo e guardo il cielo, ormai privatosi delle nuvole. Quando ho iniziato ad abituarmi all'oscurità, la notte mi ha sempre affascinata. Sotto sotto nasconde i suoi diamanti.
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| Darkness in the Light | (Completa)
FantasyCrystal non sa cosa vuol dire essere libera. In passato, l'aveva vissuta, ma era troppo piccola per comprenderla. Tuttavia, ora brama la libertà, come un pirata brama la ricchezza. La desidera. La sogna. Ma vivere dentro a quella che lei chiama "pri...